Perché la strage di Pizzolungo è legata all’attacco a Falcone
Il 2 luglio è il 37° anniversario della strage mafiosa di Pizzolungo nella quale persero la vita Margherita Asta e i gemellini di 6 anni. L’auto su cui viaggiavano fece da scudo a quella su cui si trovava il pm di Trapani, Carlo Palermo, vittima designata dell’attentato dinamitardo, che si salvò. Perché doveva morire? Il magistrato era arrivato a Trapani dopo aver condotto, agli inizi degli anni 80, un’inchiesta che a Trento aveva svelato un traffico internazionale di armi e droga che vedeva coinvolti trafficanti turchi, uomini della mafia, ufficiali dei servizi segreti affiliati alla P2. Nel corso delle indagini il giudice istruttore emise decreti di perquisizione nei confronti del finanziere socialista Mach di Palmstein, menzionando nei decreti il nome di Bettino Craxi e del cognato Paolo Pillitteri. Craxi, su carta intestata “Presidente del Consiglio”, presentò contro il magistrato un esposto alla Procura Generale della Cassazione; e l’ineffabile Procuratore, Giuseppe Tamburrino, richiese, nello stesso giorno, “una dettagliata relazione” ai capi degli uffici giudiziari di Trento, procedendo, dopo appena 6 giorni, a contestare addebiti disciplinari al magistrato. Di qui la decisione del magistrato di trasferirsi a Trapani per continuare il lavoro di Giangiacomo Ciaccio Montalto, il pm ucciso nel 1983 e che aveva anch’egli scoperto un colossale traffico di droga e di armi.
Dopo 50 giorni dal suo arrivo a Trapani, mentre stava per scoprire la più grande raffineria di droga d’Europa, subì l’attentato. Per troppo tempo la strage di Pizzolungo è stata ignorata da molti e considerata di serie B. Ma – dopo che si era accertato che l’esplosivo usato a Pizzolungo era lo stesso del mancato attentato dell’Addaura ai danni di Giovanni Falcone nel 1989 (e si era indagato anche il boss Antonino Madonia) – nel novembre 2021, il capomafia dell’Acquasanta di Palermo, Vincenzo Galatolo è stato condannato dalla Corte di Assise di Caltanissetta a 30 anni di reclusione grazie alla testimonianza della figlia, che lo ha accusato di essere uno dei mandanti della strage di Pizzolungo, riferendo che a casa Galatolo si decidevano molte delle strategie mafiose. Ma anche il ruolo di Vincenzo Galatolo era stato sottovalutato, tant’è che era stato assolto sia in I che in II grado nel processo a suo carico (in concorso con Salvatore Riina e Antonino Madonia) relativo all’attentato dell’Addaura. Ma la Corte di Cassazione, con la sentenza del 6.5.2004 – nel confermare la condanna del Riina e del Madonia – annullò l’assoluzione del Galatolo (e del nipote Angelo, da ritenersi l’autore materiale) rilevando “la particolare vicinanza e comunanza di interessi criminali tra il Galatolo Vincenzo e Antonino Madonia”, e “l’esistenza di un comune movente connesso alle indagini che il giudice Falcone conduceva sul narcotraffico e sul riciclaggio, in cui entrambi erano coinvolti”. La strage di Pizzolungo è da ritenersi collegata alla strategia mafiosa degli anni 80/90 e, in particolare, all’attentato dell’Addaura a Falcone che parlò in proposito di “menti raffinatissime”. E, del resto, l’asse Palermo-Trapani (via Erice), era pervaso da un coacervo di centri occulti di potere massonico-mafioso: da un lato Gladio-Centro Scorpione-loggia segreta Camea (l’alleanza tra Gladio, servizi segreti, mafiosi e massoni) e dall’altro: Centro Scontrino-logge segrete Iside e Iside 2, che la Corte di Assise di Trapani (nel processo per l’omicidio Rostagno) definisce “un paravento di logge infestate da elementi mafiosi del calibro di Gioacchino Calabrò, l’artificiere della strage di Pizzolungo”. Su Gladio e sulle logge tentò di indagare Falcone (fu fermato dal Procuratore capo), non prima di aver disposto intercettazioni presso lo studio di Pino Mandalari (massone commercialista di Riina) che mettevano in luce una serie di collusioni ritenute importanti e delicate dal magistrato che avvertì il capitano dei cc Jannone (che aveva eseguito le intercettazioni): “Chi tocca questi fili muore”. E infatti.