*Il soglio di Pietro* di Vincenzo D’Anna*

Sono un cattolico convinto, consapevole dei limiti umani e religiosi che mi accompagnano. Mi sono estranei il dubbio dell’agnostico e purtroppo l’assidua pratica della fede. Convinto, come lo fu Martin Lutero, che siano l’amore e la misericordia di Dio a doverci, alla fine, salvare. Una premessa importante come incipit di un articolo che può prestarsi ad interpretazioni sbagliate se non strumentali, rischiando di farmi annoverare tra gli atei devoti. Infatti Sono molti i non credenti che giudicano la Chiesa dalle presunte benemerenze sociali di un Papa, dall’assonanza del suo dire con i propri convincimenti laici: una sorta di gradimento che arriva qualora la parola del Vicario di Cristo soccorre il proprio modo di vedere. Insomma: quello che sia effettivamente il Papa, in materia di fede, dottrina e morale, poco importa a costoro, essendo essi sulla sponda dei “senza fede” o di quelli che non la conoscono (gli agnostici). E tuttavia quando dal sacro soglio vengono pronunciate parole che riecheggiano il credo laico dei miscredenti ecco che vengono carpite e portate ad esempio, se non a conferma del proprio modo di pensare. Quelle parole uscita dalla bocca del Papa, portano, per paradosso, acqua al mulino di quanti sono fuori oppure addirittura contro la fede, la Chiesa ed il suo magistero. Quel Pontefice finisce così per rendersi depositario di interessate simpatie e di un gradimento che ne amplifica meriti e popolarità. Meno sacra appare l’istituzione ecclesiale, meno rigorosa ed aderente ai secolari dettami ed ai valori dei quali pure essa è depositaria e più aumentano le opportunità di attingere al verbo pontificio concetti ed opinioni da mettere, poi, al servizio di idee politiche coltivate sul versante ideologicamente opposto. Jorge Mario Bergoglio, nel corso del suo pontificato, di questa tipologia di opinioni ne ha offerte a iosa. Addirittura, più si è allontanato dalla linea politica e dottrinaria della Chiesa più ha riscosso consensi. Questi ultimi, sommati alle simpatie dei semplici, degli ingenui e degli acritici osservanti, gli hanno conferito un’aura di gradimento, anche massmediatica, non di poco conto. In disparte il dogma dell’infallibilità del Papa in materia di fede e la consuetudine secolare di ritenerlo espressione della volontà dello Spirito Santo, molte delle cose asserite dall’ex vescovo di Buenos Aires sono apparse non in linea sul piano pastorale e dottrinario. Chiariamo: di dottrina dovrebbero occuparsi solo i teologi ma delle azioni e delle ripercussioni sulla linea pastorale possono interessarsi anche i semplici fedeli, forti dei propri sinceri convincimenti. Su questa base mi permetto di dire che Francesco ha di molto ridotto il raggio del messaggio ecumenico, limitandolo ad un pauperismo che trascura molta parte dei credenti. Tradisce l’impronta della veste che ha indossato di gesuita missionario, a contatto con la parte più povera del mondo e confonde quest’ultima con l’intera comunità dei credenti. Per secoli i Gesuiti sono stati contro il Papato ovvero contro i fasti e la potenza della curia romana . Tuttavia quella stessa potenza si è sedimentata nei secoli e, più che fastosa, è diventata un autorevole segno di considerazione, prestigio e di tradizione. Bergoglio tradisce un’inclinazione unidirezionale del suo magistero alimentando una visione angusta del mondo, corroborata con l’adesione alla teoria della liberazione alla quale il Consiglio episcopale latinoamericano (CELAM) di Medellín (Colombia) del 1968 diede nome e sostanza con l’opera dei preti operai e rivoluzionari. In lui sembra quasi di vedere una sorta di inclinazione para scismatica. Sì, perché confondere il Papato con la missione verso i poveri, rappresenta un duplice errore che estranea la Chiesa dal mondo complesso e moderno nella quale opera. Clamorosa, in tal senso, si è rivelata l’interpretazione della dottrina sociale della Chiesa, sorta in alternativa al marxismo ed al liberalismo, con l’adesione a tesi interpretative socialisteggianti, un atto anti storico e distonico. E che dire di quanto accaduto nell’aprile del 2019, quando Bergoglio baciò le scarpe ai leader della guerra civile nel Sudan inginocchiandosi innanzi a loro? Un gesto che divise cristiani e laici e che un Pontefice non avrebbe mai dovuto compiere. Infine l’attacco continuo mosso alle società opulente e liberali ritenute solo artefici degli squilibri del mondo, la lotta alla ricchezza in quanto tale, fino a bussare alle porta del Cremlino per chiedere ad un tiranno colpevole di genocidio di essere almeno accettato. Bergoglio ha finanche presa per buona la tesi che sarebbe stata la Nato a provocare la Russia, “abbaiando alla sua porta”, dimenticando la natura di un’alleanza difensiva composta da libere e democratiche nazioni. Un altro atto ambiguo quanto inutile. Il soglio di Pietro è tale per la gloria della Chiesa e dei grandi Papi, non per le imprese di chi si sforza di sembrare un prete qualunque.

 

*già parlamentare