L’INTERVISTA CAPOVOLTA

“La guerra è didattica di odio e di violenza: avrà effetti disastrosi”

MAURIZIO DE GIOVANNI – Lo scrittore. “Certe immagini resteranno nelle menti: temo gesti di emulazione”

16 MAGGIO 2022

Due video, l’uno vicino all’altro. Ambedue così orribili, definitivi, barbarici.

Quando li ho visti mi sono domandato: ma noi umani siamo stati sempre così bestie o col tempo la ferocia è lievitata al punto che l’orribile conosciuto non basta più? Stiamo salendo gradini verso vette inesplorate.

Maurizio De Giovanni, abbiamo prove antiche della nostra disumanità.

Sì, ma questa guerra produce una didattica dell’odio e della violenza. Lezioni quotidiane che verranno memorizzate nelle nostre strade, nelle nostre piazze.

I due video, quello dei soldati russi che sparano alle spalle a due operai ai quali hanno fatto immaginare la libertà, e quello dei soldati israeliani che assaltano il corteo funebre per Shiren Abu Akleh, la collega palestinese di Al Jazeera uccisa dall’esercito israeliano fanno quasi impressione per l’abisso in cui ci fanno sprofondare.

Io li avrei censurati, li avrei vietati. Secondo me sono pericolosi, hanno effetti collaterali disastrosi.

Lei avrebbe censurato la mattanza di Bucha?

Quella no perché è l’esito finale di un atto violento già consumato. Il corpo del nonno lasciato per strada, la signora con la spesa ancora in mano nella pozza di fango. Quello è il punto disperato e finale della barbarie. Invece…

Invece la bara di Shiren presa a manganellate?

Chi vedrà quel video, e coloro che l’hanno già visto, neanche sanno il motivo, la radice, l’identità del conflitto. Non sanno nulla della Palestina e nulla di Israele. Vedono alcuni che scaraventano la bara a terra, che manganellano, colpiscono, feriscono i partecipanti al corteo funebre. Sanno quindi soltanto che da oggi si potrà attaccare una bara, buttarla a terra, violentarla per ottenerne il massimo atto sacrilego. Così pure la fucilazione da parte dei soldati russi ai due operai che erano in pace con loro.

Due giorni fa hanno processato il primo soldato russo in Ucraina.

Ventuno anni, un volto infantile, parole inconsapevoli: ho fatto quel che mi hanno ordinato. Ecco, ha eseguito un ordine. Il soldato non si pone il problema etico della giustezza delle proprie azioni.

Lei parla di didattica della violenza.

E dell’odio. Di cui oggi si va fieri. E l’assimilazione, l’atto emulativo che ne segue attingerà la massa critica degli annoiati che uccidono senza sapere neanche perché. Ricorda Colleferro? Ricorda Willy che viene preso a botte da due culturisti? Lo ammazzano per noia. A Milano la violenza del capodanno per noia. A Napoli la movida violenta. Per noia. Adesso hanno quotidiane lezioni da questa guerra.

Lei censurerebbe.

Toglierei di mezzo queste immagini, la didattica della ferocia. Senta, a noi ci ha rovinato Twitter.

Twitter?

Sei di qua o di là. Nessuna mediazione, nessuna problematicità. Nessun pensiero lungo. La violenza del dibattito pubblico in Italia è figlia dei 140 caratteri.

Lo toglierebbe di mezzo.

Abbiamo affrontato la Russia cancellando la loro cultura, vietando Dostoevskij nelle università, rendendo ignominioso un popolo. Abbiamo fatto una cosa orribile. Di una violenza senza pari. Si deve essere con il popolo ucraino senza odiare il popolo russo. E invece.

La guerra non finisce qui.

La disperazione dei 140 caratteri, il rifiuto alla parola scritta perché impone riflessione e cultura.

È venuta meno la vergogna dell’odio.

Infatti c’è questa nuova classe sociale degli odiatori. Mi sembrano profili pertinenti.

Questa guerra ci sta facendo imbarbarire.

Legittima atti che prima del 24 febbraio avremmo ritenuto non accettabili. È una flebo fatta nelle nostre vene.

Ci saranno atti emulativi.

C’è da starne certi. Quella enorme brace che è diventato il territorio dell’Ucraina esporterà bocche di fuoco e in Occidente faremo un training operativo.

FONTE: