*Rai tv, commemorazioni, debiti e liti* di Vincenzo D’Anna*

Non credo ci sia italiano che non si sia interrogato sui telegiornali fotocopia che la Rai, l’azienda di Stato finanziata dai contribuenti per circa l’ottanta percento delle proprie entrate, ci propina ogni santo giorno. Informazione omologata anche nell’impaginazione delle notizie, oltre al solito “pastone” giornalistico che riparte, equamente, gli spazi tra esponenti dei vari partiti. Un manuale Cencelli applicato all’informazione che assegna ai vari leader di maggioranza tempi contingentati ed uno spazio anche alla Meloni che, non si sa mai, potrebbe essere tra i vincitori delle prossime elezioni. Ancorché i tempi richiedano un’estrema sintesi, le dichiarazioni rese – quelle politiche, s’intende – poco o nulla dicono di comprensibile e di interessante, tanto che la banale propaganda la fa da padrona. La sintesi viene però compensata nei vari “talk show” di intrattenimento serale che non debordano dalla linea editoriale se non per la presenza di qualche bastian contrario prontamente ridimensionato nel pollaio che viene predisposto anzitempo. Così l’ascoltatore non può fare altro che dimenarsi sul telecomando facendo zapping ma tra emittenza pubblica e privata, non è che la musica cambi alla pari delle facce dei conduttori e di quelle degli ospiti. Da mesi, dopo aver scalzato l’emergenza Covid, la guerra in Ucraina è il filo conduttore. Eccezioni a parte, s’intende. Come accaduto lunedì 23 maggio allorquando la notizia di apertura è stata dedicata alla commemorazione dei magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino nel trentennale della loro morte per mano della mafia. Alati i pensieri, sincero il cordoglio, mescolato con un pizzico di ridondanza, ma nei diversi servizi da Palermo nessuno ha saputo o voluto ricordare che uno degli assassini materiali di quelle stragi, Giovanni Brusca detto ‘u verru (il porco), reo confesso di un gran numero di omicidi, è libero e ben protetto dallo Stato con tanto di sussidio e sistema di protezione. Eppure Brusca si è distinto per la crudeltà dei fatti di sangue commessi: un feroce assassino che ha confessato di essere “un porco” con centocinquanta delitti sulla coscienza tra cui quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, strangolato e poi sciolto nell’acido, per punire il padre Santino, uomo d’onore, che aveva deciso di collaborare con la giustizia. Brusca inizialmente provò a mischiare le carte, fingendo un presunto pentimento e provando a raccontare frottole. A sbugiardarlo, però, ci pensò suo fratello Enzo, a sua volta diventato collaboratore di giustizia. In gran parte ‘u verru rivelò quello che non poteva essere negato agli inquirenti, ovvero fatti già noti. Perché la legge sui pentiti non prevede né una preventiva valutazione di quanti questi affermano, né un tempo prestabilito: tutto viene utilizzato dai pubblici ministeri nei loro processi. Un comodo copione, insomma, che serve a sostenere accuse laddove inquirenti e forze dell’ordine non sono stati capaci di arrivare. Mentre commemoriamo i nostri eroi il loro carnefice viene premiato e finanziato dagli stessi colleghi dei due giudici martirizzati. Troppo scomodo per i magistrati rivedere una legge che li solleva da sudore, fatica e perspicacia professionale. Chiuso con questo triste paradosso, la Rai ci propina la notizia che la Ue, per bocca del commissario europeo per gli Affari Economici, l’italiano Paolo Gentiloni, ha prorogato alla fine dell’anno prossimo la sospensione del patto di stabilità, ovvero delle norme di controllo e di risanamento del debito degli Stati membri. Una manna dal cielo per le forze politiche alla vigilia delle elezioni amministrative e di quelle politiche del prossimo anno. L’improntitudine dei nostri leader è tale che si polemizza anche sulle raccomandazione che pure Bruxelles consegna all’Italia ammonendola sullo spaventoso debito statale che, auspice l’emergenza Covid, è lievitato fino a raggiungere un rapporto debito/Pil del 160 per cento!! Una montagna di debiti che ci costa circa 100 miliardi di euro di interessi passivi all’anno, nel mentre continuano le prebende e le elargizioni statali. Una colossale manovra di accaparramento del consenso elettorale di un governo di unità nazionale con alla guida Mario Draghi, il banchiere economista che si dice sia autorevole e rigoroso. Terzo atto della pantomima dell’informazione televisiva e la rinnovata lite sul nuovo catasto urbano e la corsa a chi difenda gli italiani dalle tasse che, in vero, gli abitanti del Belpaese già evadono per oltre un centinaio di miliardi ogni anno. Dulcis in fundo la dichiarazione di Enrico Letta, segretario del Pd, secondo cui il referendum sulla giustizia creerebbe problemi all’Italia, ovvero, parafrasando il leader dem, meglio sorbirsi quella mala giustizia che ci ritroviamo sulle spalle. Se per sentire tutto questo alla Rai occorrono 2mila giornalisti (dei quali mille sono dirigenti) a libro paga, allora è proprio vero che la nostra è una nazione che fa piangere!!

 

*già parlamentare