Nella sua rubrica Facce di casta, pubblicata il lunedì sul Fatto Quotidiano, Veronica Gentili riporta una frase virgolettata della senatrice a vita Liliana Segre e commenta: «Queste parole sono state pronunciate nel giorno della visita al Memoriale della Shoah di Milano insieme a Chiara Ferragni, invitata dalla senatrice pubblicamente qualche settimana fa». Come spesso le accade, Gentili non sa di che parla. Innanzitutto l’invito è stato rivolto da Segre a Ferragni giovedì 9 giugno, non «qualche settimana fa». Ma, quel che più conta, quel giorno non c’è stata alcuna visita al Memoriale della Shoah, come si evince da questa dichiarazione della senatrice a vita: «Ci siamo viste intorno alle 9.30 a casa mia e siamo state insieme un’oretta – racconta nel pomeriggio, al telefono con il Corriere, Liliana Segre –. Insieme abbiamo deciso che andremo a visitare il Memoriale, in forma privata». Quindi Gentili dà per avvenuto un gesto che invece è solo previsto.
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Titolo dalla prima pagina della Repubblica: «L’intervista. Parla la figlia Marisa. “La mia vita con Nilde tenera e rivoluzionaria”». Tutto chiaro.
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Marco Grieco, apparentemente informato vaticanista di Domani, continua a discettare sulle candidature italiane di Matteo Maria Zuppi e Pietro Parolin (che sono in realtà piuttosto improbabili) in un ipotetico conclave e scrive che «i cardinali elettori italiani sono 21». Grieco discetti pure, tanto non vota, ma faccia bene i conti: gli elettori del Belpaese sono oggi 19, destinati a scendere per ragioni di età. Nel medesimo errore incorre (copiando da Grieco?) anche Fabrizio d’Esposito («Nel quadro di un’Europa ancora maggioranza relativa, i cardinali italiani restano il gruppo più numeroso: 21»), titolare, sul Fatto Quotidiano, della rubrica Il chierico vagante, diremmo extra vagante.
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Conclusione di un editoriale di Lina Palmerini sul Sole 24 Ore: «Ammesso che chi vincerà sarà poi in grado di governare la crisi». Su tempi e modi del verbo c’è ampio margine per un miglioramento (ammesso che Palmerini sia poi in grado di governare la scrittura).
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Apprendiamo dalla Stampa che «la bellezza ha smesso di essere un sostantivo plurale». Ad annunciare la rivoluzione copernicana è Nadia Terranova, scrittrice che dirige K, rivista letteraria del quotidiano online Linkiesta. Ah, ecco.
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Gianluca Roselli intervista sul Fatto Quotidiano la figlia di Enrico Berlinguer, Bianca. La telegiornalista ricorda che suo fratello Marco impedì a Bettino Craxi di entrare nella sala di rianimazione in cui il segretario del Pci stava morendo, perché «due mesi prima c’erano stati quei fischi, al congresso socialista di Verona così avvallati da Craxi: non mi unisco ai fischi solo perché non so fischiare». Vabbè che camminiamo tutti nella valle di lacrime, ma avvallare è un verbo letterario che significa abbassare verso terra, mentre avallare (con una sola v) significa confermare, legittimare, che è precisamente quanto intendeva dire Bianca Berlinguer. L’intervista si conclude con questa frase: «A mio padre piaceva il mare e la vela, ma anche il cinema, i romanzi e le camminate». Cinque soggetti con verbo al singolare. Chissà se al caro estinto piacerebbero il modo di esprimersi della figlia e/o il modo di scrivere di Roselli.
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Da Askanews: «“Il perdurare di una campagna diffamatoria circa una presunta attività di dossieraggio da parte della comunità di intelligence (in realtà inesistente), mi ha convinto a chiedere al Dis di declassificare il tanto evocato ed equivocato Bollettino sulla disinformazione che avrebbe ispirato il noto articolo apparso sul Corriere della Sera”. Così l’Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica, Franco Gabrielli». Ci preoccupa apprendere dall’ex poliziotto ed ex prefetto, già direttore del Sisde e dell’Aisi (i servizi segreti), che la comunità di intelligence del nostro Paese è in realtà inesistente. Per evitare d’essere considerato a capo del nulla, Gabrielli poteva esprimersi così: «Il perdurare di una campagna diffamatoria circa una presunta attività di dossieraggio (in realtà inesistente) da parte della comunità di intelligence» eccetera.
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La rubrica Il caffè di Massimo Gramellini, sulla prima pagina del Corriere della Sera, è uscita con questo titolo: «Prendere il vuoto a pugni». Ci pare anfibologico: per un attimo fa pensare che si possa raccogliere il vuoto nei pugni. Equivoco facilmente evitabile: «Prendere a pugni il vuoto».
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«La siccità ora é estrema», titola in prima Libertà, il quotidiano di Piacenza. Talmente estrema che l’accento sulla forma verbale diventa acuto.
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Forse per rispettare l’ortodossia, Il Riformista pubblica una foto girata specularmente di Enrico Berlinguer a colloquio con Bettino Craxi, nella quale il primo compare a sinistra e il secondo a destra, mentre nello scatto originale avveniva l’esatto contrario. Notare l’errore era piuttosto facile: nell’immagine fa capolino una copia dell’Unità con testata e titoli che si leggono alla rovescia. A maggior ragione avrebbe dovuto accorgersene il direttore Piero Sansonetti, che fu cronista, notista politico, caporedattore, vicedirettore e infine condirettore dell’organo ufficiale del Pci.
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Sul Fatto Quotidiano, Wanda Marra riferisce circa l’esito delle telefonate fatte da Mario Draghi al presidente russo Vladimir Putin e a quello ucraino Volodymyr Zelensky: «Se il premier ha deciso di intestarsi la mediazione sulla “liberazione” del grano, non si intravede una possibilità di sblocco dei porti, come d’altronde detto dallo stesso Draghi per la mancata volontà di Putin». Cioè Draghi ha parlato per mancanza di volontà da parte di Putin? Più avanti, Marra osserva: «Come nel caso della conversazione con Putin, Palazzo Chigi si è trovato bruciato sul tempo e costretta a inseguire». Il gender dilaga.