di Simone Alliva

L’Espresso, 17 luglio 2022

Pensionamenti, stop ai concorsi, improcedibilità. Mancano 1.442 magistrati. Tre anni per i nuovi assunti. “Così il penale va al macero”.

L’allarme lanciato dal Consiglio superiore della magistratura si dipana sotto silenzio, in tono minore. Scivola nella categoria “notizie smarrite”, quelle che circolano per un momento e poi si estinguono senza che nessuno le raccolga, sopraffatte dall’ondata delle altre. In tutta Italia mancano 1.442 magistrati rispetto quelli previsti in organico.

Il tasso di scopertura a livello nazionale si avvicina ormai al 15 per cento. Il dato è rintracciabile dai primi di luglio nel periodico diario sull’attività del Csm pubblicato sul sito del gruppo di Area e fa riferimento in particolare alle corti d’Appello. Per i consiglieri di Area la questione della copertura degli uffici “sta diventando molto delicata, tenuto conto che, se tutto va bene, i prossimi magistrati in tirocinio prenderanno le funzioni solo a partire dalla seconda metà del 2024”.

È una storia politica scappata di mano, e bisogna avere la pazienza e l’attenzione di decifrarla. Quando qualcosa accade è perché è già successo. “Da Castelli a Renzi arrivando a Cartabia, non c’è mai un approccio razionale alla giustizia. Ai tempi di Castelli bisognava chiudere i rubinetti della giustizia, non mandare risorse o personale, come se ci fosse un disegno per cui la giustizia non dovesse funzionare. Poi è arrivato il giovanilismo renziano del “mandiamo tutti a casa”.

Politiche dissennate sugli organici e sull’età pensionabile. Dalla mattina alla sera è stata svuotata la Corte di Cassazione. Se uno pensa al pensionamento come slogan senza rendersi conto dell’effetto che fa sulla macchina giudiziaria si fanno questi disastri.

E infine il tema dell’improcedibilità: il frutto dell’incapacità di questo governo di trovare un punto di equilibrio tra chi non voleva, almeno nominalmente, che si toccasse la prescrizione, cioè i Cinquestelle, e chi voleva intervenire in modo significativo: la Lega è un disastro”, spiega a L’Espresso Eugenio Albamonte, pubblico ministero a Roma e Segretario di Area democratica per la giustizia.

Una storia vecchia venti anni, dunque. Inizia con il blocco del periodo 2001-2006 dell’era Castelli, in attesa dell’entrata in vigore della “riforma epocale” che non ha bandito í concorsi. Da una situazione di copertura quasi totale dei posti previsti nell’organico della magistratura si è passati alla fine di quella legislatura a una notevole scopertura, difficile da superare data la complessità delle procedure concorsuali. E non sembra essere bastato il tentativo del ministro della Giustizia Andrea Orlando nella XVII legislatura di organizzare il bando di due concorsi all’anno per il reclutamento di nuovi magistrati.

La pandemia è entrata in scena e ha messo in fermo il tutto. “La prima cosa da fare è coprire le piante organiche. La situazione è questa: qualche anno fa il ministro Bonafede ha fatto un significativo ampliamento della pianta organica. Un fatto indubbiamente positivo, anche se alcuni uffici sono stati dimezzati e altri no, eppure dal punto di vista astratto il numero dei giudici previsto è senza dubbio aumentato. A questo però non ha fatto seguito l’assunzione di giovani colleghi.

I fattori sono vari, pensiamo al fallimento dell’ultimo concorso per i 310 posti di magistrato ordinario, bandito nel 2019 e slittato per due anni a causa del Covid-19: non sono stati coperti tutti. Ora c’è un nuovo concorso a 500 posti, i candidati sono 6524 e a loro è arrivato l’augurio della ministra Cartabia.

Ma i tempi per far entrare in servizio i nuovi colleghi sono lunghi, ci vogliono due anni. Non è problema di facile soluzione ma certamente le procedure vanno accelerate perché senza í magistrati presenti i processi non si fanno, a prescindere dalle regole”, riflette Maurizio De Lucia, Procuratore della Repubblica di Messina.

Il surreale cortocircuito di questo sistema giudiziario sguarnito dagli addetti ai lavori va a ricercarsi, come spesso accade, in una mancata visione politica a lungo termine, ricorda De Lucia: “Tutto viene sempre fatto senza una programmazione completa. Trovo sia giusto mandare in pensione i settantenni, come ha fatto il governo Renzi. Però questo va fatto tenendo conto delle conseguenze. Aver mandato in pensione in una sola volta molti magistrali ha creato diversi effetti. Uno di questi, ad esempio, è che in realtà molti magistrati non vanno più in pensione a 70 anni ma a 66. Un tempo si entrava in magistratura relativamente giovani e va detto, oggi quelli che si rendono conto di non poter aspirare a incarichi direttivi, rinunciano agli ultimi quattro anni di carriera e se ne vanno in pensione. La scopertura viene quindi anticipata rispetto ai tempi previsti. Molti escono e pochi entrano per riempire il vuoto. Non c’è programmazione. Non siamo in grado di sapere né quanti colleghi se ne vanno e neanche quando verranno sostituiti dai nuovi. Si parla tanto di aziendalismo ma la prima cosa è saper gestire le piante organiche e integrarle. I tempi dei nostri concorsi non sono compatibili con le esigenze che sono quelle di avere presto un giudice in servizio”.

Eppure qualcosa si muove, la riforma Cartabia ha ripristinato il concorso di primo grado che concede l’accesso libero a tutti i neolaureati in Giurisprudenza che possono tentare subito l’ingresso in magistratura. Un modo per accorciare tempi biblici che prevedevano, dopo la laurea quinquennale, dei corsi che duravano altri due anni, più i tempi della selezione. Ma, specifica De Lucia: “L’intera carriera andrebbe pensata non in maniera estemporanea a seconda degli umori del governo”.

Anche Raffaele Cantone, oggi procuratore capo a Perugia, in passato alla guida dell’Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione vede con favore il ripristino del concorso di primo grado: “Non servono meccanismi di ingresso straordinario. La magistratura ha bisogno sicuramente che questi posti siano coperti ma con qualità. Interventi straordinari rischiano di abbassare il livello qualitativo che è l’ultima cosa che ci possiamo permettere. Sono tanti i giovani che aspirano a fare i magistrati: si possono aumentare i numeri dei posti messi a concorso e credo sia proprio questa la soluzione, sperando che nel giro di due o tre sessioni la situazione migliori”. Sui vuoti delle corti d’Appello pesa l’appetibilità degli incarichi.

“Soprattutto nel penale, c’è una parte tutta cartolare, poco attraente dal punto di vista processuale. Bisognerebbe creare meccanismi di incentivazione affinché i magistrati ci vadano”, aggiunge Cantone. Intanto, nei giorni scorsi, è partita la complessa macchina organizzativa che deve portare nuova linfa nelle fila della magistratura italiana, grazie al concorso per 500 nuove assunzioni.

Un appuntamento delicato, al quale il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia guarda con speranza per risolvere la questione dei posti vacanti in magistratura: “Abbiamo fatto pressing sulla ministra perché indicesse questi concorsi. Nonostante questi dati siano davvero preoccupanti, aggravati anche dalla questione Covid-19, possiamo essere speranzosi. Certo, i concorsi non hanno tempi rapidissimi”.

Non celeri, in effetti. Le prove di concorso che cominceranno questo mese si trascineranno per un anno e mezzo. Un altro anno e mezzo passerà per via del tirocinio. I 500 magistrati, dunque, entreranno in servizio soltanto fra tre anni e sei mesi. Dentro questo tempo un continuum di pensionamenti e posti che si svuotano. “Il combinato disposto degli spaventosi vuoti di organico in magistratura e della disciplina di improcedibilità porterà al macero il settore penale”, è la fosca previsione di Giovanni Zaccaro, presidente della terza commissione del Csm che si occupa dell’accesso in magistratura e anche dei concorsi delle nuove toghe.

Zaccaro è stato giudice a Bari, fa parte di Area: “In questo momento a Bologna mancano 13 sostituti ma a Modena ne mancano sette e a Parma 14. I vuoti non li copriremmo automaticamente tutti se adesso facessimo il concorso. Perché accade anche che la gran parte dei magistrati opti per le sedi considerate più appetibili come Roma, Milano, Napoli e Bologna. Per converso, rischierebbe di svuotarsi la Calabria, dove si va solo come prima nomina, al pari di Sardegna, Friuli, Piemonte settentrionale e da dove si va via alla prima opportunità. Bisogna stare attenti quando si fanno queste riforme che sembrano a costo zero. Tutti gli uffici giudiziari sono scoperti, non solo quelli delle capitali: Crotone, Locri, Castrovillari, Enna, Caltanissetta”.

Come in un gigantesco domino, ogni variazione delle tessere pregiudica le altre. E così al blocco dei concorsi, al prepensionamento, a due anni di fermo da pandemia, all’aumento delle piante organiche mai riempite, si aggiungono gli effetti dell’improcedibilità.

E quello che Zaccaro chiama “combinato disposto”: “Segnaliamo da tempo la disaffezione per i posti di secondo grado, cioè le corti d’Appello. Non ci vuole andare nessuno e non da ora. Adesso saranno sempre più vacanti per colpa di questa nuova riforma che impone la cessazione dei procedimenti in due anni. I giudici sono disincentivati perché hanno questa tagliola che pende. Non è bello dire che un processo è improcedibile se non si riesce a fare in due anni”.