Non so perché, ma questo accordo Renzi-Calenda mi sa di rancido, eppure è appena di un paio di giorni fa. Forse sarà perché, a furia di sentirne parlare (si farà, non si farà), alla fine era diventato stucchevole.
Ora c’è il fifty-fofty, (non è un errore) e vedremo che succede.
Intanto, due galli nel pollaio non sono da trascurare. In genere, dopo un po’, si sbranano. Calenda è in prima battuta e stupisce la modestia immotivata, al momento, di Renzi. Stupisce anche la presunzione di arrivare al 10% e di diventare il terzo Polo. Anzi, da subito è il terzo polo, senza percentuali.
Terzo polo di che? Renzi è inaffidabile, Calenda è un instabile. Non c’è che dire, una buona accoppiata.
Il dilemma fondamentale è questo. Se, poniamo, alla fine della contesa elettorale il centrodestra dovesse prevalere, si collocheranno all’opposizione, con il PD di Letta? Al contrario, se dovesse prevalere il centrosinistra, che farà il terzo polo? Si allea con il PD oppure sarà all’opposizione, con il centrodestra?
L’ipotesi auspicabile ma non realistica è che il terzo polo conquisti la maggioranza, riducendo all’opposizione i due principali partiti. Però, siamo fuori dalla realtà. La prossima sceneggiatura sarà dopo le elezioni e i due gemelli dovranno destreggiarsi prima di tutto fra loro.
La Meloni è convinta di superare largamente i suoi alleati di coalizione, almeno stando ai sondaggi. Ma sarà così? Vendersi il pollo prima d’averlo spennato è buono per gli allocchi. La Meloni non è una sciocca: sa bene di dover giocare una partita importante. Fino ad ora lo stare all’opposizione con coerenza, insolita per i politici, le ha fruttato consensi, ma andare al governo è tutt’altra cosa. Basta poco per bruciarsi e l’opposizione non avrebbe pietà.
In primo luogo è una donna (orrore!), anche per le oltranziste della sinistra, media ed estrema. In secondo luogo proviene da un’area (perbacco!) definita “fascista”, termine buono per tutti gli usi al punto da non significare nulla se non la stupidità di chi lo usa, in terzo luogo è combattiva e decisa, due qualità (anzi due difetti) che in una classe dirigente mollacciona come la nostra si sono perdute da tempo.
Mancano qualche rievocazione di strage nazifascista oppure uno scandaletto sessuale e la frittata è fatta.
Al centrodestra, tolta la Meloni, restano due canovacci, l’uno consunto e l’altro stropicciato parecchio (Berlusconi e Salvini).
Berlusconi, con il tempo, assomiglia sempre di più a un Grillo con i capelli tagliati e la tinta: un padre padrone di un’azienda dissestata e in concordato fallimentare. L’altro, Salvini, continua a blaterare vecchie formule preconizzando grandi successi. L’illusione è dura a morire. È riuscito a sfasciare tutto con i suoi colpi di genio, ma lo zoccolo duro della Lega lo sostiene. Fino a quando?
Aggrovigliati al centrodestra, poi, ci sono i cespugli liberaleggianti e democristi di Lupi, Cesa, Toti ed altri. Purtroppo, il meglio di Forza Italia se ne è andato, ma tutto fa brodo.
Fa brodo anche al centrosinistra l’accoppiata Tabacci-Di Maio. Per chi ha letto Il Vecchio e il mare di Hemingway è facile fare un raffronto.
Il mare e sul mare è Di Maio, dove c’è tutto e il contrario di tutto: destra, sinistra, centro, estremismo, anarchismo, filo cinese, filo russo, filo americano e, soprattutto, tanta ignoranza. In questo mare il partner di Tabacci galleggia, fiero dei suoi sessanta parlamentari seguaci. Ma quanti lo seguiranno in questa sua nuova avventura? Temo che avrà molte delusioni, ma che gl’importa? Il posto è assicurato.
Il Letta, fiero del suo slogan “fermare la destra”, ha scoperto che la politica “contro” è migliore di una politica “per”. Punti di vista, anche perché per proporre occorre avere idee ed è lì che casca l’asino. L’unica è quella di fermare la destra e il fascismo incombente. Un po’ poco per gli Italiani che si sono un po’ smaliziati in questi anni di centrosinistra. Gli slogan reboanti della Festa dell’Unità hanno prodotto solo la disaffezione degli elettori. Sono remoti i tempi di Berlinguer, anima santa.
A furia di promesse non mantenute e di disastri governativi, francamente, la delusione è palpabile. Non è con la lotta contro il Ponte sullo Stretto, contro gli incineratori e l’energia nucleare, vantando le solite corbellerie sulle energie alternative (come si fa a mandare avanti la ceramica o le acciaierie con le pale eoliche?) che si fa molta strada.
E, infine, parliamo di Conte, l’avvocato del popolo, quello che giurava che non avrebbe mai fatto un partito, quello che lo stesso Grillo ha definito un cretino, salvo ravvedersi, quello che è convinto che il suo è il campo (santo) giusto. Che dire? Meglio tacere. Ha fatto fuori la Raggi e questo è un merito, ma non gliene trovo altri.