Un anniversario (di Stelio W. Venceslai)
Il 28 ottobre 1922 segna una data storicamente memorabile. Da quella data fatale, dovuta all’incapacità dei partiti di allora, ai timori del Re per la sua dinastia, alle esitazioni dell’esercito di fronte alla violenza fascista, derivarono, in gran parte le tragedie del XX secolo, indubbia conseguenza funesta dei nazionalismi e delle visioni imperiali dell’epoca.
È trascorso ormai un secolo e centinaia di milioni di persone sono morte per guerre inutili. I rancori e i ricordi, purtroppo, sono ancora vivi tra noi e la guerra civile tra il 1943 e il 1945, con i suoi strascichi successivi, ha scavato un solco profondo tra le generazioni. Ma è trascorso troppo tempo da allora e il mondo non è più quello di prima. Occorre prenderne atto.
Le celebrazioni di alcuni esagitati e le violenze di chi non vuole consentirle sono un rigurgito da dimenticare. Sono fuori tempo e fuori dalla storia che si è conclusa con la sconfitta del fascismo e l’eccidio di Dongo.
Gli uomini che fecero la Marcia su Roma sono morti, quelli che hanno fatto la Resistenza sono ormai pressoché tutti scomparsi. Che senso ha rievocare emotivamente questo passato?
Purtroppo, sono ben altri i temi che affliggono il nostro tempo. Delle ferite un tempo aperte restano solo le cicatrici. Sono la nostra storia.
Il nostro Paese ora, è in guerra, una guerra strisciante che impoverisce le famiglie, che dissesta il nostro sistema economico, che ci vede schierati da una parte giusta contro le nuove autocrazie. Le emergenze da affrontare sono di ben altro peso delle manifestazioni filofasciste od antifasciste. Queste sono solo distrazioni dalla realtà che fanno comodo agli agitatori di professione e agli imbonitori di folle, ai politici che sono in grado di pensare ad altro, ma non sono cose serie, così come non è una cosa seria l’innalzamento del limite del circolante proposto dal governo Meloni.
In realtà, dobbiamo misurarci con dei problemi complessi, interni ed internazionali che derivano, in massima parte, dall’aggressione russa all’Ucraina. Questo è il nodo fondamentale cui ci si dovrebbe costantemente riferire.
Le continue minacce di un conflitto nucleare dovrebbero interessarci molto di più. La situazione internazionale è sempre più fosca e contraddittoria.
La Russia, con la sua “operazione speciale”, si è cacciata in un mare di guai, rivelando un’insospettabile arretratezza del proprio esercito, al punto da prospettare azioni nucleari che però, si ritorcerebbero sul suo territorio. L’Ucraina, da Paese aggredito, sta recuperando i territori perduti e sta diventando, con l’aiuto occidentale, una minaccia seria per la Russia.
I due non intendono negoziare se non tornando allo statu quo ante, vale a dire: il recupero dei territori ucraini annessi alla Federazione russa e, dall’altra parte, il riconoscimento di questa annessione impropria. Una situazione di stallo, quindi, finché la bilancia del conflitto non peserà a favore di uno dei belligeranti.
La Corea del Nord continua a lanciare missili balistici nello spazio. Questo preoccupa tutti (Russia e Cina compresi) perché il regime è incontrollabile.
L’Iran fornisce droni alla Russia e gli Stati Uniti aggravano le sanzioni contro Teheran. Ma i droni turchi forniti agli Ucraini no, quelli sarebbero legittimi. Nel frattempo, l’Iran è scosso da manifestazioni di protesta sempre più numerose e sempre più represse in modo sanguinoso. Quanto potrà durare il regime degli ayatollah?
Israele è continuamente distratta dalla guerra spicciola contro i Palestinesi. La forte componente di origine russa della popolazione israeliana è molto divisa. Il Governo di Gerusalemme non può non tenerne conto.
La Cina, nella sua immutabile cautela, auspica la cessazione del conflitto (e chi non l’auspica?). In realtà, la posizione cinese è di grave imbarazzo. Taiwan è solo una distrazione politica per fare la faccia feroce con gli Americani, ma le questioni emergenti sono sempre la pandemia (misure draconiane no-Covid), le minoranze etniche e religiose, il ristagno dei commerci con l’Occidente.
Amicizia eterna con la Russia sì, ma fino a un certo punto. La Russia è un alleato debole e lo sta dimostrando in Ucraina: un colosso con i piedi di argilla e le tasche piene di materie prime. Sarebbe una bella preda in un momento come questo. Meglio la Siberia dell’Africa.
Gli Stati Uniti, l’altro polo del sistema, sono in affanno. Le elezioni di mid-terme sono in agguato. Biden non è un guerriero né un trascinatore di masse. L’Ucraina resiste con l’aiuto americano e le armi occidentali. Se un domani Trump dovesse di nuovo prevalere e allentare il sostegno all’Ucraina, come finirebbe?
In Brasile si vota tra Lula e Bolsonaro, il primo, amico della Russia e ostile agli USA, il secondo, filo-trumpiano, no-vac, sostenuto dalle destre e dagli evangelici. Il Paese, questo gigante che non cresce mai, oscilla fra la libertà e la povertà, le esportazioni in Russia di materie prime e la dipendenza tecnologica dagli Stati Uniti. Nell’imminente riassetto del mondo, da che parte sarà il Brasile?
In questo contesto l’Europa è un agnello sacrificale, offerto in dono al più potente, quello che vincerà il conflitto, con o senza le armi nucleari. I nazionalismi europei di maniera ci preparano solo ad essere i servitori dell’una o dell’altra parte.
Ma davvero la questione del fascismo è ancora attuale?
Roma, 28 ottobre 2022