Putin di Francesco Semprini La Stampa

«I soldati russi vanno in battaglia con poco cibo, pochi proiettili e vaghe istruzioni raccolte su Wikipedia per maneggiare armi che conoscono a malapena. Si avventurano per l’Ucraina alla cieca o con vecchie mappe degli Anni 60, recuperate dal campo di battaglia. Si parlano su linee telefoniche aperte, rivelando le loro posizioni ed esponendosi a rischi figli dell’incompetenza e del disordine che regna nei loro ranghi. Arrivano da addestramenti in fatiscenti basi russe svuotate dalla corruzione. Gli vengono dati orari e obiettivi irrealistici, mentre loro si lamentano di essere stati spediti in un “tritacarne”». Questa è «la guerra di Vladimir Putin» raccontata in un’inchiesta del New York Times basata su interviste, intercettazioni, documenti e piani di battaglia segreti secondo cui quella che doveva essere una «passeggiata nel parco» si è trasformata in una catastrofe per la Russia. Una ricostruzione dei fatti bellici accompagnata da illustrazioni iconiche come il carro armato in fiamme che fa da sfondo al titolo del dossier: «Questa è la vera storia degli storici fallimenti russi».

«Non hanno mai avuto una possibilità», parte così l’inchiesta che porta le firme di Michael Schwirtz, Anton Troianovski, Yousur Al-Hlou, Masha Froliak, Adam Entous e Thomas Gibbons-Neff. Su tutte svettano le fallimentari sortite della 155ª Brigata di Fanteria navale spedita dal Cremlino al fronte senza mappe, kit medici o walkie-talkie funzionanti. Solo poche settimane prima, i suoi membri erano operai e camionisti, che guardavano alla televisione di Stato un’infinita vetrina di presunte vittorie militari russe prima di essere arruolati a settembre. Uno di loro, col ruolo di dottore da campo, era un ex barista senza nessuna formazione medica. «Sono stati ammucchiati su blindati sovraffollati, arrancando attraverso campi incolti con kalashnikov di mezzo secolo fa e praticamente niente da mangiare», dicono gli stessi coscritti nelle intercettazioni o nelle interviste raccolte. I membri della Brigata spiegano che alcuni di loro avevano a malapena sparato con una pistola e che erano quasi sempre a corto di proiettili, per non parlare della copertura aerea o di artiglieria. «Ma non ci spaventava troppo – rivelano -. Non avremmo mai assistito a un combattimento, avevano promesso i nostri comandanti. Un’enorme menzogna come spiega Mikhail, un soldato della 155ª: «Questa non è guerra, è la distruzione del popolo russo da parte dei suoi stessi comandanti».

Il quotidiano newyorkese ripercorre le tappe dei quasi dieci mesi di conflitto individuando sei argomenti fondamentali. Il primo sono gli errori, commessi sin dall’inizio. I piani di invasione russa ordinavano alle truppe di penetrare in Ucraina su centinaia di chilometri da più direzioni e più dimensioni (cielo, terra e mare) con la convinzione che ci sarebbe stata esile resistenza. Il secondo è l’arroganza: «Consumato dalla sua eredità, ribollendo di risentimento contro l’Occidente, Putin ha spinto il suo Paese alla guerra per sigillare il suo posto nella Storia russa. Il popolo ha visto in lui uno zar ma lui era semplicemente impazzito». Il terzo aspetto è la corruzione interna, «tutti o quasi rubavano e mentivano a Mosca». Il crollo dei fronti e la progressiva consapevolezza dei soldati che nessuno sarebbe sopravvissuto è un altro aspetto emerso con l’invasione. Così come la frammentazione degli sforzi, con i Wagner che hanno sempre agito per conto proprio. Ed infine la realizzazione di essere stati usati come carne da cannone edulcorata «da un bicchiere di vodka».

La guerra di Putin non avrebbe mai dovuto essere così, dice il Times. Quando il capo della Cia, William Burns, si recò a Mosca l’anno scorso trovò un Cremlino estremamente fiducioso sulla capacità delle forze armate russe di essere abbastanza forti da resistere anche agli americani. I piani di invasione russa mostrano che i militari si aspettavano di «scorrazzare in tutta l’Ucraina trionfando in pochi giorni». Agli ufficiali è stato detto di mettere in valigia alte uniformi e medaglie in previsione delle parate a Kiev. Ed invece – chiosa il quotidiano – a dieci mesi all’invasione Mosca registra decine di migliaia di soldati morti e pezzi del suo esercito sfasciati. Mentre «Putin è costretto a fare i conti con la più grande calamità umana e strategica della sua nazione dal crollo dell’Unione Sovietica».

Francesco Semprini
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