Pulci di notte
di Stefano Lorenzetto
Incipit del primo capitolo della rubrica di Veronica Gentili sul Fatto Quotidiano: «Proscioglimento: nel diritto processuale penale, si definisce così quella di non doversi procedere o di assoluzione». Tutto chiaro. Conclusione del medesimo capitolo, dedicato all’ex senatore leghista Simone Pillon: «Festeggia la decisione, obbligata, della stessa Corte d’Appello contro la quale annuncia di voler ricorrere per averlo condannato, in quel caso liberamente, di costringerlo a risarcire le parti civili. Mah». Chiarissimo, con mah aggiuntivo per la forma condannato di. Infine, al termine del secondo e ultimo capitolo: «Troppi attori che ne compongono le fila». Nel significato di ranghi, il plurale di fila è file: «militare nelle file di un partito, serrare le file» (Lo Zingarelli 2023). La rubrica di Gentili s’intitola Facce di casta, ma servono facce di tolla per pubblicarla.
Fabrizio d’Esposito nella rubrica Il chierico vagante sul medesimo Fatto Quotidiano: «Una scelta quindi lucida e repentina fatta a prescindere di quello che sarebbe avvenuto in seguito». Dev’essere stato compagno di banco di Veronica Gentili.
Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera: «Un’intellettuale come Pietrangelo Buttafuoco». Ma davvero Buttafuoco s’è fatto femminiello?
Nella precedente puntata, ci siamo dimenticati di segnalare l’ennesimo svarione nella rubrica del coltissimo Mephisto Waltz sul Sole 24 Ore, che cominciava così: «Uno dei jingle di Jacovitti (1923-97) era “Fuoco di Vesta fuoco di Vesta, che all’egizio incendiata hai la testa”, parodia dell’Inno dei balilla, protagonisti un Faraone e Pippo Pertica». Nel mondo dei fumetti non è mai esistito il personaggio Pippo Pertica. C’erano invece Pippo, Pertica e Palla, gli amici chiamati «i 3 P», che Benito Jacovitti inventò nel 1940 per il periodico Il Vittorioso. Ma, si sa, il diavoletto detesta la trinità sotto qualsiasi forma.
Editoriale di Alessandro De Angelis, vicedirettore di Huffpost, sulla Stampa: «Soumahoro e Panzeri, mutatis mutandis, ognuno con le sue signore, sono due volti dello stesso cinico modello». Quindi sono due poligami?
Su Mowmag.com, Maria Francesca Troisi intervista il collega Luca Telese in morte di Sinisa Mihajlovic, l’allenatore malato che fu sospeso dal Bologna a inizio campionato: «Sostengo il gesto infame, la coltellata alla schiena. Meglio che la dirigenza non fiata e non si fa vedere, fa una miglior figura». Miglior figura assicurata anche se Telese e/o la sua intervistatrice conoscessero il congiuntivo.
Titolo dalla pagina Facebook della Repubblica: «Il figlio di Lando Buzzanca ricoverato in ospedale: “Denuncerò il medico per violazione della privacy”». Quindi in ospedale è morto il figlio o il padre?
A che serve la prima pagina di un giornale? A vendere bene la merce che vi è all’interno, si dirà. Ecco un esempio dal Fatto Quotidiano. Pagina 1 (riquadro Le nostre firme): «Salterà la Serbia, non l’Ucraina a pag. 11». Pagina 11: «Né l’Ucraina né la Serbia: sarà la Bosnia a saltare». La firma Massimo Fini si sta ancora chiedendo che cos’ha scritto.
Marco Imarisio sul Corriere della Sera parla di «chiamata in correo dell’intera popolazione». Benché assai diffusa negli atti di magistrati e avvocati, la locuzione non è corretta. L’accusa rivolta a un terzo di aver concorso a commettere un reato, mossa da chi sia già imputato per il medesimo, dicesi chiamata di correo. Su questa forma concordano, senza eccezioni, il dizionario Treccani e Lo Zingarelli 2023.
Nel fare le pulci a Emiliano Fittipaldi per il documento sul rapimento di Emanuela Orlandi che il vicedirettore di Domani presenta in Vatican Girl, docufilm di Netflix, Stefano Lorenzetto incorre in due topiche: quel «Roma 14 gennaio 1968» che appare in testa al documento non si riferisce al luogo e al giorno in cui è stato stilato bensì alla data di nascita della ragazza (rimane l’incongruenza dell’annotazione anagrafica in un «resoconto sommario delle spese sostenute dallo Stato Città del Vaticano»); all’epoca in cui il testo fu redatto, Giovanni Battista Re e Jean-Louis Tauran non erano ancora cardinali, quindi non avevano diritto al titolo di eminenza. Resta il fatto che nessun cardinale si sarebbe mai rivolto a un vescovo con la locuzione «Sua Riverita Eccellenza», essendo quella d’uso nel gergo ecclesiastico vaticano «Sua Eccellenza Reverendissima».
Sul Fatto Quotidiano, Gad Lerner se la prende con La Repubblica per «una bufala colossale come quella di Enrico Mattei fascista doppiogiochista che si compra per 5 milioni il titolo di partigiano». E, per smentirla, ricorda che «il fondatore dell’Eni era diventato la bestia nera delle compagnie petrolifere statunitensi», fino a «pubblicare Il Giorno, quotidiano progressista diretto dal partigiano Italo Petra con Giorgio Bocca tra le sue firme di punta». Lerner ricorda male: Il Giorno ebbe come primo direttore Gaetano Baldacci, che infatti il 26 aprile 1956 firmò l’editoriale di esordio insieme con l’editore Cino Del Duca, una scelta alquanto insolita. Italo Pietra (non Petra) ne divenne direttore nel 1960, rimanendo in carica fino al 1972, quando gli subentrò Gaetano Afeltra.
In un articolo apparso sul Messaggero e sul Gazzettino, Vittorio Sabadin racconta: «Carol Siegler, 85 anni, è una delle SuperAgers più studiate, perché va in palestra diversi giorni alla settimana, ha una memoria di ferro, fa volontariato, partecipa alle feste con amici e parenti, risolve cruciverba ogni giorno, legge ogni tipo di libro e dice comunque di annoiarsi. (…) Da bambina durante la Grande Depressione, ha imparato da sola a scrivere e suonare il piano». Avendo 85 anni, Carol Siegler dovrebbe essere nata nel 1937. La Grande depressione (per antonomasia) è quella verificatasi negli Stati Uniti dal 1929 al 1933, come specifica l’enciclopedia Treccani. Scriveva e suonava il pianoforte prim’ancora di venire al mondo?
«Il poket money, invece che ogni giorno, solo ogni tanto», fa dire Virginia Piccolillo sul Corriere della Sera a Mohammed el Motarajji, uno degli stranieri accolti nella struttura gestita dalla suocera del deputato Aboubakar Soumahoro. Il denaro per le piccole spese concesso dallo Stato agli immigrati è il pocket (con la c) money, dall’inglese pocket (tasca) e money (moneta). Quello che i francesi chiamano argent de poche, denaro di tasca.
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