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Il 25 dicembre. I pastori trovarono Maria, Giuseppe e quel bambino…

DI ANTONIO SPADARO S. I.*

24 DICEMBRE 2022
La polvere si solleva dalle strade per il gran via vai. Cesare Augusto aveva deciso di fare un censimento e la gente si spostava per farsi censire nel luogo di origine. Tra gli altri Giuseppe. Insieme con la moglie Maria, si muove da Nàzaret a Betlemme, da sud a nord. Proprio in questo gran trambusto si compiono i giorni del parto, e Maria dà alla luce un bambino. Luca (2, 1-20) abbandona le strade trafficate e mette a fuoco una mangiatoia, lì dove è posto il bambino Gesù. Non c’era più posto negli alberghi perché la gente in viaggio era troppa. In questo grande intasamento da ora di punta il bambino viene al mondo. E così per Luca il mondo si ferma. Le sue lenti dimenticano la frenesia del momento, e si avvicinano rapidamente per seguire i movimenti lenti di Maria mentre avvolge in fasce il suo bambino e lo depone lì dove gli animali mangiano. La luce è tenue da quadro di La Tour. I rumori delle vie principali non ci sono più. Restiamo attratti dalle mani di Maria. L’occhio allarga lo sguardo, e vede alcuni pastori che fanno la guardia al loro gregge. La vita di Gesù appena nato sembra più legata ai ritmi calmi e regolari degli animali, ai loro luoghi, piuttosto che a quelli degli uomini, che sono tutti presi dai loro viaggi. I pastori pernottavano all’aperto, vegliando tutta la notte. Nel buio che fa brillare le stelle e la luna.Ma di colpo essi sono “avvolti di luce”, quella della “gloria del Signore”: un angelo si presentò a loro. Se Maria avvolge Gesù in fasce, l’angelo avvolge i pastori di luce. C’è un caldo senso di accoglienza e protezione che domina questa scena. Ed ecco che i pastori ascoltano la voce dell’angelo, che annuncia “una grande gioia, che sarà di tutto il popolo”. Ecco il segno: “troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”. Questo bambino che nasce ai margini dei grandi flussi delle vicende umane, avrà un impatto su “tutto il popolo”. E sarà il “Salvatore”. A questo importante annuncio dato nella notte senza clamore né pubblicità a uno sparuto gruppo di pastori corrisponde l’apparizione di “una moltitudine dell’esercito celeste”. Il contrasto tra i pastori inermi e straccioni, e le belle e lucenti milizie celesti non potrebbe essere più forte. A questa visione corrisponde una deflagrazione sonora. L’esercito angelico canta: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”. Tra i pascoli notturni e il cielo stellato c’è una corrispondenza: si sentono gli echi tra il buio notturno e la luce angelica. Gli angeli non spariscono, ma si “allontanano verso il cielo”. Il loro non è un canto che si spegne all’improvviso come un disco rotto, ma una scia sonora che si allontana e si confonde con le voci dei pastori, che si dicono l’un l’altro: “Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Gli angeli vanno, i pastori vanno. C’è un gran movimento verticale tra cielo e terra, mentre la gente si muove tra il sud e il nord. E i pastori “trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia”. È una fotografia, un fermo immagine. Non sappiamo altro di quell’incontro: solamente che poi cominciarono a riferire quello che avevano sentito sul bambino, provocando stupore. Stiamo per riguadagnare uno sguardo ampio sulla scena, dunque, quando improvvisamente, l’obiettivo si concentra nuovamente tutto su Maria. Anzi la prospettiva si rovescia e guardiamo in soggettiva. Maria “vede”, dice Luca. E custodisce “tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”. Questo fanno le sue mani e questo fa il suo cuore: avvolgere, custodire.
*Direttore de “La Civiltà Cattolica”