Il più letto del 2022. Roberto Vecchioni: «Scoprii che mia moglie mi tradiva. Mia figlia lesbica? Sempre saputo (e non ci ho mai badato)»
Il cantautore si racconta presentando il nuovo album: «I giovani siano curiosi come Ulisse»
«E se non potrai correre/ e nemmeno camminare/ ti insegnerò a volare». È un inno alla vita, sempre e comunque, anche di fronte alle avversità, la canzone che Roberto Vecchioni e Francesco Guccini dedicano ad Alex Zanardi, con una citazione di Kavafis: «Se partirai per Itaca ti aspetta un lungo viaggio…». In effetti, il viaggio di Odisseo è il riferimento letterario supremo di «Infinito», ultimo album di Roberto Vecchioni, a cui è dedicata la sua tournée «L’Infinito, parole e musica», che giovedì (ore 21.15) si ferma al Politeama Pratese.
È felice di tornare a Prato?
«Tanto! Mi lega a Prato il ricordo di uno dei simposi più belli della mia vita: una baldoria colossale! Avevo tra i 30 e i 40 anni: dopo il concerto in un campo sportivo, mi fermai con gli operai di una laneria in un postaccio (forse una cantina) tutta la notte a cantare, chiacchierare, scherzare… Facemmo l’alba a raccontarci barzellette, sciocchezze e cose della vita. Mi colpì la grande spiritosaggine dei toscani, la capacità di ridicolizzare le cose tragiche, di infierire in modo ironico, a volte sconcio, sempre con grande intelligenza».
A Firenze, invece, ha un ricordo amaro, raccontato nella canzone «Due giornate fiorentine»…
«In verità ero sulle colline intorno a Scandicci con la mia prima moglie, quando ho scoperto il suo tradimento. E il matrimonio è finito. Lo sfondo troppo bello strideva con il mio dolore, perciò scappai via. Ma Firenze non ha colpe; è simbolo dell’umanità, perché da lì inizia l’Italia, e mi ispira solo pensieri positivi».
Ed è a metà strada tra la sua Milano e Napoli, città d’origine dei suoi genitori…
«Sono tre città così diverse che potrebbero appartenere a tre nazioni. Oggi Milano è l’unica città europea d’Italia: tutto vi avviene e tutto può avvenire. Firenze è gioiello di antichità che arriva nel presente con l’arte e la cultura. Napoli è sogno, fantasia, speranza, desiderio, un ammasso di tutte le spiritualità possibili. Io non potrei mai lasciare Milano, che è mia madre, mio padre, mio figlio e il mio cane».
Torniamo all’ultimo album: cos’è per lei l’infinito?
«Un grande cerchio, come ben dicono tutti i grandi pensatori. È ricorrente l’associazione tra l’infinito e le curve di una donna. D’altronde, perfino gli atomi sono circolari; le uniche cose piatte dell’universo le abbiamo costruite noi umani. Per immaginare l’infinito dobbiamo invece pensare a Ulisse, e alla nostalgia del ritorno».
Il suo tour è una sorta di ritorno, uno sguardo sul passato, da cui emerge una sua idea nuova di amore per la vita…
«Con l’età ti accorgi dei particolari. Mentre fino a 60 anni, hai pensieri grandi — la pace nel mondo, la libertà per tutti, l’esistenza di Dio… — , alla mia età pensi a te stesso. Parafrasando Cartesio, penso, quindi esisto. Non esisto perché penso; ma vivo, qualunque sia il mondo. E allora godo delle piccole cose, come l’amore per i nipoti, le poesie che posso scrivere, i sorrisi che posso fare alla gente che incontro. Cose piccole, ma importantissime».
Come ha vissuto gli ultimi due anni?
«Con un grande magone. La gente non può immaginare cosa sia per un artista la mancanza del palcoscenico. Non è come un operaio senza officina o un avvocato senza studio. Perché solo quando sale sul palco l’artista è pienamente se stesso».
Come è sopravvissuto ai lockdown?
«Con una moglie meravigliosa, continui messaggi di amici e colleghi, i miei quattro nipoti, quando ho potuto ricominciare a vederli. Ho pubblicato per Einaudi il romanzo Lezioni di volo e di atterraggio, andato benissimo. E adesso ne sto scrivendo un altro su una donna universale, una somma di tutte le donne che ho conosciuto e di tutte le grandi della storia, da Marie Curie a Emily Dickinson, da Saffo a Vittoria Colonna».
La beffa è che per la canzone «Voglio una donna» fu accusato di anti-femminismo…
«Non fu capita la mia provocazione. Dicevo “Voglio una donna con la gonna” per celebrare la donna nella sua femminilità, invitandola a non rinunciare alla differenza con il maschio. Io non parlerei mai di parità di genere, ma di parità tra i generi».
Come ha vissuto l’omosessualità della sua primogenita?
«Francesca aveva 15 anni quando venne da me impaurita sussurrando “Papà ti devo dire una cosa”. Le chiesi: “Che c’è? Sei drogata? Ti sei innamorata di un assassino? No? Allora vaf…, mi hai fatto prendere un colpo”. L’ho sempre saputo, e non ci ho mai badato. Trent’anni fa, sono stato un anticipatore. Credo che l’amore sia universale e ciascuno possa fare le sue scelte. Ho accompagnato Francesca tre volte ad Amsterdam per la fecondazione assistita; alla fine sono arrivate due gemelline che oggi hanno 9 anni. So che lei l’ha fatto per me, perché voleva farmi diventare nonno. Poi anche Carolina ha avuto due figlie. Per tutte e quattro, sono un nonno che gioca tanto».