Sommario del titolone d’apertura sulla prima pagina della Repubblica: «Dopo una settimana di fibrillazioni sulle accise, la premier convoca un summit lunedì per serrare le fila della maggioranza». Tocca ripetere per l’ennesima volta agli esimi colleghi che il plurale fila con valore collettivo si usa soltanto nel significato di filamenti, oppure di trama di un ordito, oppure di intreccio in senso metaforico. Nel significato di ranghi, il plurale di fila è file: «militare nelle file di un partito, serrare le file» (Lo Zingarelli 2023).
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Elena Stancanelli, scrittrice e sceneggiatrice che dispensa editoriali alla Repubblica e alla Stampa, su Radio 3 conduce Pagina 3, ovvero «La cultura nei giornali, nel Web e nelle riviste», dice lei. Magari. Nel presentare il centenario di Italo Calvino, spiega che gli appuntamenti per celebrarlo «saranno tanti e numerosi»: non si vede come sia possibile che, essendo tanti, non siano anche numerosi, e viceversa. Poi racconta che Calvino nel 1962 incontra la futura moglie Esther Judith Singer, detta Chichita. Solo che Stancanelli nel corso del programma, per ben sette volte, la chiama «Cichita», come Chiquita, la banana 10 e lode. Qualcuno spieghi all’illustre commentatrice che si pronuncia «Cicita». Infine, per non deludere i radioascoltatori anglofoni, Stancanelli si riferisce a Charles Péguy enunciandone il nome come se fosse l’inglese Charles Dickens, anziché un francese.
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Margherita De Bac sul Corriere della Sera intervista Orazio Schillaci, ministro della Salute, e gli chiede: «Perché la stretta anche sulle altre sigarette?». Risponde Schillaci: «Perché aumenta in modo esponenziale il consumo di sigarette senza fumo tra gli adolescenti che comunque contengono nicotina e generano dipendenza». Giusto, alla larga dagli adolescenti pregni di nicotina che danno dipendenza.
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Dal sito di Sky Tg24: «Addio a Pumba, maialino star dei social. L’esemplare di maialino vietnamita viveva in provincia di Vicenza con i fidanzati Charley Rama e Anna Baldato». Più maialone (bisex) che maialino.
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Dall’editoriale di prima pagina del direttore di Libero, Alessandro Sallusti, sulla cattura del boss Matteo Messina Denaro: «Ieri hanno rosicato duro due categorie di persone, i mafiosi e la sinistra che proprio non gliene va bene una neppure a pagarla. Lo si evince dalle loro stringate parole di plauso all’operazione». Cioè le cosche hanno applaudito l’arresto? Non ce n’eravamo accorti.
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Giovanna Melandri sul Sole 24 Ore: «Non bastano – anche se largamente necessarie – politiche pubbliche e fiscali e monetarie espansive». Necessario è ciò di cui non si può assolutamente fare a meno. Quindi o sono necessarie o non lo sono.
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Intervistato da Pierangelo Sapegno sulla Stampa, in merito all’affermazione di Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura, secondo cui Dante era di destra, lo storico e filologo Luciano Canfora sostiene, a proposito del Sommo Poeta: «Ricordiamo che un suo libro, Monarchia, la Chiesa l’ha messo all’indice fino ai tempi di Paolo VI». Per la verità, il De Monarchia venne inserito dal Sant’Uffizio nell’Index librorum prohibitorum sul finire del pontificato di Paolo IV, quindi più di quattro secoli prima di papa Montini, e vi restò sino al 1881, quando fu riabilitato da Leone XIII.
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Scrive Federica Bandirali sul sito del Corriere della Sera: «Dalla pubblicazione di “The Spare”, il libro autobiografico del principe Harry, tutti gli occhi sono puntati su di lui». Tranne gli occhi di Bandirali: il titolo del volume è Spare, senza l’articolo.
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Dall’editoriale di Alessandro Mauro Rossi, direttore dell’Espresso: «Le elezioni del 25 settembre, però, hanno cambiato il quadro. Non solo perché il Pd le ha perse (in democrazia può capitare)». Votare nelle dittature sarebbe già più difficile.
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Ogni tanto, nel disperato tentativo di muovere al riso con la sua rubrica satirica Minimun pax sulla Stampa, Luca Bottura perde il filo. Come in questa battuta, dedicata a Matteo Messina Denaro: «Pare che MMD sia stato preso perché non pagava l’IMU: l’imposta sulla mafia». L’acronimo non si presta e ne esce una stupidaggine. Semmai imposta sulla mafia unificata, per stare al lessico dei gabellieri.
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Sempre Luca Bottura, nel Giornalone, inserto satirico di sua invenzione che esce la domenica sulla Stampa, pubblica il sondaggio Seciprend sul tema «Della polemica tra Shakira e Piquè…» e ipotizza che il 25 per cento degli interpellati immaginari risponda «Ma che domanda del piffero*». L’asterisco è così motivato: «La parola piffero ne sostituisce un’altra contenente due consonanti per espresso desiderio del direttore di mantenere un livello complessivo non oltre un minimo di decoro». Quindi c.zz. (tre consonanti, non due) conterrebbe una doppia z per espresso desiderio del direttore? E il non oltre che c’entra? Semmai «un livello non inferiore a un minimo di decoro».
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Nella sua rubrica L’amaca, sulla Repubblica, Michele Serra intercede «in favore della giovane cantante Madame, al secolo Francesca Calearo, che rischia l’esclusione da Sanremo, dunque la cacciata dalla Casa del Padre, per avere fatto pasticci mortificanti con i vaccini». Serra specifica: «Invoca clemenza, spiegando di avere dato retta alle persone sbagliate. Con la dolorosa aggravante (per lei) che tra le persone sbagliate ci sarebbero i suoi genitori, ferventi No Vax. Che lo faccia per riguadagnare la porta di Sanremo (la Sacra Porta!) è molto possibile». L’aggettivo possibile non ha gradazioni, esprime uno stato binario: una cosa o è possibile o non lo è. Per esprimere una gradazione sarebbe stato preferibile usare il concetto di probabilità.
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Riferendosi a Mario Andretti, campione del mondo di Formula 1 nel 1978, Giorgio Terruzzi scrive sul Corriere della Sera: «Molte firme del motorismo stanno manifestando idee simili, a cominciare dalla Honda». In italiano, firma designa un noto giornalista o un personaggio famoso, per esempio della moda. Firm in inglese e firma in tedesco significano ditta, azienda, e uno bravo come Terruzzi dovrebbe saperlo.