L’INCHIESTA

Sfascio giustizia: prossime udienze a fine 2026. E i fascicoli elettronici non vanno

IN CRISI: I CASI CAMPANIA E LAZIO – A Napoli nord 26 pm devono occuparsi di oltre 50 mila fascicoli, con meno amministrativi della piccola Benevento

DI VINCENZO BISBIGLIA E VINCENZO IURILLO

3 FEBBRAIO 2023

Lo chiamano Tribunale di Napoli Nord, ma in realtà si trova ad Aversa, in provincia di Caserta. E già questo è strano. La vera anomalia però, sta nella tempistica della giustizia: le prime udienze dei processi (per reati di normale gravità) sono fissate a dicembre 2026. Se non è un’amnistia di fatto, visti i tempi delle prescrizioni, poco ci manca. Un avvocato si è presentato e ha detto al magistrato: “Dottore, il mio cliente ha più di 85 anni, è parte lesa di un processo per lesioni, non è detto che sopravviva così tanto… non è che si potrebbe ottenere un anticipo di udienza?”. Accontentato. “Ma per un processo che anticipiamo, ce ne sarà un altro che dovrà comunque ritardare”, dice al Fatto il presidente del Tribunale, Pierluigi Picardi. Come si è arrivati a questo punto? “Semplice – risponde Picardi – siamo il quarto tribunale d’Italia per dimensioni di popolazione, un milione di persone, ma abbiamo un solo magistrato ogni 11.500 abitanti, e la media del distretto di Napoli è 1 ogni 6.000. Nel nostro territorio, dove risiedono i clan casalesi, c’è una città come Marano, sciolta per camorra quattro volte. Quanto agli impiegati amministrativi, ne abbiamo lo stesso numero di Benevento, che però ha un terzo della nostra popolazione ed è una provincia relativamente tranquilla”. Ecco, a leggere dati e cifre dei tribunali campani vengono seri dubbi sulla lucidità di chi ha deciso la distribuzione delle risorse umane nel mondo della Giustizia. A Benevento lavorano 145 amministrativi per 30 magistrati. A Napoli Nord 143 per 90 magistrati. Nella sola Corte di appello di Napoli – “collo di bottiglia” dei processi di un distretto con una delle densità criminali più alte del Paese, e dove tra i quali poco meno di 50.000 fascicoli pendenti – spiccano 180 processi, precedenti al 2010, ancora da definire. Oltre a un numero di processi di Assise che, come ricordava spesso il giudice in pensione Giuseppe De Carolis, presidente della Corte di Appello fino a poche settimane fa, “è pari a quelli di Milano, Roma e Palermo messi insieme”. Eppure in questo snodo cruciale della giustizia della terza città d’Italia, che a breve verrà messo alle strette dagli effetti della riforma Cartabia, che impone un massimo di due anni a processo, pena improcedibilità, il rapporto è un amministrativo per ogni giudice. Mentre a Campobasso, nel Molise, città dalla cronaca giudiziaria e nera relativamente scarna, il rapporto è di sei amministrativi per ogni magistrato.

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Poi se si squaderna il capitolo degli organici degli uffici inquirenti, emergono altre sproporzioni. Una su tutte. Alla Procura di Napoli lavorano quasi 100 pm per poco più di un milione di abitanti e 55.000 fascicoli, a Napoli Nord (ufficio che attraversa una parte consistente delle province di Napoli e di Caserta), quasi lo stesso numero di abitanti e 51.000 fascicoli, i pm sono soltanto 26. Vanni Corona è uno di loro, vanta importanti trascorsi nella Dda di Napoli (è il magistrato che indagò i Di Lauro e la faida di Scampia), e sul punto ha idee chiare: “La colpa di tutto questo è dell’insipienza, incapacità e inidoneità di chi dovrebbe organizzare il servizio giustizia a livello nazionale. Io, senza fare polemica, continuo a chiedermi perché ad alcuni arrivano risorse e a noi no”.

Eppure ci sarebbero i fondi del Pnrr per provare a riequilibrare le cose. Ma possono essere usati solo per gli uffici giudicanti. Il procuratore generale di Perugia, Sergio Sottani, all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario ha definito “miope” spiegando che “ignora la stretta interdipendenza che unisce l’attività degli uffici giudiziari”. Nella relazione il magistrato umbro ha lanciato l’allarme sulla “durata inquietante” dei processi a Perugia e Spoleto, attribuendone parzialmente la colpa alla “pendenza” di “dibattimenti di remota iscrizione, pure per fatti di estrema gravità, che hanno coinvolto magistrati del distretto romano”.

Passiamo a Roma: il suo Tribunale prevede la presenza di 1.205 unità ma quelle effettive (al 30 giugno 2022) risultano soltanto 802: una scopertura del 33%. Critica anche la situazione degli spazi. Da 7 anni la Corte d’appello chiede l’ammodernamento e l’utilizzo della “caserma Manara”, ma una serie di intoppi burocratici ha portato all’avvio dei lavori solo nel 2022. Nel frattempo ecco la situazione nelle sedi di via Varisco e via Romei: “Si registra – si legge nella relazione del presidente della Corte d’appello, Giuseppe Meliadò – la compresenza di tre o quattro magistrati nella medesima stanza, totale carenza di postazioni di lavoro per giudici onorari e stagisti, concentrazione media del personale amministrativo in tre o quattro unità per ambiente, l’ormai completa saturazione di qualsiasi spazio destinato all’archiviazione e alla custodia dei fascicoli”. Aggiungiamo che il numero dei fascicoli presenti in 2° grado nella Capitale sono passati dagli 8.512 del 2001 ai 50.438 del 2022: aumentati di oltre 6 volte in 21 anni.

Capitolo “problemi” tecnici: i magistrati della Corte d’appello possono accedere al fascicolo elettronico solo attraverso delle smart card che però si smagnetizzano e danneggiano con facilità. Sostituirle non è facile, a volte passano mesi, durante i quali è impossibile recuperare gli atti. Al Tribunale di Civitavecchia per diversi mesi non sono stati inviati i pc portatili agli addetti all’ufficio per il processo, il rilascio delle smart card richiede tempi lunghissimi. Perdura il problema del malfunzionamento dei router portatili, sia presso l’ufficio giudiziario, sia per il collegamento da remoto. E l’unico tecnico in servizio nella città portuale non è in grado di far fronte a tutte le richieste di assistenza.

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