Otto i reporter italiani bloccati. Roma lavora (un po’) su Kiev
PRIVATI DEGLI ACCREDITI – I cronisti, tutti freelance, sarebbero accusati a vario titolo dai servizi segreti ucraini di essere vicini ai russi
DI VINCENZO BISBIGLIA
20 FEBBRAIO 2023
Sono almeno otto i giornalisti italiani ai quali le autorità di Kiev hanno sospeso l’accredito che consente di girare liberamente – e quindi di lavorare – al fronte. La notizia trapela da fonti informali governative, in parte confermata dall’Ordine dei Giornalisti. I cronisti, tutti freelance, sarebbero accusati a vario titolo dai servizi segreti ucraini di essere vicini ai russi, se non addirittura sospettati di collaborazionismo con il regime di Mosca. Tra loro ci sono due collaboratori del Fatto, Andrea Sceresini e Alfredo Bosco, costretti a tornare in hotel a Kiev dopo aver dovuto abbandonare il fronte di Kramatorsk, e Salvatore Garzillo di Fanpage, respinto al confine tra la Polonia e l’Ucraina. I nomi degli altri cinque, per il momento, non sono stati resi noti “per motivi di sicurezza”, trovandosi ancora in situazione di “forte pericolo”. La Farnesina in queste ore sta lavorando sottotraccia per circostanziare gli elementi su cui si basano i sospetti dell’intelligence ucraina e provare a sbloccare la situazione.
La visita di domani della premier Giorgia Meloni a Kiev per incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, potrebbe essere una buona occasione in questo senso. Tra i cronisti accreditati alla conferenza stampa ci sarà anche Sceresini, che dal 6 febbraio attende di essere sentito dal personale dello Sbu, il servizio di sicurezza ucraino. Ieri Sceresini – che in passato si è occupato anche della morte di Andrea Rocchelli, il giornalista italiano ucciso nel 2014 in Donbass, si presume dai paramilitari ucraini – ha postato su Facebook un video del suo reportage girato lo scorso anno in Siberia, dove raccontava il dramma dei contadini arruolati da Mosca in cambio di soldi alle loro famiglie. “Se fosse valida la logica che si sta applicando – ha scritto nel post – questo dovrebbe essere un servizio di propaganda russa. In gioco c’è il diritto di raccontare una guerra senza essere per forza ‘tifosi’ e potendo osservare ciò che succede su entrambi i lati del fronte”. Una disavventura simile, alcuni mesi fa, toccò anche a Lorenzo Giroffi, respinto anche lui come Garzillo al confine polacco per le stesse motivazioni.
In subbuglio il mondo della stampa italiana. “Il blocco da parte dell’Ucraina dei 2 giornalisti con l’accusa di ‘collaborazione con il nemico’ è inaccettabile – scrive su Twitter il neopresidente della Fnsi (Federazione nazionale della stampa), Vittorio Di Trapani – I cronisti non prendono parte alle guerre, le raccontano. Bisogna garantire loro sicurezza e il diritto di esercitare il proprio lavoro”. E sempre ieri sul Manifesto è apparso un appello di Giuseppe Giulietti, presidente di Articolo 21 – associazione a tutela della libertà di stampa – in cui si chiede alla premier Meloni in favore dei cronisti “sospesi” e, in occasione dell’incontro con Zelensky, di consegnargli “copia della sentenza della corte d’Appello di Milano relativa alla ‘eliminazione’ di Andrea Rocchelli e Andrey Mironov” che “indica come esecutori un gruppo di tiratori delle forza militari ucraine”.
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