Elkann e Cirinnà, è finito il pudore del ceto medio

DI FRANCESCOMARIA TEDESCO*

29 LUGLIO 2023

Negli ultimi giorni due perle hanno allietato le mie giornate, altrimenti funestate dal caldo. La prima è l’articolo di Alain Elkann sui ‘lanzichenecchi’. Elkann, padre dell’editore di Repubblica, ha scritto per il giornale del figliolo un articolo pieno di vanterie malamente dissimulate che se non avessi letto la firma avrei detto “ma chi è questo parvenu?” (l’abito di lino, la penna stilografica, la Recherche in francese e i giornali in inglese), narrando di un viaggio in treno verso Foggia in compagnia di una serie di giovani ‘cafoni’.

Un articolo ottocentesco, in cui l’autore stigmatizza la maleducazione di quei ‘lanzichenecchi’ che parlavano ad alta voce “un linguaggio privo di inibizioni” noncuranti di avere cotanto compagno di carrozza, anzi – quelle horreur – senza neanche riconoscerlo. Non so se solo a me sia venuto in mente Il mostro della domenica di Steno e se solo io mi sia immaginato, ridacchiando, un Elkann-Totò travestito da zampognaro che attira i capelloni per raparli a zero. Si dirà che i ‘giovani d’oggi’ sono maleducati per davvero. Certo, e chi lo nega? I giovani sono, per definizione, sempre maleducati dai tempi di Matusalemme: è il loro lavoro. Ma il discrimine tra una pubblicistica progressista e una classista e reazionaria sta nel fatto che la prima cerca di comprendere le condizioni materiali e sociali che producono certe differenze, pur senza indulgere in determinismi economicistici piuttosto sorpassati (nessuno sa se quei ragazzi fossero ricchi o poveri), mentre la seconda giudica dall’alto in basso con tono di disprezzo moralistico misto a commiserazione, mentre è intenta con il fazzoletto di seta a lucidare il monocolo. Che quell’articolo sia apparso sul giornale che fu del ceto medio riflessivo di sinistra non è un infortunio.

L’altra perla è il video dell’ex senatrice d’Italia Monica Cirinnà, nota per la legge sulle unioni civili ma anche per il ritrovamento, nella cuccia del suo cane, di 24.000 euro in contanti. La cuccia insisteva sul terreno della tenuta di Cirinnà e di suo marito Esterino Montino a Capalbio, regno di quella sinistra che con tanto sdegno viene definita radical chic e che lì si ritrova da decenni. Fu nel 1988 che Capalbio entrò definitivamente nell’immaginario popolare: lì il Venerdì di Repubblica immortalò il celebre bacio tra Achille Occhetto e la moglie Aureliana, rendendo noto al grande pubblico quel buen retiro estivo dove una certa aristocrazia di sinistra si dava appuntamento per l’estate minimal. Nel video, Cirinnà in sandali bassi illustra la nuova ‘sfida’: trasformare la tenuta di famiglia – che prima era “una valle di niente” – oltre che in un’azienda agricola che produce vino, olio, marmellate (tutto rigorosamente bio, immagino) in un “ristorante rurale”. Nel saggio sul radical chic, citatissimo ma pressoché non letto, Wolfe parlava della “nostalgie de la boue”, la nostalgia del fango delle classi superiori per una mai esperita vita semplice delle classi inferiori. Ciliegina sulla torta di questo pauperismo chic la citazione degli indigeni Aymara, che avrebbero insegnato alla nostra ex senatrice che “la terra non si può possedere: nostra Madre Terra non appartiene a nessuno, ma chi ce l’ha condivide e chiede l’armonia”. Solo che per Cirinnà condividere non significa la proprietà collettiva dei mezzi di produzione e della terra, ma mettere su un ristorante “rurale” in una tenuta privata dove ospitare il senso di colpa della sinistra ricca.

Anche qui, si dirà: che male c’è? Soldi legittimamente guadagnati. Certo, ma non c’è un amico, un compagno (nel senso politico), qualcuno un po’ più a sinistra dei Kennedy a Cape Cod che dica a Cirinnà che è un errore di comunicazione sbatterci in faccia questa retorica stando seduti su 130 ettari di terra? No, non c’è. E qui si palesa il nesso tra le due perle: non c’è nessuno che abbia detto a Elkann “ma ti pare?” o a Cirinnà “evita” perché quel ceto medio riflessivo non è più preoccupato di nascondersi. Elkann o Cirinnà non hanno perso il senso della realtà: semplicemente non parlano alle persone cui la sinistra (dai giornali o dalla politica) si rivolgeva, e dunque non hanno più il pudore di dissimulare la propria ricchezza o il proprio disprezzo verso i ceti popolari. Possono, per tornare al radical chic, o far propri gli sfarzi dell’aristocrazia, oppure scimmiottare lo stile delle classi popolari. O le due cose insieme. È il compimento della trasformazione antropologico-politica del ceto medio riflessivo, che si nascondeva per strategia, e non si nasconde più.

* docente di Filosofia politica presso l’Università di Camerino

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Il podio

Alain Elkann il lanzichenecco, Zaki ingrato, gli sciacalli delle piogge: ecco il podio dei peggiori

Articolo radical-chicchissimo su Repubblica fa infuriare i radical chic. Zaki fa il difficile col governo Meloni e già solletica l’idea di un futuro in politica. I fanatici del green all’attacco.

Alain Elkann il lanzichenecco, Zaki ingrato, gli sciacalli delle piogge: ecco il podio dei peggiori

“Non pensavo che si potesse ancora adoperare la parola “lanzichenecchi” eppure mi sbagliavo. Qualche giorno fa…”. Va subito detto che quando lunedì scorso siamo arrivati a pagina 29 di Repubblica e abbiamo letto il “breve racconto estivo” a firma Alain Elkann abbiamo pensato: è uno scherzo. E invece no. Si trattava di una sorta di reportage dai bassifondi delle Ferrovie dello Stato. Titolo: Sul treno per Foggia sul treno dei “lanzichenecchi”. Per assaporarlo a pieno serviva l’immaginazione. Socchiudere gli occhi e lasciare che le immagini scorressero libere: Elkann, il treno per Foggia, lui che legge la Recherche du temps perdu di Marcel Proust, e in particolare il capitolo Sodoma e Gomorra“Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali…”. Poi arrivano i giovani lanzichenecchi: “Parlavano di calcio, di giocatori, di partite, di squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni”. Orrore! Un concentrato di radical-chicchisimo sul più radical chic di tutti i giornali. Ma la cosa più divertente è che questo assurdo racconto è riuscito a mandare in tilt anche i progressisti in spiaggia a Capalbio. Troppo persino per loro! E per questo cortocircuito interno alla sinistra un premio Elkann e Repubblica se lo meritano a pieno titolo: terzo posto sul podio dei peggiori!

Anche al secondo posto troviamo un campione di incoerenza: Patrick Zaki. La scorsa settimana il governo Meloni ha portato a casa un risultato straordinario: mediando con il presidente dell’Egitto Abdel Fattah al-Sisi, sono riusciti a ottenere la grazia del ricercatore. E lui? Ingrato come pochi. Niente volo di Stato, le acrobazie per evitare di salutare i suoi salvatori (condite dagli stucchevoli applausi della sinistra che già lo vuole alla Festa dell’Unità) e i ringraziamenti arrivati in extremis soltanto dopo le polemiche. D’altra parte lui, un pensierino al suo futuro, lo sta già facendo. Magari in politica. “Ho ancora molto da imparare e fare. E se anche arrivasse una richiesta per un ruolo politico la utilizzerei sempre per la causa dei diritti umani”, ha detto al Corriere della Sera“Anche tutta questa visibilità: voglio che diventi uno strumento, la voglio usare per difendere chi non ha voce né volto, e magari è in una cella da anni come prigioniero di coscienza. Non importa se nel mio Paese o altrove”. Tanto che nel Pd c’è già qualcuno che lo sogna al Parlamento Ue accanto a Carola Rackete.

Sul gradino più alto del podio troviamo, invece, i talebani del clima. E sono tantissimi. I peggiori sono sicuramente gli sciacalli della pioggia: da Elly Schlein ai Verdi, l’opposizione si è messa a cavalcare i nubifragi che hanno travolto il Nord Italia per attaccare l’esecutivo. “Abbiamo visto in queste ore eventi climatici estremi che stanno sconvolgendo l’Italia divisa in due tra incendi e nubifragi”, l’assurda sferzata della segretaria dem. “Abbiamo urgenza di affrontare l’emergenza climatica, ci sono stati anche dei morti in diversi punti del Paese – ha continuato – non capiamo cosa stia aspettando il governo, in carica da nove mesi, che su questo ancora non ha fatto nulla”. E se tutto questo vi sembra assurdo, cosa dite di quelli che hanno collegato i roghi in Sicilia con il cambiamento climatico. Ma quale cambiamento climatico? Sono tutti incendi dolosi! E Angelo Bonelli? Ha invocato il reato di “negazionismo climatico”: vuole imbavagliare chiunque non si accodi al fanatismo green. Una follia, non trovate? Purtroppo è in inquietante compagnia. Alfonso Pecoraro Scanio, per esempio, ha chiesto un tso per quelli che negano il cambiamento climatico. Detto questo è meglio chiudere qui il Podio di questa settimana prima che i gendarmi vengano ad arrestarci entrambi…

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