*Caivano, il caffè dello “Sceriffo”*
di Vincenzo D’Anna*
Certo non è bastato il blitz delle forze dell’ordine al parco Verde di Caivano per dimostrare che la musica sta cambiando e che lo Stato, per quanto disorganizzato ed indolente, quando vuole, riesce ad imporsi. Lo si sapeva e credo lo sappiano anche i nostri governanti i quali sono chiamati a predisporre misure adeguate e permanenti per ristabilire la civile e pacifica convivenza in quei luoghi martoriati. Tanto sulla scorta di quanto, man mano, è già accaduto in Sicilia, nelle province di Salerno e Caserta, ove i clan, nel corso degli anni, hanno ricevuto colpi esiziali e, si spera, definitivi. Tutto questo sarà possibile, un giorno, anche nella provincia di Napoli a patto però di riuscire a controllare assiduamente il territorio, confinando altrove le famiglie dei camorristi, in modo da disunire gli affiliati e scoraggiare i potenziali nuovi aderenti, affidando questi ultimi alle patrie galere. Impiegare l’esercito per controllare le aree in cui i boss hanno stabilito una sorta di extra territorialità criminale e criminogena, è essenziale, così come lo saranno le altre misure di carattere civile e sociale, le infrastrutture ed il lavoro che pure dovranno essere messi in campo. Tuttavia questo è il momento della “forza” perché le misure sociali servono, sì, ma tarderanno, nell’immediato, a dare i propri frutti sul piano della vivibilità e del civismo. Ergo: chiunque faccia il “maître a penser” oppure il sociologo d’avanguardia è pregato di fare il suo mestiere e di lasciare agli altri il proprio. Non abbiamo bisogno, in questo momento, di pedagoghi ma di sicurezza, di caserme e poi, in un secondo momento, anche di luoghi in cui…praticare sport e sano divertimento!! Bisogna saper distinguere l’emergenza dall’urgenza e questa dalla normalità di tutti i giorni. Un esempio può venire dall’allegoria di una casa alle prese con un corto circuito: non occorre, nell’immediato, individuare le cause del guasto, bensì avere la disponibilità di una candela per fare luce, oppure di una pila elettrica per potersi orientare. A Caivano si è rotta la lampadina dell’onesta, del diritto e della pacifica convivenza. Quanto accade in quel parco – simbolo dei tanti “parchi verde” d’Italia, ove la fa da padrona la malavita – certifica, che bisogna continuare ad agire subito! In seguito ci penseranno la scuola, gli asili, le palestre e il lavoro che dovrà essere creato sottoforma di insediamenti produttivi che lo Stato potrà impiantare, oppure incentivare attraverso il varo di regimi particolari basati su agevolazioni, sgravi fiscali e contributivi. Il lavoro, una volta bonificata quell’area, potrà risultare senz’altro decisivo per il pieno rilancio del territorio, perché chi può procurarsi onestamente il pane non potrà mai abboccare al canto delle sirene malavitose ed alle seduzioni di un’esistenza fatta di guadagni illeciti. Niente di trascendentale visto che lo Stato è azionista di circa diecimila aziende, molte delle quali decotte e deficitarie, ma anche di molte altre realtà attive e redditizie. Gli enti locali possono fare altre cose ed il Comune potenziare i servizi, anche grazie ai 40 milioni che il governo ha già stanziato per loro. Non male sarebbe anche l’arrivo di una commissione ispettiva che controlli l’attività amministrativa e quella edilizia partendo dal presupposto che quando ci sono i clan che vivono di spaccio e violenza esistono anche le infiltrazioni dei “malavitosi” in colletto bianco. Tuttavia c’è chi vorrebbe affidare (o farla interpretare) questa analisi complessa e graduale a singole personalità. Grave errore perché, come diceva Bertroldt Brecht: “sventurata è la terra che ha bisogno di eroi”. A Caivano non servono supermen con la veste del prete o la giubba dello “sceriffo”, ancorché meritevoli siano stati i loro pregressi ed intemerati interventi. C’è invece bisogno dello Stato e delle istituzioni territoriali chiamati a muoversi in combinato disposto tra loro. Solo questa impostazione, infatti, potrà dare luogo alla duratura riqualificazione di quei quartieri degradati. Né può essere esclusa da questo discorso la cosiddetta “società civile” che spesso tale non si mostra per ignavia. Un esempio di cosa non serva, se non per pubblicità o per smania di protagonismo, è quello del governatore della Campania Vincenzo De Luca il quale, subito dopo gli spari notturni dell’ennesima “stesa” di camorra, ha sfidato i malavitosi recandosi, di buon mattina, da solo e senza scorta, in un bar del parco Verde per sorbire un caffè. A dir poco chiaro il messaggio del presidente della Regione: io non temo i “guaglioni” e sono qui a testimoniarlo senza protezione e codazzo di fotografi e cineoperatori. Per quanto ammirevole, sotto il profilo del coraggio, questa tipologia di sfida solitaria non serve a un emerito fico secco. Né ci rassicura l’immagine iconica dello “sceriffo” che governa la Campania come nei film western.
*già parlamentare