*La religione…laica* di Vincenzo D’Anna*
Viviamo in tempi burrascosi che partoriscono incessantemente delle novità sul piano etico e culturale, molte delle quali, purtroppo, sono a detrimento dei valori conosciuti e validati dalla Storia. Ne consegue che non sempre quelle che ci vengono propinate come “novità” possono poi anche essere definite aprioristicamente migliori rispetto a quello che è già conosciuto. Anzi per smascherare le tesi di coloro i quali insistono nel volerci proporre i “cambiamenti” come fattore “emancipante” della società, sarà bene richiamare il celebre aforisma del filosofo Hegel: “Ciò che è noto non è conosciuto”. Nel processo della conoscenza, il modo più comune di ingannare se stessi e gli altri è di presupporre qualcosa come già noto e di accettarlo come tale. In parole povere neanche quel che è (già) noto ai più può definirsi apoditticamente come compiutamente conosciuto. Figurarsi quello che noto non è ancora!! Attenzione. Qui non si tratta di un “filosofare terminologico” intorno alle novità che investono l’Umanità nel terzo millennio, modificandone il portato culturale, la scala dei valori morali personali e quelli appartenenti all’etica pubblica. All’opposto, si tratta semplicemente di chiarire bene che quel che ci viene ammannito come nuovo, spesso “nuovo” non lo è affatto e che quello che è veramente nuovo non è certo migliore per antonomasia rispetto a quel “già noto” che va a sostituire. Ed allora tutta la rinnovata semantica e le tesi del “politicamente corretto” sono da prendersi con le dovute cautele senza incorrere nell’errore di ritenerle, a prescindere, una forma di emancipazione sociale con tutto quello che queste si trascinano dietro. Ahinoi, costa dirlo, ma così non pare essere e non vi è forma né di discussione né di cautela che tengano innanzi a tali “news” anche quando queste tendono ad affermare una nuova etica sociale e comportamentale. E’ a colpi di supina accettazione delle forme di novità, infatti, che è stata stravolta la tradizionale visione delle cose, che sono state accreditate nuove mode e nuove costumanze, nuove filosofie esistenziali. Un’accettazione talvolta indotta anche dalle violenze verbali e dal linciaggio personale al quale vengono sottoposti, sui social e nei segmenti della pubblica opinione, coloro i quali non la bevono e che non intendono seguire le cosiddette “mode del momento”, i nuovi costumi e le mentalità ricorrenti. Tanto per chiarirci oggi chiunque rivendichi l’eterosessualità, come elemento fisiologico normale , chiunque difenda la famiglia tradizionale, chiunque sia contrario all’eutanasia, alla compravendita dei gameti, all’utero in affitto, alla manipolazione eugenetica ed all’esercizio delle libertà senza vincoli di responsabilità, passa per essere un troglodita o un vecchio arnese sociale!! Quella del terzo millennio purtroppo è anche la società che ha scelto l’ausilio e l’azione sostitutiva della tecnica ai saperi tradizionali, la velocità alla riflessione, il cambiamento caotico al retaggio ereditato da un passato già certo e verificato. Tutta questa confusione terminologica e filosofica, con il radicale cambiamento di visione dell’esistenza da parte delle nuove leve generazionali , può essere riassunta in una sola espressione: quella del relativismo etico e della centralità del progresso tecnologico sull’umanesimo . Allora perché meravigliarsi di taluni cambiamenti che sono essi stessi degli ossimori, delle contraddizioni in termini, delle palesi incongruenze ? Perché meravigliarsi, ad esempio, che l’istruzione, l’educazione, i valori civici, il buon senso e la moderazione, il rispetto delle tradizioni siano ritenuti orpelli superati dalla modernità? Salvo poi invocarne la mancanza allorquando la realtà che ci si para innanzi non ci piace perché si mostra ignorante, violenta, incline alla disonestà, all’opportunismo ed all’edonismo!! I telegiornali ci informano quotidianamente di quanta degenerazione morale e sociale ci sia intorno a noi, eppure nessuno guarda indietro ponendosi qualche domanda, ci si limita ad imprecare, qualunquisticamente, contro la politica, il governo, le istituzioni e più in generale l’umanità a patto e a condizione, s’intende, che non ricomprenda se stessi!! Quindi perché mai meravigliarsi se anche anche le istituzioni religiose scoprono di avere doveri laici, che la Chiesa ed il suo Pontefice si possano offrire al giudizio vincolante dell’opinione degli atei devoti? In parole semplici: di coloro che non credono ma che sostengono e solidarizzano con il Pontefice e l’istituzione che questi rappresenta ogni qualvolta che questi , derogando dalla propria dottrina e dalla propria secolare tradizione, si esprime in maniera più consona alla visione politica e sociale dei laici che a quella dei credenti. Diremmo, in maniera blasfema, che un simile comportamento…alza lo share di gradimento e simpatia del Vescovo di Roma!! Perché allora meravigliarsi dell’incomodo che Bergoglio, in veste dimessa ed anonima, si è preso per rendere omaggio ad un “non credente” dichiarato come l’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano nel giorno del suo funerale, partecipando, con il cardinale Ravasi, “in veste laica”, alla commemorazione del defunto? Non già, si badi bene, per illustrarne le virtù cristiane o quelle politiche, argomento quest’ultimo più difficile da gestire anche per un prelato, bensì la propensione del caro estinto per le lettere e la musica!! Un aspetto quest’ultimo banale e non dirimente per uno che ha vissuto di politica tutta la vita!! Che nessuno dei due religiosi si sia almeno fatto il segno della croce innanzi al feretro fa parte di quella laicità che oggi va di moda e che vuota le chiese ed i seminari nel mentre aumenta la simpatia di sua Santità. Si fa per dire…
*già parlamentare
FONTE: