VATICANO, L’IPOTECA GESUITA
di Vincenzo D’Anna* –
Il mondo ha altro per la testa, distratto ed intimorito com’è da guerre, violenze, inflazione e crisi economica, per interessarsi di questioni che riguardino il Vaticano. Il processo di secolarizzazione della religione, il relativismo etico, la nuova scala dei valori con i quali, a poco a poco, ci si sta orientando nella vita, dopo aver espulsi quelli derivati dalla fede, poco o nulla interessano alla massa. Diciamocela tutta: ci stiamo avviando verso un nuovo umanesimo che pian piano sta cancellando le vecchie visioni dell’esistenza, incoraggiati, in questo, dal comportamento poco ortodosso del Papa e della Chiesa stessa che si secolarizza. Tuttavia si scorge anche nel campo cristiano un ampio dibattito sulla linea “politica” di Francesco che ha destato non poco entusiasmo tra i cosiddetti atei devoti, ossia quella parte di opinione pubblica che plaude al Pontefice solo quando questi si manifesta “eretico” di fronte alla tradizione, quando minimizza la natura di santità della propria figura e circoscrive la missione ecumenica universale del magistero papale al solo pauperismo, alla cura dei poveri, ed al tratto semplicistico del suo agire. Viceversa lascia sgomenti i fedeli disorientati da tanta modestia confidenziale che riduce la figura del Vescovo di Roma a quella di un semplice prete. Un tratto discusso e discutibile da “piacione”, dell’uomo alla mano più che di quello che opera al vertice del Cattolicesimo. Capita così che sia sfuggita al popolo dei fedeli l’azione che Bergoglio sta astutamente producendo in seno alla Chiesa per quanto riguarda la nomina dei nuovi porporati e la composizione del collegio cardinalizio (che si rinnova ad ogni concistoro indetto da Papa), il sacro collegio che all’occorrenza dovrà scegliere il nuovo successore di Bergoglio. Mai nella storia millenaria della Chiesa si sono tenuti tanti concistori, ben nove quelli convocati da Francesco, nonché nominati così tanti cardinali. Un’iperplasia del sacro collegio che ha raggiunto il numero di 202 Cardinali, dei quali solo 137, allo stato, voterebbero un nuovo Pontefice, in ragione della loro età inferiore agli ottanta anni. Infatti, secondo la disposizione motu proprio scritta da Papa Paolo VI, “Ingravescentem Aetatem”, i cardinali che abbiano raggiunto l’età di ottanta anni restano nel collegio cardinalizio ma non entreranno nella Cappella Sistina durante il Conclave per eleggere un nuovo Capo della Chiesa. A ciascuno dei cardinali nominati dal Papa viene assegnata una Diocesi. Gli stessi vengono poi impegnati nei vari gangli dell’organizzazione ecclesiastica. Il Papa quindi condiziona la struttura curia romana e l’intera organizzazione della Chiesa nel mondo. È del tutto evidente che in questo modo il Vescovo di Roma disegna e determina l’intera organizzazione, nunziature apostoliche (gli ambasciatori della Chiesa), il governo e l’esecutivo del Vaticano. Se un Papa riunisce concistori quasi ogni anno – un vero record quello di Francesco! – e nomina decine di Cardinali finirà per dare forma ad una vera e propria “squadra” consegnando (nel presente e nel futuro) a propri uomini i posti chiave e di maggiore incidenza gestionale della Chiesa. Un attivismo di potere che mal si concilia con la veste dimessa di Bergoglio che, da buon gesuita, ha una pessima opinione della curia, dei suoi sfarzi e della azione diplomatica. Quindi si organizza perché questa sia rappresentata da uomini fidati ed appartenenti al suo entourage, in sintonia col suo pensiero. Come gesuita missionario Francesco ha scelto cardinali delle più svariate nazionalità, riducendo, silenziosamente, man mano la rappresentanza Cardinalizia italiana ormai scivolata al 12% del totale. Parimenti ridimensionati sono stati i porporati provenienti da nazioni europee. Un progressivo e costante depauperamento della rappresentanza proveniente dai paesi di maggior tradizione cattolica e con un numero elevato di fedeli e che per importanza storica bei secoli la Chieda l’hanno praticamente vissuta, condizionata e costruita nei secoli. La statistica è eloquente: Francesco ha nominato ben 142 cardinali, dei quali 113 elettori e 29 non elettori, in ben nove concistori. Costoro sono provenienti da 70 diverse nazioni, di cui 22 non avevano mai avuto prima un porporato. Finanche i piccoli stati – atolli della Polinesia, che si parificano politicamente alle grandi nazioni della tradizione ecclesiale. Tanta inusuale e frenetica attività depone per il disegno di eradicare dall’Europa e soprattutto dall’Italia la probabilità che ci sia, in futuro, un nuovo Pontefice italiano oppure, in subordine, di nazionalità Europea. Il gesuita missionario equipara alcuni piccoli Paesi, con un limitato numero di fedeli e praticanti, senza alcun peso politico e diplomatico a quelli storicamente più grandi, destrutturando anche la Chiesa che per secoli ha avuto una guida italiana. Da buon missionario che ha poca fiducia nella curia capitolina, muove da un’impronta tutta sua che già guarda al futuro. Insomma: alla veste dimessa e minimale che assume come Papa fa da contraltare la volontà di ipotecare il domani del Papato nel mondo. Che ci sia anche la volontà sottaciuta di indebolire la tradizione e la forza della cattedra di Roma e quello che essa ha rappresentato, nel corso dei secoli, fin dalla sua fondazione da parte di San Pietro e dei suoi martiri, pare evidente. Spicca l’idea che tutto questo vada ridimensionato e sostituito per il bene della missione ecclesiale, per la dottrina che la Chiesa deve propalare nel mondo. Ci troviamo davanti al classico atteggiamento gesuitico, un’opera che mina l’importanza del clero di casa nostra e dei bastioni di fede che sono stati costruiti nel corso dei secoli allorquando i destini della Chiesa erano nelle mani delle “gerarchie” romane. Tutto questo sembra voler cancellare la Storia stessa della Chiesa. Stabilire una vera e propria ipoteca sul futuro che, ne siamo certi, anche stavolta piacerà molto agli atei devoti, alla simpatia che suscita il Papa, e che creerà sconquassi nella già malandata situazione di una Chiesa picconata dal suo interno.
*già parlamentare