l conflitto infinito tra la “Dama nera” e l’impero di Silvio

28 OTTOBRE 2023

L’Italia è oggi immersa in una grave situazione di anomalia e di emergenza destinata a segnare, come un fascismo soft – mediatico anziché militare – la storia del Paese”.
(da “Silenzio stampa” di Furio Colombo – l’Unità-Editori Riuniti)

Non saremo certo noi, tanto meno su questo giornale, a prendere le difese di Mediaset per le esplicite minacce di ritorsioni o vendette sul conflitto d’interessi, in seguito al “caso Giambruno” che rischia di avvelenare i rapporti tra gli eredi di Silvio Berlusconi e la premier Giorgia Meloni.

Su quel conflitto tra politica e affari abbiamo ingaggiato una battaglia fin dall’inizio. E anzi, ben prima che scoppiasse, abbiamo avviato una campagna di stampa contro il Far West dell’etere e la concentrazione televisiva e pubblicitaria che ha compromesso il pluralismo dell’informazione e la libera concorrenza.

Se ora il governo autorizzerà la Rai ad aumentare il numero degli spot, non farà un dispetto solo al Biscione, ma anche agli abbonati e telespettatori del servizio pubblico.

Ben venga, allora, un provvedimento per regolare in modo più rigoroso ed efficace il conflitto di interessi, com’è tuttora quello tra Mediaset e Forza Italia, se non altro per il debito di circa 100 milioni di euro che il partito-azienda accusa nei confronti della famiglia Berlusconi.

Dopo la fine di Sua Emittenza, la forza politica da lui fondata resta una componente dell’attuale maggioranza parlamentare e diversi suoi rappresentanti siedono al governo: a cominciare dal vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che è anche il segretario di quel partito.

Tanto basta per rimettere all’ordine del giorno questo conflitto infinito. È confortante che Fratelli d’Italia annunci – per bocca del deputato Giovanni Donzelli, responsabile dell’Organizzazione di FdI – che “è finita la stagione dei favori a Mediaset” e che il governo “non avrà più riguardi”.

Ma ha ragione l’ex presidente della Federazione della Stampa, Beppe Giulietti, a chiedere pubblicamente “quali sono stati i favori già resi e quelli promessi”. E la domanda ha un valore retroattivo anche per il passato remoto, cioè per tutto il periodo in cui la “Dama nera” è stata alleata di Forza Italia.

Staremo a vedere se, ed eventualmente come, cambierà l’atteggiamento del governo nei confronti dell’impero televisivo berlusconiano. Ora che la premier ha rotto pubblicamente la sua relazione con il giornalista di Mediaset, avrà anche più agio di dimostrare che non è “ricattabile”, come lei stessa proclamò al momento dell’investitura alla presidenza del Consiglio.

Proprio qui, il 2 settembre scorso, ponemmo un problema di opportunità: “Il first gentleman – scrivemmo ancor prima di ascoltare i “fuori onda” volgari e sessisti di Giambruno – conduce su Mediaset una trasmissione che attraversa i temi dell’attualità e può, anche involontariamente, interferire con l’attività del governo”.

Poi aggiungemmo: “Niente vieta che continui a fare il giornalista, dentro o fuori la sua redazione”.

E in quella stessa occasione non mancammo di rilevare che una situazione analoga si poneva (e si pone) per l’ex ministra di centrodestra Nunzia De Girolamo, moglie dell’ex ministro di centrosinistra e attuale capogruppo del Pd al Senato Francesco Boccia.

Quello che può fare il governo sul conflitto d’interessi, non per spirito di vendetta bensì di responsabilità istituzionale, è tagliare il cordone ombelicale che lega la politica di destra o di sinistra alla televisione, pubblica e privata.

Ma un tale intervento, proprio per evitare che possa risultare contra aziendam, va inscritto in una riforma complessiva dell’informazione: dallo Statuto dell’editoria agli Stati Generali della Rai. Altrimenti, dai “favori resi o promessi”, si rischia di passare a un regolamento di conti.

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