*L’idiota* Editoriale di Vincenzo D’Anna*

 

Tra le letture di uno studente che voglia comprendere l’essenza del mondo attraverso le opere dei grandi scrittori, non possono mancare gli scritti di Fëdor Dostoevskij. Tra quelli più conosciuti spicca senz’altro “L’Idiota”, in cui si narra una storia di bontà estrema dell’animo umano, quando questi ha un’inclinazione assoluta verso il bene, ed in quanto tale, nutre la speranza che tutti gli uomini possano essere assolutamente buoni. Un’esagerazione del concetto che rende il protagonista estraneo ed esposto alle meschinità, agli interessi ed alle malvagità. Praticamente: un idiota. Termine che, mai come in questo caso, va inteso nella sua accezione etimologica di persona isolata ed estranea alla concretezza del mondo mondo nel quale essa vive. Estratta da quel romanzo, poi, v’è una frase divenuta famosa, fatta pronunciare dal principe Miškin: “La bellezza salverà il mondo”. Tuttavia non si tratta di una bellezza solamente estetica ma di tutto quel novero di cose che volge verso la bontà d’animo ed il candore dei sentimenti professati, quasi che l’uomo possa rendersi estraneo ed impermeabile alla realtà crudele ed iniqua dell’ambiente che lo circonda. In effetti questa è la condizione esistenziale di quanti fanno del buonismo la cifra distintiva del proprio agire. Un esempio semplice ed illuminante, in tal senso, viene dai moralisti ad oltranza, ossia da quanti credono che la conciliazione delle diversità possa essere ottenuta senza compromesso alcuno nel solco di un idealismo astratto ed inconcludente che non tiene conto alcuno della realtà. Queste “anime belle” diventano oculati censori della politica e dei politici, giudici implacabili ed irremovibili, depositari di una unica verità e del bene assoluto. Insomma: degli idioti che non si sporcheranno mai le mani operando sul campo della cosa pubblica e le cui mani saranno destinate a rimanere pulitissime in quanto tenute al caldo e inoperose nelle loro tasche. Un altro esempio viene dai pacifisti ovvero da quella categoria di cittadini che marciano in favore della pace a qualunque costo e che alla fine temono che la guerra li costringa a sposare una causa oppure li spinga ad esporsi in un giudizio che travalichi l’inconsistenza del loro pensiero e del loro essere. Infine ecco i manichei, i più idioti di tutti, ossia i più isolati, perché costoro hanno scelto in anticipo e per sempre dove collocarsi, a prescindere. Molti li troviamo rintanati a sinistra dove, aspettando che Marx risorga dalle proprie ceneri, sono soliti ripetere frasi idiomatiche sul neo liberismo di cui poco o nulla sanno come dottrina economica del liberalismo, ancorché si atteggino ad “anime liberali”, pur contrastando strenuamente ogni forma di capitalismo. Uno per tutti, il più gradevole: l’ex segretario del Pd, Pierluigi Bersani. Una lunga introduzione, la mia, per rendere esplicito il pensiero su cosa ci tocchi assistere, di questi tempi, da taluni “maître a penser” sul conflitto russo ucraino prima e su quello scatenato dai terroristi di Hamas contro lo Stato di Israele, poi. Insomma questi adoratori della pace da conquistarsi senza opinione avente obiettività, senza nerbo caratteriale, senza calarsi nella realtà delle cose, oggi imperversano nei talk show televisivi ripetendo un mantra buonista e di terzietà, proprio come capita al protagonista del romanzo di Dostoevskij che vagheggia un mondo senza colpevoli e senza aggressori, ove tutto si possa piegare alla vocazione del buono fine a se stesso. Eppure molti tra questi “liberal pacifisti”, quando sono stati protagonisti in politica, hanno saputo essere cinici e partigiani, pervicacemente sordi alle ragioni altrui se non collimanti con la propria impostazione ideologica e le finalità che questa si presupponeva di raggiungere. Come spiegare allora questa convergenza tra buonisti idioti, pacifisti ad oltranza e manichei immarcescibili? A ben guardare sono le membra sparse di coloro che avendo perduto ogni riferimento ideale e politico, pur avendo cambiato molte volte il nome della ditta partitica, si sono ricollegati tra loro per vie apolitiche e generaliste. In mancanza dei vecchi sostantivi ideologici, eccoli riaccreditarsi agli occhi della pubblica opinione con gli aggettivi qualificativi estranei al lessico politico. Certo confidano, costoro, nella memoria labile degli italiani, nella faziosità di taluni intellettuali, nel settarismo di taluni giornalisti ma sopratutto nel bailamme in cui la politica italiana, onusta di ignoranti, oggi si barcamena. Laddove c’è ipocrisia ed iperbole semantica si rivela anche il paradosso. E cosa altro può essere, se non un paradosso, l’ironia in bocca ad una coppia di comici russi che, non potendo beffeggiare i satrapi del Cremlino, tentano di beffare il primo ministro italiano con uno scherzo telefonico? E cosa altro possono essere, se non idiozie, se non paradossi tra specie culturali contigue ed ormai isolate dal nuovo contesto politico, la critica pensosa per la sicurezza nazionale dell’ex ministro Marco Minniti in uno con quella del più velenoso dei manichei come Marco Travaglio? Idioti sussiegosi e supponenti.

*già parlamentare

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