*Israele-Arabi: scontro di civiltà*

di Vincenzo D’Anna*

“Se non avrete detto cose che spiaceranno a qualcuno, non avrete mai detto la verità. Quest’ultima è come un coltello tutto lama: da qualsiasi parte lo afferri finirà per ferirti”. Queste le affermazioni di un grande pedagogo come don Lorenzo Milani sulla necessità di essere sempre sinceri e veritieri anche a rischio di ferire coloro che la verità preferiscono nasconderla oppure pensano di edulcorarla per quieto vivere. Una riflessione che ben si attaglia alla tragica vicenda inerente il sanguinoso scontro in atto tra i terroristi di Hamas e lo stato d’Israele sull’annosa e mai risolta questione palestinese. Volendo sorvolare sui motivi contingenti che hanno scatenato una nuova guerra intentata  contro lo stato ebraico, sui drammatici e sanguinosi eventi a cui ci è dato assistere in questi giorni di furia militare, c’è da riflettere, compiutamente, sulle cause prime e vere di una vicenda che da decenni insanguina il Medio Oriente con dirette ripercussioni sull’Europa e più in generale sulle democrazie occidentali. I fattori che concorrono a determinare l’inasprimento di questa situazione sono essenzialmente tre: la profonda differenza di concezione e di visione dello Stato esistente tra l’Islam e democrazie laiche occidentali, le divergenze insanabili tra la cultura, i principi religiosi e gli stili di vita che ne conseguono nelle due etnie , la spinta rivoluzionaria di stampo marxista- leninista che alimenta ideologicamente le frange terroristiche che allignano ed operano in Palestina ed in Libano contro il capitalismo economico a cui aggiungere la teocrazia ed il dispotismo che governa taluni Stati arabi , le mancanza di libertà ed i diritti civili consustanziali alle moderne democrazie. Sono praticamente questi i punti di divergenza e le motivazioni di base che alimentano lo scontro in quella parte del mondo. Israele come nazione costruita sul modello socio economico e politico occidentale finisce per rappresentare, in quell’area geografica, la sintesi di quello che sia l’Islam ultra ortodosso che le satrapie locali combattono come fosse un empietà. Insomma la stella di Davide finisce con l’essere un modello statuale, economico, sociale e religioso in antitesi sia con i principi religiosi dei musulmani intransigenti, sia per gli stili di vita, i diritti civili estranei alla para politica degli Stati Arabi. Questi ultimi prima preda delle violenze delle bande di Bin Laden e del sogno della guerra santa pan islamica, hanno sciupato anche tutte le opportunità storiche della “primavera araba”. Quel periodo nel quale erano stati rovesciati alcuni regimi dittatoriali, in Libia, Tunisia e Siria lasciando sperare in un trionfo dello Stato aconfessionale e democratico. A ben guardare esistono quindi tutti i presupposti che vanno oltre le contingenze specifiche della contesa territoriale tra Israeliani  e Palestinesi, sulla quale si soffermano i maggiori commentatori e buona parte della politica internazionale. Divergenze basilari, modelli culturali e sociali che rendono molto più ardua una soluzione, semplicistica, della questione palestinese, che nella  vulgata corrente è quella di garantire  due popoli e due stati in Terra Santa. Tuttavia accordi ed intese possono essere stabili e durevoli se esistono i presupposti a cominciare da regimi che garantiscano tolleranza  civica e libertà politica discendenti da uno Stato laico e democratico che le garantisca e le faccia rispettare. Sarà difficile conciliare società arcaiche e violente contro le società aperte, tolleranti ed emancipate dell’Occidente. Alzi la mano chi riesce ad individuarne uno solo in Medio Oriente, indicare uno Stato che abbia quelle caratteristiche configurazioni occidentali, nelle quali non la facciano da padrone i dettami del Corano e le monarchie familiari ed assolute ed i golpisti militari che si sono impossessati del potere per mano militare. Ma quel che oggi appare ancor più chiaro, almeno agli occhi di chi non insegue compromessi e convenienze geo politiche in quell’area, è che buona parte di quei modelli religiosi e politici, ormai ontologici per quei popoli e diffusi, trasmigrano in occidente con le migrazioni di massa verso il Vecchio Continente, finendo per condizionare le sempre più rarefatte società europee, demograficamente parlando, le esangui ed imbelli opinioni pubbliche occidentali. Se oggi le principali capitali europee sono percorse da pulsioni anti semite e da cortei di protesta, lo si deve a quelle masse di migranti ormai stabilizzare in quei luoghi. Ci di aggiunga il buon peso della crisi delle religioni in europa, un Papato che inneggia al socialismo paureristico, arrendevole quanto basta per aprire larghe falle nelle fila dei credenti, in nome di un ecumenismo votato alla promiscuità religiosa ed alla soccombenza, ed il quadro è definito. Tirando le somme di tutte queste evidenze si può apprezzare quanto mendace sia il disconoscimento, la negazione, di uno scontro tra culture, sia religiose che per modi di vivere e di intendere la laicità dello Stato democratico. La somma di tutto questo richiama ad un  futuro da venire, per quanto incipiente, un diverso umanesimo, estraneo alle conquiste civili religiose e politiche dell’Occidente legate alle sue radici cristiane. Chi demonizza il concetto di scontro tra civiltà, affermando che sia esiziale per la pace e la risoluzione della crisi medio orientale, è in errore, perché ci si rispetta nel riconoscimento delle diversità più che nella confusione delle identità.

*già parlamentare

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