*Gratteri a Napoli* Editoriale di Vincenzo D’Anna*

Un mese fa Nicola Gratteri si è insediato come nuovo procuratore di Napoli (dopo esserlo stato a Catanzaro). Magistrato specializzato nella lotta alle ‘ndrine, le famiglie delle cosche malavitose calabresi, consulente dei governi Letta e Renzi sul fenomeno criminale, Gratteri è stato più volte in procinto di essere “nominato” ministro della Giustizia dai rappresentanti dei governi di centrosinistra. Insomma: non proprio un carrierista, un passacarte, bensì uomo coraggioso che da circa trent’anni vive segregato e sotto scorta ma continua a praticare sul campo la professione. Tuttavia il nostro togato ha anche una vocazione a pontificare, a fare analisi sociologiche, a vestire i panni di pedagogo e dunque ad analizzare i fenomeni criminosi per poi sciorinare il proprio pensiero in innumerevoli interventi: l’antitesi della figura del magistrato che parla attraverso gli atti giudiziari, come si soleva dire nel tempo in cui i giudici non esorbitavano la loro funzione né il proprio ruolo. Chi lo ha sentito parlare, con una non comune dose di facondia verbale, si è potuto rendere conto che Gratteri spesso esorbita i confini della propria professione cimentandosi, sovente, in spettacolari conferenze stampa, con tanto di predicozzi morali, al termine di ogni azione giudiziaria compiuta con largo impiego di mezzi e di provvedimenti restrittivi. A dir poco storico il provvedimento assunto con la carcerazione di ben 100 indagati, con relativo “incontro fiume” con i media nel corso del quale, dando per certa la reità dei soggetti arrestati, Gratteri si è dilungato sugli aspetti costitutivi della società calabrese, sul familismo amorale ed il clientelismo che imperversa e sulle azioni socio politiche da mettere in campo per eradicare le basi morali e materiali della criminalità, endemica in quei luoghi. Insomma: nei ragionamenti dell’alto magistrato si è intravista l’impronta del “giudice etico”, ossia di quella fattispecie di magistrati che giudica più sulla base dei suoi lodevoli convincimenti morali e sociali che sulla scorta dei codici e delle leggi ed ancor di più dei fatti obiettivi e verificati. Fatti in grado di passare indenni le forche caudine del contraddittorio in sede di svolgimento della causa, innanzi ad un collegio di giudici terzi. Purtroppo per le sue inchieste spesso così non è stato, con clamorose e plurime assoluzioni degli indagati, e poche condanne. Per dirla fuor di metafora: molto battage pubblicitario, molte supposizioni ed analisi anche extra giudiziarie, ma pochissime conferme in sede dibattimentale. Al di là del rispetto che merita per la sua limpida e tenace dedizione alla lotta contro il malaffare, il procuratore Gratteri sembra avviato alle comparsate televisive, ai dibattiti ed all’opera divulgativa nelle scuole, assumendo, in tal modo, il ruolo di icona vivente del giudice eroico, di cui da molte parti si sente il bisogno. Per dirla papale papale: per quanto meritoria sia la sua opera complessiva, il togato pare avviato più alla carriera politica, ossia pubblica, che a determinare risultati concreti per quanto vaste e clamorose siano state le iniziative da lui intraprese. Purtroppo a far parlare sono ancora una volta i flop ottenuti dal magistrato durante i sette anni trascorsi alla guida della procura di Catanzaro, ove la corte d’appello ha confermato l’assoluzione per l’ex presidente del Consiglio regionale della Calabria, Domenico Tallini, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e scambio elettorale politico mafioso. Anche questo caso eclatante, così come accaduto con l’inchiesta “Farmabusiness”, condotta dalla Dda (guidata proprio da Gratteri), è finito in una bolla di sapone. Dicevamo di quell’inchiesta: la procura chiese e ottenne per Tallini l’applicazione degli arresti domiciliari, per il solito reato impalpabile e non regolamentato del concorso esterno. Arresti revocati dopo quindici giorni dal tribunale del Riesame per l’assenza di gravi indizi di colpevolezza e l’insussistenza di esigenze cautelare, per giungere, in seguito, alla definitiva sentenza di piena assoluzione in Cassazione. Insomma il procuratore Gratteri ama fare la faccia feroce ed usare le manette facili su larga scala ma per quanto profonda possa essere l’analisi sociale e la determinazione che pure gli è cara, pare ignorare le tematiche legate alle garanzie del giusto processo, in una nazione nella quale oltre ventimila cittadini patiscono la galera in attesa di giudizio. Eppure è ben strano che ad una mente arguta come la sua, che fa esegesi storiche del fenomeno criminale, sfugga la visione del baratro giuridico che crea un reato non presente nel codice penale, peraltro applicato con una discrezionalità assoluta che non lascia spazio alcuno all’analisi che riguarda la tutela delle libertà individuali. Insomma a Napoli è giunto un altro sceriffo, un castigamatti intemerato che si cimenterà in ancor più complessi ragionamenti sul fenomeno camorrista in una Procura, quella partenopea, già falcidiata dai molti abusi della pubblica accusa e delle carriere politiche che il clamore giudiziario ha favorito.

*già parlamentare

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