“CRIMINI & CRIMINALI: UN DELITTO AL GIORNO”.
*Rubrica a cura di Ferdinando Terlizzi* (*)
• Filippo Turetta è stato arrestato dalla polizia tedesca attorno alle 22 di sabato sera, ora si trova in un carcere in Sassonia. Era rimasto senza benzina e senza soldi. Non ha opposto resistenza
• Il cadavere di Giulia è stato trovato da un cane della Protezione civile in una scarpata sulle Prealpi pordenonesi. Sul collo e sulla testa, i segni di numerose coltellate
• Ieri sera a Vigonovo migliaia di persone hanno partecipato a una fiaccolata in ricordo di Giulia. I genitori di lui sono sconvolti. La sorella di lei si sfoga attaccandosi ai social, alla tivù e litiga con Salvini. «È colpa del patriarcato»
• Giorgia Meloni su Facebook promette una stretta sulla violenza contro le donne.
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• A Napoli un uomo di 81 anni, incensurato, solo e senza figli è stato trovato morto sul pavimento del suo appartamento, riverso faccia in giù, in una pozza di sangue
• In Aspromonte un sicario ha aspettato che la Peugeot di due medici, marito e moglie, passasse vicino al vecchio cimitero di un paese, e ha sparato alla donna. Si ignora il movente. Nessuno, nella zona, ricorda un altro caso di femmina ammazzata a colpi di lupara
• Alle 5 di sabato mattina una donna di 30 anni si è svegliata completamente nuda sul tavolino di un ristorante a Milano. Non riesce a ricordare come sia finita lì. I carabinieri l’hanno portata alla clinica Mangiagalli-
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Filippo Turetta, 22 anni, di Torreglia (sui Colli Euganei, quindici chilometri da Padova), studente di ingegneria biomedica all’università di Padova. Alto e magro, detto Tubo. Famiglia di ristoratori, il padre cuoco, la mamma casalinga, un ristorante che avevano venduto. Un giovane che tutti ricordano come buono e rispettoso, forse un po’ troppo serio, un po’ taciturno. Elementari e medie in paese, liceo scientifico ad Abano, già giocatore di pallavolo, molto appassionato di montagna e di motocross. Ancora innamorato della sua ex, Giulia Cecchettin, anche lei di anni 22, sua compagna di studi, che dopo un po’ di tira-e-molla, aveva deciso di lasciarlo definitivamente. Ultimamente era molto dimagrito. «Lui sperava sempre che ci ripensasse» racconta un suo compagno di liceo.
«Soffriva le pene d’amore. Ma chi non le soffre?» domanda il suo ex allenatore della Libertas Volley.
Due sabati fa si offrì di accompagnarla a prendere un paio di scarpe, le sarebbero servite per la cerimonia di laurea.
«Non uscire più con lui», le aveva detto la sorella Elena. «Mi dispiace lasciarlo solo, dice che la sua vita non ha più senso senza di me», aveva risposto lei.
Filippo la andò a prendere a casa con la Fiat Punto nera ereditata dal nonno. Alle otto di sera, i due mangiarono un panino al McDonald’s del centro commerciale di Nave De Vero, a Marghera. Nessuno sa cosa si siano detti. Sicuramente, lei voleva andare a frequentare la scuola di disegno di Reggio Emilia. Forse lui provò a convincerla a portarlo con sé.
Alle 23.15, i due arrivarono davanti a casa di lei a Vigonovo. La discussione si fece accesa. «Lasciami! Mi fai male!», la sentì urlare un vicino, affacciato alla finestra. Filippo riuscì a caricarla in macchina, guidò per pochi chilometri e infilò una strada deserta nella zona industriale di Fossò, fermandosi davanti allo stabilimento di Christian Dior.
Nella macchina, i due litigavano animatamente. In breve si passò alle mani. Filippo la colpì con uno schiaffo, forse con un pugno. Lei scese dall’auto, provò a scappare. Lui la raggiunse la prese per il cappuccio del giaccone, impugnò un coltello e la colpì con violenza. Giulia cadde a terra, sanguinante e esanime.
Lui si guardò attorno, la prese per i piedi, la trascinò fino al retro della Punto, aprì il portabagagli e trovò la forza per sollevarla e gettarcela dentro. Poi tornò al volante, ingranò la marcia e si diresse verso il lago di Barcis, specchio d’acqua artificiale nel cuore della Valcellina, sulle prealpi Pordenonesi, luogo che conosceva perché era andato a fare trekking da quelle parti.
Era notte fonda quando arrivò nella zona di Piancavallo. Accostò l’auto vicino a una scarpata. Prese il corpo e lo portò giù, percorrendo una ventina di metri dentro il bosco. Filippo depose quindi i resti della sua fidanzata, coprì il tutto con dei sacchi neri. Poi tornò in auto e partì verso la frontiera, determinato a far perdere le sue tracce (nella notte tra sabato 11 e domenica 12, nella zona industriale di Fossò, Venezia).
«“Quel bastardo l’ha copà come un animale”, dice la signora Antonietta, che pure esce dalla chiesa, facendo il gesto del coltello. “Merita la morte, perché ha dato la morte”, e se ne va»
[Brunella Giovara, Rep].
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Mario Palma, 81 anni, dipendente di un ospedale napoletano ormai in pensione, incensurato, solo e senza figli. Fu trovato morto sul pavimento del suo appartamento, faccia in giù, in una pozza di sangue. Il medico legale, spostato il cadavere, constatò segni di diverse coltellate, al volto e alla schiena (ieri pomeriggio, in via Mario Gigante, a Napoli, quartiere Fuorigrotta, a qualche centinaio di metri dallo stadio Maradona).
Una signora, vicina di casa del vecchio, aveva visto macchie di sangue davanti alla porta, si è allarmata e ha avvisato il fratello.
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Antonio Napoli, sessantasei anni, psichiatra, e la moglie Francesca Romeo, sessantasette, guardia medica, da tre decenni in servizio a Santa Cristina d’Aspromonte. Una coppia perbene, senza ombre, insieme fin dai tempi dell’Università di Messina. Un amore inossidabile. La vita dedicata alla professione. Sabato mattina lei aveva appena finito il turno di notte, lui era andato a prenderla in ambulatorio. Stavano tornando a Sant’Anna di Seminara, dove abitano, a bordo di una Peugeot. Ignoravano che, appostato dietro un muretto nelle campagne vicino al cimitero, un uomo li stava aspettando. Il sicario sapeva che i due sarebbero passati di lì, sapeva che lei sarebbe stata seduta al posto del passeggero. Attese che l’auto imboccasse una curva a gomito e rallentasse. Poi prese la lupara a palla unica che s’era portato appresso e sparò. Il proiettile colpì il lunotto, perforò il vetro senza mandarlo in frantumi, colpì al petto la dottoressa. Il marito, colpito al braccio destro da una scheggia, tentò di sottrarsi al fuoco, accelerò bruscamente, poi fermò l’auto cinquecento metri più avanti. Francesca Romeo è il quarto medico ucciso in Calabria negli ultimi tempi. Nessuno, nella zona, ricorda un altro caso di donna ammazzata a colpi di lupara (attorno alle 8 di sabato mattina, a Santa Cristina d’Aspromonte, Reggio Calabria).
(*) Ferdinando Terlizzi, “senatore” dei giornalisti casertani e decano dei cronisti giudiziari di “Terra di Lavoro”. E’ specializzato in cronaca giudiziaria, ha diretto radio, tv libere, agenzie di stampa, periodici e quotidiani. E’ stato cronista giudiziario, capo redattore, inviato speciale e direttore responsabile della nuova “Gazzetta di Caserta”. Ha collaborato con: “Il Roma”, “Napoli Notte”, “Paese Sera”, “Il Mattino”, ”Il Corriere del Mezzogiorno”, l’inserto a panino del “Corriere della Sera”. E’ cronista giudiziario di “Cronache di Caserta“ e “Cronache di Napoli“. E’ direttore responsabile dell’agenzia on line “Cronache”.
Ha pubblicato “Il delitto di un uomo normale” – Albatros 2009; “Il caso Tafuri” – Editalia 2016; “Le case chiuse”, Stampa Sud 2017; “Delitti in Bianco e Nero a Caserta” – Editalia 2017. “Vittime Assassini Processi” – Edizioni Eracle 2020 – “Sesso Voyeurismo Follia omicida” – Giuseppe Vozza Editore, 2022.
FONTE: