*Chiesa, un grande avvenire (dietro le spalle)*

di Vincenzo D’Anna*

Lucetta Scaraffia è una docente. Insegna Storia Contemporanea all’Università “La Sapienza” di Roma. Fino al marzo del 2019 ha curato “Donne Chiesa Mondo”, l’inserto mensile dell’Osservatore Romano, il quotidiano della Santa Sede. Insomma: stiamo parlando di un’autorevole ed attenta osservatrice delle cose che riguardano il Vaticano, una voce avveduta e sapiente di quel che accade “oltre Tevere”, in grado, pertanto, di poter esprimere opinioni assennate sulla conduzione del magistero ecclesiale di molti Pontefici. Ebbene, ha suscitato scalpore la critica che la prof ha rivolto a Jorge Mario Bergoglio, il gesuita che siede sul sacro soglio che fu di Pietro. In particolare la Scaraffia ha criticato il Papa per la “autoreferenzialità” e la “ambiguità” mostrate davanti alle guerre ed all’antisemitismo, oltre che per il suo essere tenacemente “anti-occidentale”. Insomma: una netta bocciatura per un Pontefice che finora ha fatto di tutto per non essere considerato tale, dopo aver sovvertito la dottrina sociale della Chiesa e dissipato il crisma della santità del Papa che appartiene al vicario di Cristo in terra, con comportamenti affini ad sempliciotto curato di campagna innanzi ai mass media. Per dirla con altre parole, Bargoglio è stato accusato di aver ridotto il vasto e complesso ruolo del Vescovo di Roma in una monotematica difesa della povertà con una pastorale basata su un ossessivo richiamo al pauperismo. Per farla breve, l’ex arcivescovo di Buenos Aires non avrebbe mai dismesso la tonaca e la mentalità di un qualsiasi gesuita missionario, pur essendo stato elevato ad un così alto soglio . In sintesi, Francesco non ha mai fatto tesoro del fatto che dovesse curare le anime di un miliardo di persone, di tutte le estrazioni sociali e condizioni economiche e non solo quelle abitanti nelle favelas, in un mondo che non è riducibile alle sole enclavi di povertà e di sottosviluppo, portandosi dietro una visione sociale “socialisteggiante” che è propria della teologia della liberazione, molto seguita in America Latina. Bergoglio ha peraltro allargato le maglie sull’osservanza dei precetti e ridimensionato l’importanza de i dogmi di fede come un optional. Tuttavia ha omesso, spesso e volentieri, di denunciare altre emarginazioni ed altre discriminazioni come, ad esempio, i silenzi sulle donne iraniane, sulla sorte degli armeni, sugli abusi sessuali dei preti, intento come era ad una visione anti capitalistica del mondo e della ricchezza, fino a giungere a dubitare finanche della giustezza morale della proprietà privata, infrangendo i dettami che Papa Pecci, alla fine dell’Ottocento, aveva incartato nell’enciclica Rerum Novarum. In quel documento Leone XIII spiegava che la proprietà privata era sacra come lo doveva essere il salario del lavoratore (la giusta mercede), perché il risparmio da questi ricavato si era trasformato in acquisto dei beni materiali e quindi di sua proprietà (la stessa mercede cambiata di segno). Per Jorge Mario invece la cancellazione della proprietà privata produce proprietà e beni collettivi che in quanto tali sarebbero eticamente più giusti rispetto a quelli privati. Un tale modo di pontificare ha fatto guadagnare a Francesco le simpatie di molti atei devoti, ossia quelli che esaltano il Papa e la Chiesa solo quando questa sposa taluni assonanti idee, continuando a restare fuori di essa. Francesco, si badi bene, culturalmente torna indietro di oltre un secolo ma al contempo sfrutta la moderna comunicazione di massa che gli procura le simpatie della gente semplice finendo col diventare, su questo piano, un “influencer”. Che l’autorevolezza della figura del Papa sia divenuta quasi nulla lo si può vedere dal fallimento della Diplomazia Vaticana nel conflitto Russo-Ucraino. Sono ben lontani i tempi in cui Giovanni XXIII fermà Russi ed Americani, finiti sull’orlo di un conflitto atomico. Quel grande Papa scrisse in seguito la magistrale enciclica “Pacem in Terris” che fu premiata con il premio Balzac. E che dire di Papa Giovanni Paolo II quale affrontò impavido il comunismo contribuendo a distruggerlo? Basterebbe questo per dedurre che la Chiesa ormai non conta più niente negli ambiti ove si decidono le sorti del mondo. Ma riesce a fare addirittura peggio come sta accadendo nel conflitto tra i terroristi di Hamas ed Israele: Francesco, infantile che continua con i suoi inutili appelli domenicali, riceve in Vaticano sia i familiari israeliani delle vittime dei terroristi, sia cittadini palestinesi, ossia di uno Stato che ha nel proprio governo rappresentanti di quel partito estremista, che poco o niente si cura dei civili, che strumentalizza le vittime, che stiva armi e munizioni sotto scuole e gli ospedali, che requisisce ed usa le ambulanze per spostare i propri capi. Fingendo di non saperlo il Papa equipara, metafisicamente, gli uni agli altri unendo aggrediti ed aggressori. La stessa ipocrisia che ebbe sul martirio dei cristiani caduti nel mirino nella jihad musulmana. Insomma con questo Papa la chiesa non ha altro che un grande avvenire. Sì, ma dietro le spalle.

*già parlamentare

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