*L’anno nuovo ed i venditori di almanacchi*

di Vincenzo D’Anna*

“La vita futura è attraente, perché ce la fingiamo lieta con l’immaginazione”. Finisce così il “Dialogo di un venditore d’almanacchi e di un passeggere” di Giacomo Leopardi, presente nelle Operette Morali. Una storia che si ripete da secoli, con i classici auguri di prosperità e di benessere che ci si scambia, puntualmente, in vista del nuovo anno. Dalla penna del grande poeta di Recanati nasce un “botta e risposta” tra un comune viandante ed un venditore il quale gli offre almanacchi e calendari e che, tanto per invogliarlo a comprare, si dice sicuro che l’anno che sta per entrare sarà senz’altro migliore di quello che sta per andarsene. Parliamoci chiaro: di questi tempi non compriamo più calendari che contengano oroscopi, previsioni e massime bene auguranti capaci di allietare, con propizie previsioni, i giorni a venire. Questa è l’era in cui il giorno, l’ora ed i secondi vengono scanditi da orologi precisissimi (e spesso pregiati) e da computer corredati di varie e vaste informazioni. Le previsioni meteorologiche ci arrivano con largo anticipo e si è arrivati finanche a precisare l’ora nella quale il tempo muterà, volgendo al peggio oppure al meglio. I moderni esorcismi, i vaticini, la mistica del prevedere il futuro, si celebrano con ben altri rituali: cenoni, feste da ballo, champagne e leccornie culinarie; oppure indossando lingerie di colore rosso, regalando corni e simboli apotropaici (in oro o in prezioso corallo). La sostanza tuttavia resta la stessa per tutti i comuni mortali: ciascuno tenta di indirizzare al bene il proprio incombente futuro e tutto inclina verso l’artificiosa creazione di uno stato d’animo allegro e rivolto ad auspicare rosee future previsioni di vita. Non è bastato il progresso tecnologico e merceologico, le tante altre opportunità e comodità offerte all’uomo del terzo millennio, per estinguere l’ancestrale timore del futuro, ossia che questi possa portarci nefaste conseguenze. Sono infatti ancora migliaia coloro i quali si affidano alla lettura degli astri, che consultano maghi e sensitivi, che stanno attenti a non compiere azioni “mala auguranti” come, ad esempio, passare sotto una scala, vedersi la strada attraversata da un gatto nero, oppure si affidano a rituali scaramantici come cospargere di sale gli ambienti e dotarsi di amuleti contro il malocchio. Insomma: timori e superstizioni non hanno ancora abbandonato l’umanità, quella che oggi esplora il cosmo, quella che manipola il codice genetico, quella che seleziona gli embrioni, quella che affida la propria esistenza all’intelligenza artificiale, quella che vive in una società digitale. Sissignore, abbiamo ancora bisogno di certezze, di almanacchi e delle previsioni ottimistiche di chi ce li propina, anche attraverso la pubblicità commerciale che ci invade perpetuamente. Come per l’uomo delle palafitte, la paura maggiore rimane quella della morte e subito dopo quella della povertà, dei cataclismi che oggi hanno il volto dello stravolgimento della natura, dell’ambiente, del clima e, ahinoi, anche delle guerre che insanguinano il mondo!! Tuttavia insieme alla voglia di vivere, ci assale anche la malinconia di un passato che ritorna alla mente, debitamente e fisiologicamente selettivo, verso le cose belle già vissute . Ci mancano, infatti, coloro che abbiamo perduto, gli affetti familiari, gli amici e, quel che è peggio, parte dell’idealità e della progettualità che sostanzialmente erano presenti in noi da giovani. Qualità, queste ultime, che si corroborano in coloro che di anni ne hanno ancora molti innanzi a sé, molto meno per quanti sono consapevoli di aver già vissuto il meglio e consumato quasi tutto il proprio tempo a disposizione. Insomma la tragedia della presa di coscienza sulla caducità dell’esistenza. Jean Paul Sartre, il padre dello esistenzialismo, scriveva che “la vita si scrive solo in bella copia”: è questo il dramma di cui prende coscienza chi ha già vissuto molto. I più giovani credono illusoriamente di poter recuperare opportunità, sentimenti, emozioni e traguardi personali più avanti negli anni, riscrivendo, in tal modo, nuovamente la propria vita. La disillusione sarà ancora più cocente in loro nel momento in cui scopriranno che non è’ possibile tornare indietro,peraltro frastornati dai rapidi cambiamenti delle mode, della scala dei valori esistenziali, dell’etica pubblica e degli stili di vita. D’altronde viviamo totalmente immersi in una società liquida e come tale fluida finanche nei generi sessuali, con il risultato, per le nuove leve, di correre il rischio di non avere né certezze nel presente ne’ punti di riferimento nel passato. Se un auspicio va fatto è che nasca un nuovo Umanesimo culturalmente e moralmente degno di quello passato, non schiavo di un mondo in mano alle potenza ed alla dipendenza delle macchine. In ogni caso tutte le stagioni della vita hanno il loro fascino, per chi la propria vita sa allargarla più che allungarla. Buon anno a tutti.

*già parlamentare

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