*Scuola & coltelli* di Vincenzo D’Anna*

Brutte notizie sulla scuola italiana: una docente è stata accoltellata da uno studente. È successo in provincia di Varese. Non è la prima volta che accade e si teme non sia nemmeno l’ultima, che la violenza entri a pieno titolo nel rapporto tra alunni e professori, il segno dei tempi e del fallimento di quel processo di democrazia che i cosiddetti “decreti delegati”introdussero nel mondo scolastico, che prevedeva il riconoscimento del principio di collegialità e di partecipazione degli alunni e delle loro famiglie nel processo di istruzione e di educazione. Un processo teoricamente ispirato a quella forma demagogica di allargamento delle responsabilità che  prima della riforma, era di esclusiva gestione di presidi ed insegnanti. La riforma aveva voluto coinvolgere anche gli scolari ed nuclei familiari nelle decisioni e nei percorsi educative e culturali dedicati alla crescita dei ragazzi. Un esercizio di democrazia imperniato attorno alle assemblee degli studenti, alla riduzione delle distanze tra cattedre e banchi, tra l’istituzione scolastica e le famiglie, perché queste ultime faccessero fronte comune con l’istituzione didattica.Tuttavia così non è stato e la confidenza, anzi, è diventata mala creanza. Risultato: le cattedre si sono abbassate di pari passo con il rispetto dovuto ai docenti ed alla scuola stessa, con le famiglie schierate ad oltranza a sostegno dei bamboccioni e degli asini. Le stesse assemblee sono diventate un mero pretesto per organizzare le immancabili e pretestuose occupazioni degli istituti così come ininfluente, se non inutile, si è rivelata la rappresentanza dei genitori nei consigli di classe. Consigli nei quali i rappresentanti degli studenti e dei loro genitori hanno svolto il ruolo di difesa delle rivendicazioni dei propri pargoli e l’invito ai docenti a mostrare  benevolenza nei giudizi di valutazione. La pressione verbale in molti casi si è tramutata in vera e propria minaccia con i discenti che, sentendosi protetti dai genitori, sono spesso passati alle vie di fatto. Insomma è venuto   meno il rispetto per il ruolo e l’immagine dei docenti e la serena valutazione di questi ultimi è stata travolta dalle pretese delle famiglie e dall’arroganza stessa dei ragazzi. Molti i prof che, rispetto a questo stato di cose, hanno preferito battere in ritirata per conservare uno stato di quieto vivere adeguandosi, così, allo stato dell’arte. La scuola dell’accoglienza e della parificazione sociale, che aveva già messo in un angolo la didattica e la valutazione dei saperi, si è trasformata in ben altro: un ammortizzatore sociale per laureati disoccupati, un comodo lavoro di appena ventotto ore settimanali meglio se sotto casa oppure nei paraggi!! Migliaia i docenti assunti per anzianità e punteggio nonostante molti tra questi fossero stati bocciati nei vari concorsi a cattedra via via banditi. Come potranno esercitare, costoro, la funzione di valutazione del merito se hanno avuto il posto per la benevolenza del legislatore e le camarille sindacali senza, dunque, poter vantare alcun merito e capacità? Come potranno questi docenti chiedere rispetto e decoro a chi preme su di loro violentemente per poter essere promosso e fare il proprio comodo nel corso dell’anno scolastico? Parliamoci chiaro: siamo un popolo pronto a recitare il ruolo di integerrimo moralista, che pretende dai politici trasparenza e correttezza, che invoca pene sempre maggiori per i corrotti ma che poi, nel proprio piccolo, agisce per ottenere un pezzo di carta qualunque e comunque esso sia, da una scuola sempre più alla deriva. Il famoso “diploma” che trasforma gli asini in pretendenti di un posto di lavoro, che invocano dallo Stato aiuti e decorosa sistemazione. Insomma: un cane che si morde la coda. Allora perché scandalizzarsi se spuntano i coltelli? Sui libri di Storia, quella materia ormai accantonata, si legge del crollo dei grandi imperi a causa della decadenza dei costumi. Un’espressione forse incomprensibile per molti teenager. Ebbene, la decadenza dei costumi altro non è che la scomparsa dei valori morali e materiali distintivi di una società sana e meritocratica, istruita, onesta e laboriosa. Tutte qualità che  una volta si coltivavano a scuola e in  famiglia, istituzioni che forgiavano e preparavano le nuove generazioni ad occupare i gangli degli apparati pubblici e della società civile. Quando tutto questo è venuto meno per ignavia, insipienza, calcolo ed interesse politico – sindacale ecco che è subentrata quella decadenza che ha finito col travolgere, come una valanga, tutta la società senza esclusioni di ambiti ed eccezioni di sorta. Come uscirne? Recuperando la scuola dell’istruzione, la famiglia della responsabilità, la cittadinanza consapevole e partecipe, la scala dei valori e della morale che non tramonta. Non vi sono scorciatoie e chi le indica è un demagogo ignorante e pericoloso. Molto pericoloso, proprio come la lama di quel coltello.

*già parlamentare