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*Un tiranno alle porte dell’Europa*
di Vincenzo D’Anna*
Aleksej Navalnyj è morto in un gulag siberiano ove l’aveva confinato il regime di Vladimir Putin, per bloccare l’azione politica che il blogger ed attivista portava avanti, in nome dell’instaurazione, in Russia, di un modello di Stato costruito su una vera democrazia. Quali le cause delle morte, al momento, non è dato sapere ma le ipotesi da supporre non vanno lontane da una detenzione fatta di stenti e vessazioni, senza dimenticare che Navalnyj era già stato vittima di un avvelenamento, il piatto tipico propinato dal Cremlino ai dissidenti. Il satrapo che governa a Mosca ha eliminato, infatti, tanti altri avversari: politici, capi militari, giornalisti, commentatori, oligarchi e miliardari ritenuti non più in linea con la sua politica aggressiva. Una lunga catena di omicidi che ha decimato gli oppositori di Putin e tutti coloro i quali avevano osato manifestare perplessità ed ostilità verso elezioni manipolate, stampa controllata, regime carcerario, tribunali politicizzati, Parlamento asservito, oltre che l’annessione, per via militare, della Crimea e del Donbas, regioni ucraine. Una guerra, quest’ultima, costata finora oltre trecentomila morti tra le fila dell’esercito russo, oltre a quelle dei coraggiosi difensori di Kiev, costellata peraltro di crimini: fosse comuni, stupri, torture e violenze ai danni della popolazione civile. Danni incalcolabili anche per tutte le strutture di varie città (asili, scuole, ospedali) provocati col dichiarato e deliberato intento di affamare la popolazione privandola dei beni primari. L’apice di questa barbarie lo si è toccato con la deportazione di centinaia di bambini ucraini in Russia. Insomma: l’elenco completo delle atrocità che un dittatore utilizza per soffocare gli aneliti di libertà e soddisfare un desiderio di potenza per riportare la nazione dentro il ristretto consesso dei potenti del mondo. In nome della lotta al fascismo individuato nel governo ucraino, sono state adottate tutte le forme di violenza del nazismo e dello Stalinismo. Tuttavia quest’ultimo almeno godeva di una stretta rete di controllo delle informazioni all’interno dell’URSS: purghe del terrore per chiunque dissentisse, fucilazioni di massa. Tutte tenute rigorosamente nascoste al mondo libero. Questo, oggi, con i moderni mezzi digitali e la loro capillare diffusione, non è piu possibile. Tali nefandezze non possono più essere sotterrate sotto la coltre dell’ortodossia comunista ed ecco allora che le notizie sulle violenze putiniane si diffondono ai quattro venti. Ne consegue che per quanto mendace sia la stampa russa e strette le cinghie del regime, niente resta sconosciuto e l’indignazione aumenta ovunque. Finanche un intellettuale di parte pro Putin come il prof. Alessandro Orsini credo si trovi in difficoltà innanzi all’omicidio di Navalnyj e con lui tutto quel gruppo di politici ed intellettuali di sinistra che invocano la pace mediante la resa dell’Ucraina. Tuttavia la sottovalutazione dell’estrema pericolosità del regime di Putin per le democrazie europee e per gli ex paesi satelliti di Mosca, è ancora presente nelle cancellerie europee. Un errore grossolano come quello commesso dall’inglese Neville Chamberlain e dal francese Eduard Deladier i quali, nel 1938, scesero a patti con Hitler, dopo che questi si era già annesso l’Austria, autorizzandolo a procedere all’annessione delle parti di Cecoslovacchia (i Sudeti) abitate in prevalenza da popolazioni di lingua tedesca. Un atto di fiducia per scongiurare la guerra, che si rivelò inutile e dannoso perché la Germania, di lì a poco, occupò l’intera Cecoslovacchia dopo essersi spartita anche la Polonia alleandosi con Stalin (patto Ribbentrop-Molotov). La storia è maestra di vita ed innanzi alla megalomania del potere, alla violenza ed alla guerra a nulla serve la tolleranza e l’apertura di credito al dittatore. Se ne facciano una ragione i pacifisti di ogni colore, quelli in buona fede ed i vecchi arnesi della sinistra che ancora aspettano il trionfo del marxismo. Rinsaviscano anche i senatori repubblicani degli Usa che bloccano l’invio di armi e danaro agli Ucraini. Il destino non voglia che uno sprovveduto qualunquista come Donald Trump assurga di nuovo alla carica di presidente degli Stati Uniti d’America. Anche allora, alla vigilia della seconda guerra mondiale, il presidente Franklin Delano Roosevelt commise l’errore di sottovalutare i guerrafondai di Berlino ed i loro alleati giapponesi, salvo poi risvegliarsi dopo l’attacco nipponico a Pearl Harbor. Pensare ad un simile scenario è forse troppo allarmistico? Non credo. La politica dei governi ha le sue regole se questi sono nelle mani di dittatori. Putin è una minaccia alle porte dell’Europa. Lo è la sua ambizione senza scrupoli e senza limiti. L’Europa è ancora in fasce, indebolita nel carattere dei suoi abitanti che vivono negli agi, priva di reale coesione politica e senza un esercito comune. Sarà bene che i nostri governanti stiano in allerta e sopratutto uniti.
*già parlamentare