Gli studenti, e non solo, protestano a favore dei Palestinesi. È un loro diritto, anche se ho qualche dubbio che conoscano in realtà ciò che sta accadendo.
La tragedia palestinese è troppo nota e troppo complessa per affrontarla con qualche schiamazzo e qualche bandiera palestinese.
Cosa vorrebbero gli studenti, o chi per loro? Fare la guerra a Israele? Riconoscere uno Stato palestinese che nessuno vuole riconoscere? Schierarsi contro gli Stati Uniti? Cambiare il governo italiano? Però, protestano, come in tutta Europa.
Israele, grazie alla politica dissennata di Netanyahu, è ai margini del consenso internazionale, sorretta solo dagli Stati Uniti, in verità piuttosto recalcitranti, che si trovano coinvolti in un conflitto da cui dissentono e che non hanno mai voluto.
In queste condizioni, la protesta ha limitate possibilità di essere ascoltata. È un sintomo, però, del malessere che l’avventura israeliana ha provocato in tutto l’Occidente. Israele ha ragione fino a un certo punto. Adesso, però, qui non si tratta più di diritto e di ragione. Qui si uccide indiscriminatamente. Si spara sul mucchio. Tanto sono Palestinesi e io sono il più forte.
Il massacro continua sui resti di quella che fu la Striscia di Gaza. La questione degli ostaggi alimenta i tentativi di dialogo e di mediazione per un cessate il fuoco, magari provvisorio. Nel frattempo, gran parte degli ostaggi è morta. Sono diventati un simbolo della ferocia reciproca.
La iattanza di Hamas che detta condizioni: centinaia prigionieri palestinesi per ogni ostaggio nelle loro mani, fa sorridere. Non hanno capito niente. Gli ostaggi sono perduti e non c’è capacità di negoziare con un ricatto. A fronte dei 2.000 israeliani morti in questo conflitto e dei più che 30.000 palestinesi uccisi, la vita di 100 ostaggi non vale un centesimo. È solo una questione di principio sulla quale né Hamas né Netanyahu possono perdere la faccia. Che ne pensano i nostri studenti? Si può davvero morire per una questione di principio?
I nostri studenti, però, hanno ragione. Israele non può sterminare il popolo palestinese. Hanno vendicato i loro morti, ma adesso basta. Stanno passando dalla parte del torto. Non a caso la gente comune è a favore dei Palestinesi.
La questione vera, purtroppo, è l’impotenza diffusa nella quale il conflitto arabo-israeliano ha gettato il mondo. Almeno apparentemente, nessuno vuole una guerra generalizzata in questa delicata parte del pianeta. Non la vogliono gli Stati Uniti, protettori loro malgrado d’Israele. Non la vuole la Russia, impegnata in Ucraina e troppo lontana. Non la vogliono né l’Arabia Saudita né l’Egitto, le grandi potenze arabe senza le quali non si fa nulla. Non la vuole certamente la Cina, i cui traffici sono fortemente insidiati dai bombardamenti houti nel mar Rosso.
L’unico che, a parole, vuole la guerra, è l’Iran, ma si guarda bene dall’intervenire. Manda avanti i suoi utili idioti in Libano, gli hezbollah, per punzecchiare le frontiere settentrionali di Israele. Se volesse davvero costringere Israele alla guerra, potrebbe scatenare i 100.000 hezbollah in un attacco terrestre, mettendo in difficoltà l’esercito israeliano, già impegnato a Gaza e in Cisgiordania. Ma non lo fa. Teme la risposta nucleare di Tel Aviv, giustamente, e non rischia neppure di perdere la presa sul Paese dei cedri, una volta che i carri armati e l’aviazione israeliani avessero spazzato via i seguaci del regime di preti di Teheran.
È una farsa tragica, ma solo una farsa. Pericolosa però, perché c’è sempre la possibilità che un matto, in queste situazioni, prema un bottone fatale.
A Netanyahu non basta ciò che sta facendo a Gaza. Vuole incrementare gli insediamenti ebraici in Cisgiordania. L’imperialismo gli ha preso la mano. Quanto durerà? Davvero Israele non deve mai avere pace ed essere il Paese più odiato al mondo? Nuovi insediamenti armati e protetti dall’esercito, in Cisgiordania, creeranno altre inevitabili tensioni. Vuole fare un colpo di mano maestro: distruggere Gaza e impadronirsi della Cisgiordania. Il Grande Israele si erigerà sopra una montagna di cadaveri a dispetto del mondo. Non è una prospettiva esaltante.
Torniamo agli studenti. Tutto ciò è lontano da queste manifestazioni. Manganelli per reprimere? Da quando si usano per contrastare le opinioni altrui? Forse sono proprio inutili, sempre che la protesta non spacchi le vetrine, non bruci le automobili e non consenta furti nei negozi, tutte attività che poco o nulla hanno a che fare con il massacro della popolazione di Gaza.
Alla protesta degli agricoltori nessuno si è sognato di fare opposizione. Perché, invece, la si è fatta contro gli studenti? Erano più pericolosi? Non dimentichiamo che la polizia è fatta da uomini che, smessa la divisa, sono come tutti gli altri e i giovani vanno in discoteca o al fast food assieme a quelli che hanno picchiato. Lo diceva già Pasolini, ai tempi del terrorismo, tanti anni fa.
In clima di crescente radicalizzazione della lotta politica in vista delle elezioni, queste operazioni di polizia, che dovrebbero essere solo di contenimento, danno invece esca solo all’opposizione che accusa il governo di repressione, magari di fascismo tardivo. Il livello dello scontro sale dalle piazze al Parlamento. Non abbiamo bisogno di altre tensioni politiche originate da guerre altrui. Ci bastano già quelle che abbiamo.
Non ho visto cortei che manifestavano in difesa del massacro degli Ebrei fatto dai Palestinesi, all’inizio del conflitto. Gli Israeliani non muovono a pietà come gli Arabi. Sono troppo ricchi, troppo efficienti, quasi democratici e, soprattutto, sono amici degli Stati Uniti. Questo è insopportabile, perché il vero, vecchio avversario sono gli Stati Uniti. Troppo arroganti, troppo forti, troppo presenti. Insopportabili e perdenti. E poi, sono nemici della Russia, da sempre, e della Russia di Putin in particolare.
Che Putin sia un dittatore fascista della peggiore specie e non un illuminato signore che vuole rimodellare il mondo ad uso e consumo della Grande Russia, questo è solo secondario. Se è contro gli Stati Uniti va benissimo, come un eroe da fumetti.
Poi, i nostri studenti, parlano inglese, masticano gomme americane, vestono all’americana, guardano i film d’oltre atlantico, cantano canzonette e ballano a ritmi americani, frequentano i fast food e i Mac Donald si sprecano, ma che volete, questa è la vita, con le sue contraddizioni.
C’è poco da prendere, in effetti, dalla Russia di oggi. Ci si può solo arruolare nell’esercito, l’unica attività economica vera del Paese. Avanti! Forse vincerà Trump alle elezioni e l’Europa dovrà darsi una mossa. Forse l’Ucraina è perduta e la Trasnistria sarà la prossima ad essere liberata da Putin.
Il futuro non sorride a nessuno. Siamo tutti impotenti, nonostante i vertici, i grandi incontri, le alleanze consolidate. Non basterà Sanremo a salvarci e tantomeno i manganelli.