lunedì, 25 Novembre 2024
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Prossima udienza il 3 aprile, Tribunale di Santa Maria Capua Vetere / si attendono novità importanti, in aula di Francesco Schiavone –

Casal di Principe. Potrebbe arrivare in uno degli ultimi e più importanti processi sui colletti bianchi del clan, quello ai funzionari di Rete Ferroviaria Italiana per gli appalti a ditte ritenute colluse in cambio di soldi e regali, l’esordio da pentito in aula di Francesco Schiavone detto “Sandokan”.

Il boss non è imputato ma la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli potrebbe chiamarlo a testimoniare contro colui che viene considerato il suo storico prestanome, il 70enne Nicola Schiavone (i due non sono parenti), che figura tra gli imputati per associazione camorristica nel processo partito nel dicembre scorso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Prossima udienza il 3 aprile, quando ci si attendono novità importanti, come il deposito delle prime dichiarazioni di Sandokan, che già potrebbero rivelarsi decisive per incastrare Nicola Schiavone, uscito sempre indenne negli anni dalle tante accuse di collusione con il clan, e forse anche per individuare la “cassaforte” dei Casalesi.

Il 70enne Nicola Schiavone è amico storico di Sandokan, di cui ha battezzato il primogenito Nicola, ed è ritenuto dalla Dda un classico esponente di quell’area grigia di cui i Casalesi hanno sempre beneficiato. Legami mai assurti però, per i giudici, a forme di collusione camorristica: il 70enne non ha mai riportato condanne, anzi nel maxi-processo ai Casalesi noto come Spartacus fu assolto mentre il fratello Vincenzo condannato a due anni, ed è inoltre uscito indenne da altre accuse di associazione camorristica.

Dal 1995 al 2007 sono state inoltre tutte rigettate dai tribunali le proposte di applicazione di misure di prevenzione personali e patrimoniali avanzate nei suoi confronti per i rapporti con i Casalesi. Di lui parlò, intercettata, anche la moglie di Sandokan, Giuseppina Nappa, secondo cui la fortune del 70enne sarebbero frutto proprio del lungo legame di amicizia con il marito: “Ha usato il lievito madre di Sandokan” le parole della Nappa. Anche il procedimento per gli appalti Rfi, sebbene il quadro accusatorio della Dda di Napoli sia molto grave per Nicola Schiavone, ha conosciuto più battute d’arresto per la Procura che conferme dell’ipotesi d’accusa: in sede di indagini preliminari il tribunale del Riesame di Napoli e la Cassazione hanno escluso per Nicola Schiavone i gravi indizi in ordine al reato di associazione camorristica contestata dalla Dda, mentre lo scorso 15 giugno il giudice per l’udienza preliminare di Napoli Linda Comella ha prosciolto il 70enne Schiavone, insieme alla moglie, ai tre figli e ad altre tre persone, dall’accusa di riciclaggio e intestazione fittizia di beni, smontando così un primo fondamentale tassello dell’inchiesta anticamorra.

Per il gup tra il colletto bianco, definito consulente, e il capoclan, non vi sarebbe stato negli anni “alcun rapporto di natura economico-criminale, ma un legame determinato da ragioni di sola riconoscenza in virtù dell’aiuto che Nicola Schiavone e il fratello Vincenzo avevano ricevuto negli anni ’70, quando Francesco Schiavone passò loro le sue aziende”. Per altri 9 imputati che hanno scelto l’abbreviato, tra cui l’esponente apicale del clan Dante Apicella e alcuni funzionari di Rfi, si è arrivati nei mesi scorsi ad una condanna, mentre resta in sospeso il destino di Nicola Schiavone. Sandokan potrebbe ora cambiare radicalmente gli scenari del processo.