CAMORRA CASERTANA: SPARTACUS DEGLI ANNI ’20 CON NOVEMILA ARRESTI di Ferdinando Terlizzi

 

 

Una retata di camorra del 1923 con oltre 9000 arresti – L’ordine di Mussolini: “Distruggete la camorra col ferro e col fuoco”.

LE GESTA DI UN COLONNELLO DEI CARABINIERI DEL COMANDO DI CASERTA INVIATO DA MUSSOLINI PER DEBELLARE LA CAMORRA DEI MAZZONI – LE VICENDE DELL’EPOCA RIEVOCATE IN UN LIBRO SCRITTO DAL FIGLIO DEL COLONNELLO ANCESCHI. LA PREFAZIONE DEL COMANDANTE GENERALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI GUIDO BELLINI

E’ Mussolini che parla, nel suo discorso del maggio del 1927, presentando la missione del colonnello dei Reali Carabinieri Vincenzo Anceschi, incaricato di debellare la camorra dei Mazzoni.
“I Mazzoni sono una plaga che sta tra la provincia di Roma e di Napoli e Caserta; terreno favoloso, stepposo, malarico abitato da una popolazione che, fin dal tempo dei Romani aveva una pessima reputazione, ed era chiamata popolazione di “latrones”. Vi do un’idea della delinquenza di questa plaga: nei 3 anni che vanno dal 1922 al 1926 furono commessi i seguenti delitti principali, trascurando i minori: oltraggio alla Forza pubblica 171, incendi 318, omicidi 169, lesioni 918, furti e rapine 1082, danneggiamenti 44. Questa è una parte di quella piaga. Veniamo all’altra, quella dello Aversano: oltraggi 81, incendi 161. omicidi 194, lesioni 410, furti e rapine 702 danneggiamenti 193. Ho mandato un maggiore dei carabinieri con questa consegna: liberatemi da questa delinquenza col ferro e col fuoco! Questo maggiore ci si è messo sul serio. Difatti, dal dicembre ad oggi sono stati arrestati per delitti consumati e per misure preventive nella zona dei Mazzoni 1699 affiliati alla malavita e nella zona di Aversa, 1268. I Podestà di quella regione sono esultanti, i combattenti di quella regione altrettanto, ho qui un plico di telegrammi, di lettere, di ordini del giorno; documenti con i quali la parte sana di quella popolazione ringrazia l’Autorità del Regime fascista per l’opera necessaria d’igiene che sarà continuata sino alla fine”.

Queste ed altre notizie dell’epoca sono riportate in un interessante libro (“I carabinieri Reali contro la Camorra” – Edizioni Laurus Robuffo – Euro 25 ) scritto dal colonnello dei carabinieri Enzo Anceschi figlio del colonnello Vincenzo che ebbe incarico da Mussolini di debellare la camorra. Il libro reca una pregevole prefazione del comandante generale dell’arma Generale di C.A. Guido Bellini.

La prefazione del Generale Bellini

“Fin in dalla sua istituzione – ha scritto il generale Bellini nella sua prefazione – “avvenuta nel lontano 13 luglio 1814, l’Arma dei. (carabinieri è sempre stata in prima linea nella lotta alla criminalità in tutte le sue forme, in tulle le sue estrinsecazioni. Accanto ai molteplici impegni, fronteggiati dall’Arma con grande abnegazione in pace ed in guerra, il contrasto alla criminalità menta certamente un posto di rilievo; si e trattato di un impegno continuo e totale, una lotta senza quartiere, combattuta talvolta in condizioni particolarmente difficili, che puntava e continuerà a puntare all’affermazione dei valori fondati dalla società civile. Sì tratta di una lotta per tutelare la sicurezza pubblica e privata, per garantire l’osservanza delle leggi e quindi per difendere la libertà di tutti. In un periodo travagliato della storia italiana, mentre la criminalità organizzata imperversa, soprattutto nelle regioni meridionali, l’allora maggiore Vincenzo Anceschi, comandante della Divisione di Caserta (attuale Comando Provinciale di Caserta ) fa la sua parte negli anni 1926-27, perseguendo con inflessibile determinazione, non disgiunta dal tradizionale buon senso e dall’umanità, propria dei Carabinieri, le bande camorriste che spadroneggiavano nella cosiddetta terra dei “Mazzoni” quella parte della Campania che si estende nel Casertano, da Casal di Principe a Capua sino ad oltre la foce del Garigliano. Il successo è pieno ed il brillante ufficiale riceve ampi riconoscimenti dagli organi istituzionali dell’epoca”.
“In questo volume – prosegue il generale Bellini – Enzo Anceschi, figlio di Vincenzo di cui ha seguito il cammino nell’Arma sino al grado di Generale, non rievoca soltanto le benemerente del padre, ma, atraverso traverso la riproduzione di documenti originali (rapporti, articoli di stampa ) che corredano l’opera, propone uno spaccato socio-politico di quel periodo, del costume e della mentalità del mondo contadino, anche attraverso lo stile un po’ enfatico e rifinito del linguaggio coevo”.

Sradicata la camorra dei Mazzoni ( 1927)

“La camorra – è scritto nel volumetto – “era un’associazione segreta, napoletana di malfattori, che, con le prepotenze e le intimidazioni s’imponeva abitualmente ai deboli ed ai viziosi, ponendoli a contributo. Sorta in Ispagna, forse nel secolo XVI, col vicereame venne ad infestare anche Napoli; poi le sue Province. Sortita con i liberati dalle carceri ( ove per primo aveva attecchito, taglieggiava i detenuti ), intensificò al di fuori la sua attività. E dal 1830, avendo trovato terreno sempre più fertile nella servitù, nella ignoranza e nei vizi del popolo, e soprattutto nell’egoismo e nella disonesta
dei governanti, si sparse e penetrò dovunque, sovra ponendosi, spesso, ai poteri pubblici; che la tolleravano non solo, ma la ponevano anche a profitto dei loro pravi fini di governo. Più tardi rese, peraltro qualche servigio alla causa del Risorgimento. Raggiuntasi l’unità nazionale, il ministro Silvio Spaventa (che nella prigionia politica l’aveva conosciuta) iniziò contro la pericolosa sètta, una lotta dura, e spesso senza quartiere, che dovette prolungarsi fino a poco prima della grande guerra. Si riuscì a sradicarla. Il risanamento morale, politico, sociale ed igienico dei tempi odierni assicurano che non potrà più risorgere.
Qualunque eventualità ai riguardo incontrerebbe, ogni modo, prevenzione e repressione, severissime nelle norme, di polizia e penali, che sono state appositamente varate”.

La 3° Guerra alla Camorra (2008)

Purtroppo le belle parole sono rimaste tali. Nonostante la lotta “a ferro e fuoco” e “senza quartiere” scatenata prima dai Reali Carabinieri e oggi dalla DdA, la camorra non è stata sradicata, e mai come in questo periodo, è più viva che mai nella società cosiddetta civile, negli apparati politici, nelle carceri e nei Tribunali.
Ma la speranza di debellarla definitivamente non è perduta. La Legge Rognoni-La Torre e la legislazione premiale per i pentiti hanno inferto un durissimo colpo alle cosche mafiose. I capi storici – oggi – 2008 – o sono all’ergastolo col 41 bis o sono pentiti. Ai cani sciolti resta un margine di azione ristretto e le serrate indagini ( da parte di polizia e carabinieri ) che sono in corso, fanno sperare, a breve, in una vera e propria vittoria della Giustizia in quella che potremmo definire ( parafrasando il libro di Giuseppe Garofalo: La seconda guerra alla camorra ) la terza guerra alla camorra.

Ma ritorniamo all’autore del libro il quale – con una serie di documenti dell’epoca e con un’accurata ricostruzione storica – ( addirittura un lungo elenco – scritto di pugno dal colonnello Vincenzo Anceschi – beato lui che aveva una calligrafia bellissima – ) riporta una sintesi dei primi processi alle cosche camorristica alle quali veniva contestata ( per la prima volta ) l’associazione a delinquere.

Il primo maxi processo della storia: uno Spartacus degli anni Venti. Assegnato alla Corte di Assise di Potenza per legittima suspicione

Il Tribunale di S. Maria C.V. all’epoca – negli anni Venti – aveva una giurisdizione che arrivava fino a Nola e oltre. Ecco alcuni interessantissimi appunti. Ufficio Istruzione della Regia Procura n° 1210/1926 – Imputati Nicola Mancano ed altri 8 per associazione a delinquere, violenza privata estorsione e danneggiamenti avvenuti in Gallo di Comiziano ( mandamento di Cicciano ) nel 1926 e precedentemente. Gli imputati, con ogni sorta di prepotenza e soprusi, erano riusciti ad imporsi ai proprietari del luogo obbligandoli ad illecite preferenze sul fitto delle terre e delle case. Chi osava resistere era fatto segno a gravi rappresaglie. Gli imputati furono quasi tutti condannati con sentenza del 12 aprile 1927 dal Tribunale di S. Maria C.V. – Pende appello alla Corte di Appello di Napoli. Il processo fu istruito dal giudice istruttore Cav. Giuseppe Buonoconto e dal Sostituto Procuratore del Re Cav. Luigi Ricciardelli.
Il primo maxi processo della storia contro la camorra dei Mazzoni, uno “Spartacus” d’altri tempi!. E’ il 1926 e Il generale Anceschi annata: “ Luigi Iovino ed altro 90 personaggi formano una pericolosa banda che è stata sgominata il cui processo è in istruttoria presso il Tribunale di S. Maria C.V. I reato contestati a 91 imputati vanno dall’associazione a delinquere ai furti qualificati, dalle rapine a mano armata a ai tentati omicidi a scopo di furto dal 1918 al 1926. Gli associati operavano su vasta zona che comprendeva i comuni di Aversa, Trentola, Ducenta, Casasluce, Frignamo Maggiore, Casal di Principe, S. Cipriano d’Aversa, Villa Literno e parte del territorio di Giugliano. Il centro di gravità dell’associazione era S.Cipriano d’Aversa, dove risiedevano i due capi: Luigi Iovino e Luca Pagano e dove affluiva tutta la refurtiva costituita da cavalli, asini e maiali. Il sistema dei ladri era quello di costringere, dopo del furto, gli stessi derubati a riscattare i loro animali mercè pagamento di una somma stabilita dai capi, con obbligo però di occultare tutto all’autorità pena la vita. Gli imputati, pur essendo stati difesi da numerosi e valenti avvocati sono stati tutti rinviati a giudizio della Corte di Assise ed il processo per legittima suspicione è stato assegnato alla Corte di Assise di Potenza”.
“ Questo processo – annota ancora il generale Anceschi – “il più importante di tutti per il numero degli imputati (91) e per il numero e la gravità dei delitti fu istruito dal giudice istruttore Cav. Giacomo Barresi e dal Procuratore del Re Comm. Giacinto Palopoli”.

Corso e ricorso della storia. Al valorosissimo generale Anceschi non era ancora noto il fatto che le estorsioni con il riscatto dei beni saranno poi chiamate – ai giorni nostri – “cavalli di ritorno”. Come neppure era noto il fatto che dopo circa 80 anni, in un processo denominato Spartacus, sarebbe stata invocata la “legittima suspicione” dagli avvocati difensori, che però sarebbe stato rigettata, a differenza di quella del 1926 accolta ed assegnata alla Corte di Assise di Potenza.

Caserta – Repressione della delinquenza – 1° maggio 1928

Il colonnello Anceschi, evidentemente dovette essere affascinato dal capitano dei carabinieri Carlo Fabroni ( protagonista della retata del 1906 che portò all’erresto di molti camorristi accusati anche del duplice omicidio di Gennaro Cuocolo e della moglie Maria Cutinelli ) perché al termine del suo rapporto propose di far trasferire tutti gli agenti della polizia perchè evidentemente erano ritenuti ( oggi così si dice ) in “contiguità” con la camorra dell’epoca. Infatti Fabroni chiese addirittura l’arresto per il Questore dell’epoca e tutti i poliziotti della Questura di Napoli. Anceschi, però, nel suo rapporto evidenzia molti punti positivi della lotta intrapresa contro la malavita del Mazzoni ma indica anche altri rimedi per sradicarla definitivamente. Poi evidenzia i personaggi che allora erano i veri boss della camorra dei Mazzoni: Gennaro Palazzo, detto il Re dei Mazzoni, ed il suo vice Girolamo Rozzera.
I due imponevano taglie e tributi , godevano dell’impunità assoluta e le loro persone erano reputate invulnerabili. In queste zone ed in questi ambienti i delitti si succedevano pertanto con un ritmo impressionante, rimanendo impuniti. Basti accennare ai reati più gravi avvenuti nel quinquennio 1922-1926 senza tener conto di quelli – i sono i più numerosi – che non furono denunziati. 463 incendi dolosi, 737 danneggiamenti, 143 rapine, 37 estorsioni, 2.689 furti, 517 omicidi e ben 5.783 di altri gravi reati. Alla fine del suo rapporto il colonnello Anceschi chiosa: Non si ritiene superfluo infine aggiungere che sarebbe necessario dare disposizioni all’Autorità Giudiziaria di assecondare meglio l’azione dell’Arma, poichè non di rado si verificano concessioni di libertà provvisoria ed assoluzioni inopportune se non ingiuste. Impedire, infine, l’infiltrazione della politica a favore della malavita. Allontanare dalla circoscrizione tutti i funzionari ed agenti di P.S. nativi del luogo o che abbiano parenti ed interessi nella località ove prestano servizio”.