IL DELITTO

Pistola, sabbia e bugie: ecco perché è stato condannato

VERSIONI – La tesi dell’errore giudiziario e l’ergastolo di 24 anni fa

DI A. MAN.
19 MAGGIO 2024
L’errore giudiziario è sempre dietro l’angolo, ma la storia di Enrico “Chico” Forti non è quella di una condanna campata per aria. La sera del 15 febbraio 1998, l’italiano era sul luogo del delitto, che conosceva bene perché era la spiaggia di Virginia Key frequentata da surfisti come lui, in un orario compatibile con quello dell’uccisione dell’australiano Dale Pike, 42 anni, volato a Miami per trattare la vendita di un albergo di Ibiza per conto del padre Anthony. La presenza di Forti è attestata dalla cella telefonica che il suo apparecchio agganciò per chiamare la moglie. Mentì anche a lei, oltreché alla polizia, ma poi venne fuori che era andato a prendere l’australiano all’aeroporto e Forti disse di aver mentito per paura. Ma perché mentire anche alla moglie, quando secondo la sua versione in quel momento non poteva neanche immaginare che Pike fosse stato ucciso?

Dopo il delitto, “Chico” fece lavare in modo molto approfondito la sua macchina, al punto che la polizia non trovò mai tracce biologiche di Pike, che pure senz’altro aveva viaggiato su quell’auto, anche se fosse vero che Forti l’aveva lasciato davanti al ristorante della spiaggia. Sul gancio di traino coperto, però, erano rimaste tracce della sabbia di quel tratto di arenile, ma naturalmente secondo gli innocentisti è la stessa di altre spiagge di Miami. E ancora, poco prima del delitto, “Chico” aveva comprato una pistola calibro 22, lo stesso tipo d’arma che uccise Pike, sia pure intestandola a un altro ma pagandola con la sua carta di credito. L’arma non è mai stata ritrovata. Forti però non ha un alibi per il lasso di tempo a cui l’analisi medico-legale fa risalire l’omicidio, arrivò in ritardo dove doveva andare.

Insomma è stato un processo indiziario, instradato anche con tecniche investigative da noi vietate come il tranello in cui lo fece cadere la polizia di Miami, raccontandogli che era stato ucciso anche il padre di Dale e così, probabilmente, inducendolo a mentire. Secondo l’accusa, Forti voleva truffare il vecchio australiano, non più nel pieno delle sue facoltà, in un’intervista lo chiama “la gallina dalle uova d’oro”, ma c’è chi sostiene che fosse Anthony Pike a volergli rifilare un bidone pieno di debiti, il Pikes Hotel di Ibiza, famoso per la festa organizzata nel 1987 da Freddie Mercury dei Queen. Sulla spiaggia di Miami “Chico” avrebbe avuto uno scontro con il figlio Dale, partito da Sydney per andarne a parlare con lui.

Questo il movente secondo la Corte della Florida che nel 2000 condannò in via definitiva Forti all’ergastolo “without parole”, senza sconti, per omicidio di primo grado, cioè in questo caso premeditato. Sulla premeditazione qualche dubbio c’è, anche se la Corte d’appello di Trento il 17 aprile 2024 non ha fatto una piega e ha riconosciuto la condanna all’ergastolo. L’accusa in Florida rinunciò al processo per truffa, come è possibile nell’ordinamento Usa. La storia che la polizia di Miami volesse incastrare Forti per punirlo per un video sul delitto Versace non sembra credibile: quel video girò poco negli Stati Uniti. Ma qui intanto siamo ancora a discutere: di qua i familiari, gli avvocati, Andrea Bocelli, Enrico Ruggeri, le Iene, la criminologa Roberta Bruzzone e tanta politica sostengono l’innocenza di Forti; di là però ci sono le carte dell’inchiesta e del processo, che il condannato non ha mai voluto divulgare, come è suo diritto, ma anche il lavoro freddo di un criminologo esperto come Marco Strano, un passato nei carabinieri e nei servizi, che ha ricostruito la vicenda in Florida e ne ha tratto un libro: Cherry Picking. La strategia di un assassino. Analisi criminologica del caso Chico Forti (La Bussola, 2023).

Certo è un personaggio, il condannato accolto ieri con tutti gli onori dal governo italiano. Il Telemike del 1990 che gli regalò il sogno americano, il windsurf ad alti livelli, gli affari spericolati, la vita agiata con la moglie americana e i tre figli e le amicizie discutibili come quella con il truffatore tedesco Thomas Knott, che poi fece da tramite con Anthony Pike ed era anche l’intestatario della calibro 22. Per sua fortuna, la sera del delitto Knott era a casa, lontano dalla spiaggia in cui fu ucciso Dale, dove aveva organizzato una festa.