Masnada
ma-snà-da
SIGNIFICATO Gruppo di gente violenta e disonesta, o almeno rumorosa
ETIMOLOGIA dalla voce ipotetica del latino volgare mansionata ‘gente di casa’, da confrontare col provenzale maisnad, derivato del latino mansio ‘dimora’, ma in origine ‘organico di servi di una casa di un signore feudale’ .
- «Fuori dalla porta l’attendeva una masnada con istanze delle più disparate.»
La lingua è così forte e generosa che ci permette di conservare pregiudizi diffamanti verso un gruppo per secoli e secoli dopo che il gruppo stesso si è estinto. E così, anche se probabilmente non abbiamo particolari preconcetti rispetto alla servitù che lavora nella casa del signore feudale, custodiamo un giudizio cristallino sulla masnada — non il migliore.
In latino mansio è la dimora, ma se tendiamo l’orecchio possiamo sentirci dentro il rimanere: in effetti è alla lettera la sosta, un derivato del verbo manére da cui viene ‘rimanere’. Peraltro anche la mansione viene da qui, soggiorno che si fa incarico e funzione, mentre mansio si fa ‘magione’ (casa, di un certo livello letterario) attraverso la voce del francese maison. Ma concentriamoci sul primo punto, mansio–dimora.
Dapprima questa associazione non indicava tanto il rimanere in una certa casa da parte del signore del feudo; piuttosto, indicava l’insieme di chi era assegnato a quella casa, di chi vi rimaneva, un insieme di servi che attendevano alle operazioni di gestione — e questo è il significato primario di mansio.
Poi il termine, al settentrione, muta attraverso il latino volgare, orale, in una forma che si può ricostruire come mansionata — e che riconosciamo poi ad esempio nel maisnad provenzale, ‘gente della casa’. Di qui, la masnada.
Dire che siamo davanti a un gruppo di villani ci fa mordere la coda, e ci testimonia l’avvitamento sul giudizio antico verso la gente della campagna. Di tutte le impressioni primigenie, per cui quando la masnada è ancora staminale può diventare un neutro gruppo di gente, schiera armata, e restare squadra di servitù, a perdurare è l’esito peggiore.
Di solito questi figuri foresi e cafoni sono poco organizzati, e invece la masnada, in quanto originario organico servile di una magione, spicca proprio per una certo grado di organizzazione (nei limiti di ciò che il rustico può concepire, beninteso, è pur mezzo scemo). Ci resta in mano un’accozzaglia incline alla violenza e pronta alla disonestà — da cui ci si aspettano turbolenze e distruzioni. Naturalmente, con un ricercato intento d’uso più o meno serio, più o meno ironico.
Posso parlare della masnada di turisti o tifosi che giunge nel quartiere la domenica, della masnada di furfanti e canaglie che alla fine viene rimossa dal consiglio comunale, della masnada di bambini che mi ritrovo a casa dopo aver largheggiato con gli inviti. Un gruppo almeno rumoroso, ma spesso devastante.
Ed è splendido l’equilibrio che questa parola ha fra alto e basso, ricercata eppure di estrazione popolare, concettualmente raffinata eppure forgiata nel pregiudizio — in una distanza che illimpidisce il significato e raffredda ogni conflitto, e che ci rende un termine squisito.