*Con Creonte contro Antigone?* di Vincenzo D’Anna*

Antigone è un personaggio inventato dal drammaturgo greco Sofocle, 2.500 anni fa. Nella rappresentazione teatrale che ne reca il nome, forse la più famosa del mondo antico, si narra (della storia e) dello scontro tra il re di Tebe, Creonte, e la nipote Antigone. Quest’ultima si era opposta decisamente al bando emanato dal sovrano che, in base alle leggi vigenti, proibiva la sepoltura di uno dei suoi due fratelli, Polinice. Quest’ultimo era infatti accusato di aver tradito la sua città, passando tra le schiere nemiche di Argo, con il dichiarato intento di spodestare Creonte ed impossessarsi del suo governo. Tuttavia il giovane era caduto in battaglia nel corso della guerra combattuta tra le due polis. Antigone, mossa a compassione per la triste sorte del giovane, aveva contestato il bando di Creonte, invocando l’esistenza di un diritto naturale: quello della pietas verso i defunti ed il dovere di dare sepoltura al cadavere. Da una parte dunque c’era la legge del potere costituito, nonché delle tradizioni tramandate che vietavano di rendere onori ai traditori; dall’altra l’eroina che, contravvenendo al ruolo stesso di donna sottomessa agli uomini (ed alle loro norme), si ribellava, diventando essa stessa il primo simbolo della rivendicazione della parità tra i generi nonché di difensore del sentimento di giustizia. Il diritto naturale invocato da Antigone era quello che il filosofo Isaiah Berlin avrebbe chiamato, più tardi, diritto negativo, vale a dire l’esistenza di diritti legati alla persona, alla sua dignità umana, che non sono alienabili né disponibili a nessuna autorità costituita. Più numerosi sono questi diritti negativi maggiore è il grado di libertà che viene esercitato da ogni singolo individuo nel consesso sociale e più democratico lo Stato. Un delicato equilibrio tra il dovere di rispettare la legge – che una comunità decide di darsi liberamente onde garantire la pace e la concordia sociale – ed il diritto del singolo individuo a non essere annichilito né subordinato alle esigenze dello Stato, ancorché questi pretenda di operare in nome dei codici. Nel corso dei secoli il mito di Antigone ha evocato consensi ed ammirazione, eccitando il fisiologico desiderio degli uomini alla libertà ed al decoro personale. Tutto questo ha fatto dell’eroina di Sofocle un vero e proprio punto di riferimento contro lo Stato egemone e gli atti che prevaricano quelli che, nel corso dei secoli, si sono aggiunti prendendo la denominazione di “diritti umani”. Tuttavia vivendo nel millennio in cui questi diritti si sono ampliati a dismisura, diventando sovente tali solo per la trasformazione di quelle che sono vocazioni, desideri e percezioni personali di tipo esistenziale, la figura retorica e mitica di Antigone finisce per interpretare un ruolo ed un’idea di contestazione ben diversa, se non proprio eccessiva, sia delle leggi, sia di quella scala dei valori morali e dell’ordinamento sociale che hanno ispirato nel tempo l’adozione di quelle leggi. Insomma: quella di Antigone, ai nostri giorni, potrebbe rappresentare una contestazione che esorbiti la lotta alla forza potere, alle eventuali angherie che calpestano il diritto naturale dei cittadini. L’ odierna Antigone , per paradosso, contesta il potere in una società che di poteri decisionali non ne ha e non li vuole e che dopo le dittature del secolo scorso, si è fin troppo allineata ai progressivi e traumatici cambiamenti del valori fondativi. Per dirla in parole povere: oggi quel mito tramandato nei secoli, non ha più ragione d’essere per il venir meno dei vincoli, dei divieti, della negazione dei diritti riconosciuti e garantiti ai singoli individui. Esasperando il concetto, per renderlo più semplice, oggi Antigone contesta cose che, se cancellate, non migliorerebbero l’ordinato vivere della società, né la qualità di vita dei cittadini. Insomma qui non si tratta della rivendicazioni di diritti naturali oppure legati alla emancipazione civica della persona, bensì di ulteriori rivendicazioni e riconoscimenti di pseudo diritti molti dei quali finanche di discutibile opportunità. Nel terzo millennio riscontriamo un’inversione delle condizioni rivendicative rappresentate dal personaggio di Sofocle. Un’umanità che rinuncia al sapere personale, l’istruzione, per affidarsi alla supplenza vicariante della omologazione, che si affida alla tecnologia e non all’umanesimo, che sovverte le leggi di natura e finanche quelle poste a base della conservazione della specie, come quello che scaturisce dall’applicazione della teoria gender (parificazione dei generi ed indeterminatezza del genere stesso); dall’equipollenza e dalla transizione tra le vecchie categorie sessuali; dal diritto di darsi la morte; dalla scomparsa della famiglia tradizionale a vantaggio delle aggregazioni poligame di tipo “qeer”; dal pacifismo imbelle che non distingue tra chi la violenza la propone e chi invece l’adotta perché non vuole subirla; dalla scomparsa del sentimento unitario nazionale e, infine, dalla multiculturalità invasiva. Un’umanità che inclina all’edonismo, cancella la solidarietà e rincorre le cose che hanno un prezzo e non un valore. Una vasta gamma di cambiamenti rivendicati e spesso riconosciuti tout court dal potere. Oggi l’eroe diventa Creonte che rivendica l’osservanza della legge e la conferma delle tradizioni, senza le quali un popolo non avrebbe né futuro, né identità!!

 

*già parlamentare