*Grazie, Joe!!* di Vincenzo D’Anna*

“La democrazia consiste nel poter cambiare il governo, e coloro che ne fanno parte, senza spargimento di sangue”. Così Karl Popper, filosofo e sociologo liberale, definiva il sistema democratico basato sul suffragio elettorale liberamente espresso dal popolo. In pratica, significa che è possibile sostituire i vertici delle istituzioni senza che questo comporti traumi o chissà quali tremendi sconvolgimenti. Ebbene è proprio per evitare non solo una sconfitta, che si annunciava più che certa per il Partito Democratico, ma anche per riportare serenità e pacifico confronto nella competizione elettorale che andrà a svolgersi, da qui a qualche mese negli Usa, che il presidente in carica, Joe Biden ha annunciato ufficialmente il suo ritiro dalla corsa per la riconferma alla Casa Bianca. Dopo l’attentato a Donald Trump, l’America rischiava, infatti, una campagna elettorale insidiosissima pronta a trasformarsi in una sorta di scontro all’ultimo sangue, non solo nel senso metaforico. Prendiamo i toni e le argomentazioni che il miliardario tycoon ha utilizzato finora: sono apparsi senza cautela e senza risparmio alcuno. Offese a tutti gli effetti per i suoi avversari. Discorsi indirizzati alla pancia della nazione, rivoti ad aizzare gli animi ed a proporre soluzioni di stampo qualunquistico con il rischio di fomentare un clima di sfida e di contestazione a tutto il  sistema politico ed istituzionale. Già in passato l’esponente repubblicano aveva contestato il risultato delle elezioni, assecondato la protesta eversiva e violenta dei suoi elettori culminata poi con l’assalto vandalico a Capitol Hill. Trump insomma, aveva sparso rancore e dubbi di legittimità sul presidente eletto, destabilizzando la credibilità della più antica democrazia popolare del mondo. Ora, innanzi ad un simile candidato ci sarebbe bisogno di un avversario nel pieno delle sue capacità psico-fisiche, caratteristica, questa, che francamente in Joe Biden appare ormai evidentemente limitata per una forma di incipiente declino senile. In disparte il pessimo risultato nello scontro televisivo con Trump e le gaffe durante gli ultimi incontri con altri leader, il divario tra i due candidati era ormai evidente agli occhi degli elettori, a cui va aggiunto anche il vantaggio che Trump ha ricavato, in termini di simpatia, dal fallito attentato alla sua persona. Nonostante le resistenze del proprio clan familiare ed i reiterati dinieghi, Biden ha finalmente dato il passo di addio con il risultato che la competizione elettorale per designare il nuovo inquilino dalla Casa Bianca potrà riprendere senza handicap per i Democratici americani. E’ mio personale convincimento che una vittoria di Donald Trump sarebbe una jattura non solo per gli USA, che ripiomberebbero in una conduzione qualunquistica e cervellotica della politica americana,  ma anche per il Vecchio Continente. Il vice presidente designato alla convention Repubblicana Jd Vance è infatti portatore di un programma radicale che fa da pariglia a quello di Trump: nazionalista ed anti abortista, xenofobo e favorevole al disimpegno americano in Ucraina, protezionista in economia ( dazi sui prodotti stranieri), Vince è contrario ai programmi sociali per gli indigenti e si è anche schierato per il ridimensionamento della Nato. Se ce ne fosse stato bisogno, egli è ancora più estremista del candidato presidente repubblicano. I suoi proponimenti, se attuati, creerebbero non poche difficoltà ai paesi alleati occidentali, per la semplice evidenza che Russia e Cina ne sfrutterebbero subito il vantaggio che la  politica internazionale americana offrirebbe loro. Insomma più che un potente alleato, i paesi amici degli Usa si troverebbero innanzi un tenace concorrente sul piano commerciale. Inoltre da Parigi a Londra, passando per Berlino e Roma, le principali cancellerie europee sarebbero chiamate a ripensare la loro politica estera dal momento che Vince e Trump sembrano propensi a voler applicare politiche protezionistiche anche all’apparato militare che da tempo immemore poggia sulla potenza dell’esercito americano che da sempre funge da deterrente dei conflitti che potrebbero interessare le nazioni membro della alleanza atlantica. Essendosi chiusa alle spalle ogni forma di collaborazione ad oriente per difendere l’Ucraina, I paesi NATO si troverebbero indeboliti anche ad occidente. Ma non si tratta solo di uno scontro in economia e di una debolezza militare quanto del fatto che in mano a Trump l’amministrazione statunitense segnerebbe un passo indietro per la nazione che da sempre si è opposta all’ espansione prima del marxismo e poi delle mire espansionistiche dei post e vetero comunisti quali sono rispettivamente il russo Putin, ed il cinese Xi, con tutti i loro minacciosi  simpatizzanti ed addentellati come la Corea del Nord, l’Iran, la Siria, lo Yemen, l’Afganistan, il Vietnam, la Cambogia, e tutte le satrapie africane di matrice comunista. Insomma un intero blocco anti occidentale ed, in fondo, anti capitalistico e statunitense, trarrebbe non pochi vantaggi politici dalla debolezza e dal disimpegno americano. In poche parole: Trump non valuta appieno queste prospettive nella sua rozzezza da sceriffo che predilige un’America piegata su se stessa, con il motto “ prima l’America “. Per la serie: gli altri si arrangino come possono ( nazioni come la Turchia e l’Ungheria non ci metterebbero troppo a cambiare versante), oppure paghino l’ombrello militare americano. Il che, converrete, costituisce un pericolosa involuzione. Il repentino ritiro delle truppe Usa dall’Afganistan ha consegnato alla barbarie medioevale quella nazione, e così succederebbe sul piano geo politico per i paesi baltici e la Finlandia e le nazioni confinanti con la Russia come Polonia e Romania. Un disimpegno che ha consegnato ai Talebani carta bianca, ancorché nessuno fiati tra le fila delle pensose vestali della parità di genere e dei diritti civili nel Belpaese. Dalle nostre parti i pacifisti hanno il vizio  della doppia morale che non avrà mai fine tra i “sinceri democratici” alle vongole. Intanto un grazie a Joe, per aver dato una chance ed una speranza futura al mondo libero e democratico.

*già parlamentare