Il Csm non è posto per gli “amici degli Amici”: Natoli lasci subito

Di Alberto Maria Benedetti*

26 Luglio 2024

La vicenda che ha interessato la consigliera laica del Csm Rosanna Natoli non è un déjà vu; nella scorsa consiliatura, le dimissioni di alcuni consiglieri interessarono l’area dei “togati” eletti da – e tra – i magistrati, ma non interessarono in alcun modo i “laici”, componenti del Csm eletti dal Parlamento fra avvocati e professori di diritto. In quell’occasione, i consiglieri coinvolti si dimisero rapidamente e consentirono al Csm di rinnovarsi e portare a regolare compimento la consiliatura, in un clima nel quale, pur nella normale dialettica di un organo così complesso, togati e laici si schierarono tutti dalla parte dell’istituzione e della sua dignità.

L’imbarazzante e inopportuno incontro tra la consigliera Natoli e una magistrata sottoposta al giudizio della sezione disciplinare, di cui la consigliera era componente, costituisce, al di là dei possibili profili penali su cui si esprimeranno le autorità competenti, una macroscopica violazione dell’art. 1, comma 2, della legge istitutiva del Csm, introdotto proprio a seguito delle vicende che interessarono la precedente consiliatura dalla “riforma Cartabia” nel 2022: questa disposizione prevede che “all’interno del Consiglio i componenti svolgono le loro funzioni in piena indipendenza e imparzialità”. Non è una formula di rito, ma identifica un obbligo che incombe su tutti i consiglieri, ma che, per i laici, assume una valenza rilevanza particolare (non essendo questi ultimi soggetti al potere disciplinare): una volta eletti al Consiglio, per quanto siano portatori di valori e di idee politicamente connotati, devono esprimersi con indipendenza e imparzialità, nell’interesse della giustizia e, in definitiva, dei cittadini-utenti, rispetto ai quali il Csm costituisce, prima di tutto, un organo di garanzia dell’imparzialità e dell’indipendenza dell’intera magistratura. Nessuno può apparire eterodiretto (gli “amici degli amici”); nessuno può sembrare influenzato da elementi estranei alla serena valutazione del caso singolo; al Csm non si “rappresentano” né politici, né amici, né parenti e chi voglia far passare l’idea, costituzionalmente discutibile, che i laici debbano costituire una proiezione dei partiti è davvero fuori strada.

Tutti i consiglieri sono e devono apparire liberi, indipendenti, imparziali; per la loro stessa dignità e per quella dell’organo di cui fanno parte. Chi ha l’onore di sedere nel Csm è prima di tutto eticamente (ma, per l’art. 1, comma 2, della legge istitutiva, anche giuridicamente) tenuto a modellare tutti i propri comportamenti in modo tale che nessuno possa dubitare della sua terzietà; questo dovere impegna ancora di più, se così si può dire, quando un consigliere fa parte della Sezione disciplinare, poiché esercita, in quella sede, le superiori funzioni di giudice e ogni comportamento tenuto in violazione del suo dovere di imparzialità è, se si vuole, ancor più intollerabile agli occhi dei cittadini e dei magistrati sottoposti al giudizio della Sezione disciplinare.

Non dovrebbe essere necessario costringere il Capo dello Stato a ricordare, per l’ennesima volta, quale debba essere lo standard etico di un consigliere del Csm; dovrebbe bastare la propria coscienza, o, se non questa, almeno quel dovere di “piena” indipendenza e imparzialità divenuto oggetto di una espressa previsione legislativa. La consigliera Natoli dovrebbe dimettersi subito, senza se e senza ma; per rispetto verso sé stessa e verso il Csm che, dopo anni di vicende poco commendevoli, oggi più che mai ha bisogno di esercitare a pieno il proprio ruolo di garanzia, non già di interessi di parte o di categoria, ma di un modello di giustizia che la Costituzione ha voluto disegnare in un modo che, ancora oggi, appare sorprendentemente moderno.

(*) Già componente laico del Csm, ordinario di diritto privato all’Università di Genova

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