Noi moderati

Toti: una legge per cancellare tutti i suoi reati

La promessa – A settembre. Lobbismo. Annunciato dalla centrista Cavo, il testo vuole cambiare anche il 2 per mille

Di Vincenzo Iurillo e Vanessa Ricciardi
4 Agosto 2024
Cambiare il 2 per mille e assicurare che non ci siano ricadute negative nei rapporti con i lobbisti, dice un parlamentare di Noi moderati, il partito di Giovanni Toti: “All’estero questa parola non ha un significato negativo come accade qui in Italia”. La linea insomma è questa: salvare i rapporti con i portatori di interesse – le stesse relazioni pericolose che hanno condotto l’ex presidente ligure a finire indagato in un intreccio di donazioni e affari – anche se ancora non sanno bene come fare. Fino a ieri dei contenuti di questa proposta di legge non ne sapeva niente nemmeno buona parte del gruppo, ma la promessa della deputata di Noi moderati, Ilaria Cavo, di portare avanti una nuova legge sui finanziamenti ai partiti diventerà testo quest’estate ed entrerà in Parlamento a settembre. “Lo presenteremo con una conferenza stampa”, dicono fonti centriste del Palazzo.Il problema normativo, prima dell’indagine su Toti, evidentemente non lo avevano previsto, ma “il caso Toti ha reso l’intervento necessario”. Eppure nel 2014 avevano approvato l’assetto attuale. Dieci anni fa infatti, parte della maggioranza del premier Enrico Letta prima, e Matteo Renzi poi, il Nuovo centro destra (oggi Noi moderati) aveva votato a favore della legge che ha portato alla cosiddetta abolizione del finanziamento pubblico mantenendo quello privato. Il 2 per mille era stata la prima soluzione. Adesso non è più così: “Riguarda partiti che non sappiamo nemmeno se esistono” e altri “riescono a mobilitare i Caf: non crediamo sia una forma corretta”.

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I totiani non sono gli unici a essere stati colti dall’improvvisa consapevolezza che sia necessario cambiare le carte in tavola. “Non c’è nessun finanziamento illecito ai partiti perché tutto è bonificato e tracciato”. E ancora: “Quando il giudice penale vuole decidere le forme della politica siamo davanti a uno sconfinamento pericoloso per la separazione dei poteri. Loro vogliono un processo politico alla politica, noi chiederemo giustizia nelle aule della giustizia”. Sono parole di Matteo Renzi e risalgono al 2021, alla chiusura delle indagini sulla fondazione Open. Ritenuta dai pm di Firenze una “articolazione di partito”, e dall’ex premier invece “un luogo di libertà, senza bandiere e con tutti i finanziamenti previsti dalla legge sulle fondazioni”.

Che riguardino un minipartito, come quello di Toti, o una fondazione, come quella di Renzi, il dato ormai è storico: i finanziamenti alla politica, o per meglio dire ai politici, sollevano sempre polemiche o ripensamenti quando finiscono nel mirino di qualche magistrato.

Renzi, che tra i punti della Leopolda aveva deciso che fosse cosa buona e giusta eliminare il finanziamento pubblico, ha fatto un definitivo passo indietro: “È democrazia, cancellarlo è stato uno sbaglio dettato da un vento violento che soffiava in quella direzione”. Il vento di Renzi e dei 5 Stelle. Il vento contrario si è sollevato, e la voglia di intervenire finirà con il coinvolgere anche tutti quelli che non hanno indagini in corso.

Il primo a dichiarare che sarebbe un’ottima idea ritornare al finanziamento pubblico è stato Edoardo Rixi, il viceministro leghista della Liguria: “Se accelerare su un provvedimento necessario può diventare ipotesi di reato solo perché una volta ho incrociato l’imprenditore, allora eliminiamo le cene di finanziamento e quella pessima legge, e reintroduciamo il finanziamento pubblico ai partiti”, ha detto tre giorni dopo l’arresto di Toti. Anche il centrosinistra non è immune da questa tentazione. L’ex parlamentare Pd Luigi Zanda è stato uno degli interpreti delle nostalgie del finanziamento pubblico, primo firmatario quindi di un ddl per la reintroduzione della legge abrogata dal governo Letta su pressing di Renzi. La nuova proposta sta per partire, e chissà dove approderà.

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