Lo strano “caso” di Mario Eutizia il badante “fai da te” che si è accusato di 4 omicidi… trasferiti gli atti a Latina e lui ad altro carcere di Biagio Salvati
Mario Eutizia, il 47enne napoletano che si è accusato di quattro omicidi di anziani gravemente malati da lui assistiti negli ultimi dieci anni come badante «fai-da-te», resta in carcere con l’accusa di omicidio plurimo aggravato ma l’inchiesta di sposta dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere a quella di Latina, competente sull’area del basso Lazio in cui si ipotizza siano stati commessi i primi due delitti risalenti al 2014. Lo ha deciso ieri il gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Alessandra Grammatica che, emettendo un’ordinanza cautelare in carcere, non ha però convalidato il fermo emesso dalla pm Annalisa Imparato della locale Procura lo scorso 22 agosto, non ritenendo sussistente il pericolo di fuga. Era stato, infatti, lo stesso Eutizia a consegnarsi ai carabinieri di Caserta e a confessare i delitti. Secondo il gip, le esigenze cautelari, ovvero il pericolo di reiterazione dei reati sussistono perché se libero, potrebbe colpire di nuovo. Davanti al gip, Eutizia si è avvalso della facoltà di non rispondere, salvo alcune brevi dichiarazioni spontanee, riconducendo il tutto a quanto già aveva dichiarato al pm, ovvero di aver confessato i delitti per liberarsi la coscienza, ma anche per «essere aiutato» a non continuare ad uccidere altri anziani. Il gip potrebbe però decidere di disporre gli arresti domiciliari in qualche struttura che lo possa curare e seguire maggiormente rispetto a quanto avviene in carcere, ovvero una dimora di cui attualmente è privo. Gli avvocati Gennaro Romano e Antonio Daniele, legali di Eutizia, ieri hanno dovuto portare il loro assistito a braccio nell’aula del carcere «Uccella» dove si è svolta l’udienza. «Non ce la faccio fisicamente», ha detto l’uomo, affetto da diabete e da altre patologie, ma ha garantito la massima disponibilità a continuare a collaborare: «se dovesse venirmi in mente qualche altro altro particolare lo rivelerò subito alla Procura», ha aggiunto. Eutizia, da qualche mese, dopo aver chiuso a marzo l’esperienza di badante con il 96enne di Vibonati (la quarta vittima confessata insieme a quella di Casoria, nel Napoletano), è senza fissa dimora. L’uomo è separato da circa 20 anni dall’ex moglie, che vive a Napoli, e ha anche una figlia 25enne che lavora in un fast-food. Eutizia ha ribadito di aver ucciso per compassione e pietà quattro anziani gravemente malati che assisteva come badante, ma non ha aggiunto ulteriori dettagli su questi episodi, né ha parlato di altri casi di morti provocate tra i circa trenta anziani accuditi in dieci anni. «Se gli sviluppi investigativi conducessero ad escludere che le morti siano state l’effetto immediato e diretto dell’operato di Eutizia, per la sussistenza di decorsi causali alternativi, la condotta resterebbe penalmente rilevante, integrando la stessa l’ipotesi del tentato omicidio, in considerazione della potenzialità dell’azione lesiva e dell’atteggiamento psicologico dell’agente». Nella sua deposizione, Eutizia aveva anche sottolineato che molti parenti degli anziani ricorrevano a lui per l’assistenza, ma spesso l’unico interesse era la cospicua pensione che riceveva il congiunto. «Una volta ho preparato io stesso una torta per una anziana scrittrice che soffriva di Alzheimer – ha raccontato il badante – ma quando ho chiamato la figlia e i nipoti per una festicciola hanno preferito evitare perché la donna non li avrebbe nemmeno riconosciuti» Nel periodo della sua assistenza a circa 30 anziani, Eutizia lavorava 7 giorni su 7 ricevendo 900 euro, vitto e alloggio (in un solo caso gli avrebbero fatto un regolare contratto), ha anche lavorato all’estero in Georgia mentre non hanno ancora trovato riscontro i nominativi indicati nel basso Lazio, a Terracina e a Latina dove ricorda di aver prestato servizio da un anziano pompiere. Trasmettendo gli atti al pm di Latina il gip sottolinea che il caso delle presunte vittime del basso Lazio «merita ulteriori investigazioni, sia per la genericità delle dichiarazioni che per la mancanza di elementi a riscontro». In alcuni casi Eutizia, per farsi assumere, avrebbe usato anche il nome falso di Mario Mazzarella; nella maggior parte dei casi, veniva assunto dopo aver pubblicato annunci su una nota piattaforma di cerco-trovo lavoro. Anche suo padre era stato vittima di un male incurabile e così, vestendo i panni dell’«angelo della morte», avrebbe cancellato quelle sofferenze agli anziani con un dosaggio che arrivava a 50 gocce su una prescrizione di 10/15. Gli avvocati Romano e Daniele, valuteranno se ricorrere al Riesame per chiedere la scarcerazione del loro assistito, ma non accolgono negativamente la decisione del gip di tenerlo in carcere. «Siamo soddisfatti di questo primo risultato – dicono – essendo venute meno le esigenze a giustificazione del fermo (il pericolo di fuga). È chiaro – concludono – che siamo ancora in una fase embrionale del procedimento e pertanto aspettiamo i tempi per i necessari esiti investigativi». In passato, è emerso, è stato in carcere per 13 mesi: dalle truffe on line (500 vittime), al furto su commissione di una cornice e di un quadro di San Giorgio del 1400 rubato presso un antiquario ma anche un furto di un maglione a Terni presso un atelier.
Dalla stazione ferroviaria Garibaldi di Napoli, a quella di Caserta dopo aver esaurito un gruzzolo di danaro messo da parte e terminata l’ultima assistenza ad un anziano tre mesi fa. Si arricchisce di altri dettagli la storia di Mario Eutizia, il 47enne badante «fai-da-te», fermato a Caserta il 22 agosto scorso con la grave accusa di omicidio plurimo aggravato dopo aver chiesto l’intervento dei carabinieri e confessato di aver ucciso quattro persone anziane che accudiva, tra la Campania ed il basso Lazio, trasformandosi in «angelo della morte». Un’inchiesta che è solo «inciampata» nel Casertano, dal momento che ieri il gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Alessandra Grammatica, dopo avere emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico del badante-killer, ha trasmesso gli atti per competenza territoriale alla Procura della Repubblica di Latina che dovrà riformulare l’accusa appena sarà possibile. Per Eutizia, Caserta è stata una scelta mirata: è arrivato il 21 mattina e si è subito recato presso gli agenti della Polfer, la Polizia Ferroviaria. «Ero convinto che ci fosse qualche mandato di cattura per me perché da quattro o cinque anni risultavo non più rintracciabile, ma mi hanno detto che erano tutte copie e rintracci – racconta Eutizia al suo primo interrogatorio – poi me ne sono andato nella chiesa di Sant’Anna». Ed è più tardi, nella notte, che scatta qualcosa nella sua mente. Il badante va riposarsi su una panchina nella piazza della chiesa con il telefono in mano, cercando di trovare qualche annuncio di lavoro su una piattaforma web, ma si sveglia alle tre e mezza di notte e scopre che gli hanno rubato sia il cellulare che le pantofole contenute in una borsa da viaggio che aveva con sé. «Questo per me è stato un segno del destino – riferisce in sostanza Eutizia al magistrato – forse il furto del telefonino mi ha impedito di fare di nuovo il badante e di commettere un altro delitto». E poi, sottolinea, rispondendo agli inquirenti, di essere credente, cattolico e praticante quindi di qui la scelta di andare subito in chiesa a Caserta, città dove non era mai stato. Il 47 enne napoletano, sofferente di gravi patologie, era convinto di essere destinatario di un provvedimento cautelare per tutti i suoi trascorsi in parte scontati con tredici mesi di carcere ed ha scelto appositamente la provincia di Caserta per sperare di essere condotto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere dove, a suo dire, sarebbe stato meglio curato rispetto a Poggioreale. Poi la decisione di confessare. Una storia, all’inizio, anche difficile a credersi per gli stessi investigatori e infatti ci sono ancora tanti punti oscuri. Ma chi è in realtà il badante Mario Eutizia che ha detto di aver vestito i panni del cosiddetto «angelo della morte»? Per il prof. Carmelo Lavorino, criminologo di lunga data, «se risultassero riscontri dal suo racconto, si potrebbe senz’altro trattare del classico serial-killer ‘sterminatore missionario’ che soddisfa il suo istinto di morte e la voglia di uccidere unendoli, adducendo all’omicidio altruistico per non fare soffrire’. Di solito sono soggetti manipolatori dominatori con tendenza alla paranoia che si sentono missionari. Badanti, infermieri, dottori e soccorritori d’emergenza che si sentono ‘lupi buoni’ nei branchi di agnelli malati. Non si sentono in colpa – conclude Lavorino – perché tolgono la vita senza azione aggressiva, bensì usando le ‘armi del mestiere’ e ‘aumentando la dose e l’intensità’ delle azioni delle loro funzioni e dei loro ruoli».
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