*Scuola, quale educazione civica?* di Vincenzo D’Anna*

Ricorrono i centocinquant’anni dalla nascita di Luigi Einaudi, il grande economista italiano di scuola liberale che, con don Luigi Sturzo, può definirsi caposcuola di quella dottrina dello Stato imperniata sulle libertà civiche e politiche, oltre che su quella economica detta “liberismo”. Merce rara nel contesto politico nostrano progressivamente virato verso altre forme socio economiche e politiche nei decenni successivi ai governi guidati da Alcide De Gasperi con lo stesso Einaudi, che fu prima governatore della Banca d’Italia e poi presidente della Repubblica. Eppure quegli esecutivi “centristi” seppero  tirare il Belpaese fuori dal disastro materiale della seconda guerra mondiale, collocando la nazione, nella quale operava il più grande partito comunista europeo, nel contesto degli Stati occidentali e dell’economia del libero mercato di concorrenza. Insomma dobbiamo a Luigi Einaudi anche il boom economico ed il premio conferito alla nostra moneta, la Lira, come la più stabile del Vecchio Continente. Insomma, prima che lo statalismo, ossia l’intervento massiccio dell’apparato centrale in ogni ambito sociale ed economico, prendesse definitivamente piede anche l’Italia poteva vantarsi di avere un’economia florida ed una moneta forte e stabile. Dalla lezione di quei tempi Einaudi trasse spunto per i suoi celebri editoriali condensati poi nelle cosiddette “Prediche Inutili”. Ad accompagnare la lezione liberale del grande politico Cuneese, ci furono diversi corollari, uno dei quali costituito dalla scuola. Una società, infatti,non può definirsi realmente libera se non lo sono anche le sue istituzioni didattiche. A patto però che la libertà di poter studiare quello che si vuole e di essere educati come cittadini, non sia gestita in esclusiva dal monopolio statale. Gratuita ed accessibile a tutti, la scuola dovrebbe godere anche della possibilità della libera scelta da parte delle famiglie chiamate, esse stesse, a concorrere  in maniera decisiva a realizzare il progetto educativo. Peccato però che, come in molti altri campi dei servizi destinati alla popolazione, la libera scelta, in Italia, sia rimasta marginale ed appannaggio dei soli ceti più abbienti, delle famiglie, cioè  con reddito più elevato. Il resto si deve accontentare di quello che passa lo Stato. Insomma la pubblicità del servizio è andata trafigurandosi nella gestione statale del servizio stesso. Così come capitato con il servizio sanitario ed altri similari si è lasciato credere che solo lo Stato potesse meglio garantire determinate prestazioni in quanto la gestione pubblica non persegue fini di guadagno. Una presupposta superiorità etica dei fini dipendente dall’attività non lucrativa fornita dallo Stato. Dovrebbe invece essere il contrario perché laddove, sotto l’imperio delle norme e delle leggi che regolano la materia, si ricavi un guadagno e ci si preoccupi di fornire il migliore dei servizi all’utenza, la tutela dei reciproci interessi ne esce rinforzata. Uno dei tanti progetti abortiti coi governi di centrodestra fu quello del conferire il “buono scolastico” ossia lo sgravio fiscale a tutte le famiglie perché potessero scegliere gratuitamente la scuola ed i programmi attrattivi che questa offriva. In soldoni: si offriva la possibilità, a tutti, di poter accedere a quegli ambiti, oggi di norma “frequentati” dai più ricchi, dove la classe docente è’ assunta se qualificata ed i sussidi didattici ed i servizi accessori sono migliori Lo Stato avrebbe prima accreditato e poi svolto puntuali controlli sulle scuole, a gestione pubblica e privata , rilevando i saperi dei discenti e l’aggiornamento culturale e didattico dei docenti. Niente più comodità e nicchie di privilegio, per chi insegnava e chiusura di  quei “diplomifici” ai quali oggi accedono gli scartati ed i bocciati della scuola statale. Il sistema, così com’è, ha creato la diffusa mentalità   di acquisire il “pezzo di carta” ed il mercato che c’è dietro tante operazioni speculative e figlio di quella opinione. Non si tratta di roba da poco. Le consorterie sindacali dei docenti formano un formidabile blocco elettorale, quasi tutto di sinistra, e quindi si continua a sonnecchiare ed a sfangarla. La gente non  percepisce lo stato delle cose né le cause del malcontento sulla scuola destrutturata e banalizzata a mero centro di accoglienza sociale. Si accontenta che i figli acquisiscano un diploma, se non una laurea, per quello che quel titolo realmente valga. Tuttavia non è solo l’istruzione ad essere scadente ma anche l’educazione! Un esempio classico viene dall’insegnamento dell’educazione civica, sul quale finalmente si discute, che obbliga qualsiasi istituto, pubblico o privato, a seguire gli orientamenti decisi dai governanti. Al di là di ogni polemica, questo insegnamento ci obbliga a chiederci quanto l’istruzione in Italia sia al servizio di una società libera, e quanto invece non funga da strumento di una socializzazione che intende manipolare la cultura dei ragazzi. La scuola deve servire a orientare verso taluni valori ed imporre ben precisi lessici, far conoscere le differenti culture politiche, anche quelle scaturite della coraggiosa lezione di quello che fu il primo Presidente della Repubblica italiana. Il popolo bue ed ignorante prende corpo da questo.

*già parlamentare