*Migranti, procure o parlamento?* di Vincenzo D’Anna*
E’ di queste ore la vicenda giudiziaria che vede il ministro e leader della Lega Matteo Salvini alla sbarra con l’accusa di sequestro di persona. La vicenda è quella della nave Open Arms che, avendo soccorso migranti in difficoltà mentre tentavano di approdare sulle coste siciliane, si era vista rifiutare dalle autorità italiane, in particolare dal ministero dell’Interno retto appunto dal leader del Carroccio, un approdo sicuro. Il pubblico ministero, dopo la requisitoria, ha chiesto per Salvini una pena a sei anni di reclusione. L’imputato, utilizzando toni con accenti eroici, si è professato un patriota che ha difeso il sacro suolo della Nazione dall’ennesimo sbarco di massa. Rincarando la dose, si è detto vittima di un disegno politico prima ancora che giudiziario per aver, sostanzialmente, evitato che si infrangessero le norme vigenti in quel tempo. Insomma una ritorsione, a mezzo della magistratura, da parte di coloro che, successivamente, quelle stesse norme avrebbero poi abrogato. Assunzione di leggi più permissive in materia di accoglienza dei migranti varate nel secondo governo guidato dall’ineffabile Giuseppe Conte. Quest’ultimo nell’esecutivo precedente, quello governato proprio con la Lega, ne aveva varate altre più restrittive proposte dallo stesso Salvini. Il governo, a guida M5S-Carroccio, era naufragato dopo poco meno di due anni, per il disimpegno di Salvini proferito in braghe e canottiera dal lido marino “Papete”. Venne in seguito il governo Conte bis composto da un’intesa del M5S con il Pd che aveva cancellato la normativa restrittiva adottata in precedenza dall’esecutivo Leghista – Grillino in tema di migranti e sicurezza. Ma torniamo ai fatti siciliani. Il diniego a che la nave soccorso attraccasse a Lampedusa era stato attuato in vigenza delle norme restrittive dell’epoca, promulgate dal primo governo Conte, quello a trazione Lega-5Stelle, ossia nel pieno rispetto delle leggi che nel 2019 disciplinavano la materia. E’ noto che una legge ordinaria non possa avere effetti retroattivi e quindi, nel caso specifico, ancorché la norma fosse stata modificata in seguito, trasformando, il divieto in assenso (di sbarco), averla applicata in precedenza non può costituire un reato. In parole povere se parcheggiamo una macchina la sera prima in un posto ove non vige il divieto di sosta , laddove questo venga apposto il giorno dopo, non si può essere passibili di multa per avervi parcheggiato il giorno precedente quando la sosta non era vietata!! Unica eccezione a questa regola giuridica fu la forzata, vergognosa e politicizzata, applicazione retroattiva della legge Severino in Senato, per poter decretare la decadenza dalla carica di Silvio Berlusconi. Tuttavia non è questo il punto che qui interessa, né ci preme, in questa sede, parteggiare per la tesi dell’accusa o della difesa, quanto evidenziare come dalla procura di Palermo sia giunto un altro atto grave e lesivo sia per la politica che per la potestà del parlamento. La domanda è semplice e conseguente: in questo benedetto Paese valgono le leggi adottate dalle Camere, elette per libera volontà del popolo sovrano, oppure conta di più la “libera” interpretazione, spesso maliziosa e partigiana, applicativa che un qualsiasi magistrato può fare di quelle stesse leggi? In sintesi: siamo ancora in un regime democratico parlamentare con le sue leggi o quest’ultime possono essere interpretate ed eluse da un altro ordine costituzionale come quello della Magistratura? Di questi casi ormai se ne contano a bizzeffe in sede penale e costituiscono il nerbo di quella indebita ingerenza che i togati politicizzati esercitano impunemente, talvolta travolgendo gli esiti stessi del dettato legislativo oppure del responso elettorale. Il filosofo Hegel affermava che nello Stato di diritto la morale risiede nella legge, che l’etica pubblica, ossia le regole e gli obblighi che la collettività è tenuta ad osservare, sono custoditi nelle leggi. Queste ultime contengono in sé i principi morali che la comunità si è data proprio attraverso le norme, per cui chi rispetta le leggi e’ anche moralmente irreprensibile. Insomma, la giurisdizione esplica la sua funzione facendo osservare le leggi, non applicandole a proprio piacimento, il magistrato non può fare il moralista né anteporre il suo giudizio alla stretta osservanza della legge e della sua applicazione. In questo caso ci troveremmo innanzi ad un parlamento inutile e ad un giudice etico che rappresenta la peggiore fattispecie. Le leggi se ritenute inique o poco condivise le possono cambiare solo gli eletti del popolo nelle sedi parlamentari. Pero’ siamo pur sempre in Italia, Stato in cui per centinaia di volte i giudici, nei loro procedimenti, si sono avvalsi dello pseudo reato di “concorso esterno in associazione criminale” il quale, non essendo previsto nel codice penale, in quanto di estrazione giurisprudenziale (costruito cioè attraverso le sentenze emesse nello specifico argomento ), manca della tipizzazione, vale a dire dei limiti e degli ambiti entro i quali lo stesso reato può essere effettivamente identificato e sanzionato, con il risultato che centinaia di persone scontano la galera nel mentre altre godono di libertà, pur essendo state nelle medesime situazioni giudiziarie. Se oggi Nicola Cosentino sconta la galera e Raffaele Lombardo ( ex Presidente della Regione Sicilia) vive in libertà, assolto dagli stessi addebiti fatti a Cosentino, lo si deve semplicemente, a collegi giudiziari che hanno diversamente valutato la sussistenza di quegli estremi nel reato di concorso esterno!! Con il caso Salvini andiamo, se possibile, ben oltre anche questa tragica distonia perché accusiamo di un reato una persona che, all’epoca, esercitava il proprio mandato politico ed istituzionale rispettando la legge vigente!! La canea intorno al caso dello sbarco negato ai migranti che imperversa in queste ore si sviluppa su basi para giuridiche e per pura polemica politica, per idiosincrasia personale, per convenienza elettorale. La solita solfa alimentata da parte di soggetti politici che avrebbero anch’essi l’interesse ad affermare la primazia della politica e stabilire, senza dubbio, se conta più il parlamento o le procure.
*già parlamentare