Giustizia da papillon (di Stelio W. Venceslai)
I grandi uomini finiscono sempre in galera, magari per poco. Toccò a Mazzini, toccò a Stalin, toccò a Pertini, toccò a Guareschi, forse toccherà a Salvini, ma questo non ne farà un grande uomo.
La requisitoria del giudice di Palermo che ha chiesto sei anni di detenzione per Salvini per vari motivi, tra i quali preminente l’aver bloccato i profughi sulla nave della Open Arms per decine di giorni, è un fatto sul quale non mi pronuncio. Dovrei conoscere gli atti del processo.
Non credo che il giudice sia prevenuto, come sostenuto dai detrattori del potere della magistratura. Piuttosto credo che abbia avuto del coraggio. Colpire un Ministro della Repubblica considerando che nell’esercizio delle sue funzioni ha violato la legge, forse sarà stato giusto ma anche pericoloso. Comunque, mi sembra una sciocchezza.
Fare di Salvini un martire della giustizia è un errore e se saranno accolte le ragioni dell’accusatore s’instaura un principio pericoloso il futuro. Al momento, è solo pubblicità gratuita che può risollevare le sorti del leader della Lega in declino.
Tutto il bailamme tra maggioranza ed opposizione, infatti, è senza senso. Aspettiamo la sentenza e le sue motivazioni. L’iter sarà piuttosto lungo, specie se ci sarà l’inevitabile ricorso in Cassazione. D’altro canto, le farfalle non volano sempre e Salvini non è una farfalla.
Mi diverte, invece, molto di più, la querelle tra Grillo e Conte. Il Movimento (o quello che fu il Movimento 5Stelle) è a una svolta fatale. Maturato all’improvviso con uomini nuovi e assurto a supremo reggitore della cosa pubblica, sembrava che fosse l’inizio di una rivoluzione italiana. Aria fresca in Parlamento, uomini oscuri venuti dal nulla, idee provocatorie, né di destra né di sinistra, il popolo vero, finalmente, al potere. Uno vale uno, onestà, onestà, per votare e governare basta un clic, no ai due mandati, e così via.
Al momento di governare non c’è stato un atto del loro governo che non si sia rivelato produttore di disastri, dalla riduzione del numero dei parlamentari (i costi sono aumentati) al 110% di bonus per le costruzioni edilizio, dal reddito di cittadinanza all’eliminazione (fasulla) dei vitalizi, all’accordo con i Cinesi sulla Via della Seta che ci metteva fuori dall’Europa, invece, negativa e ostile nei confronti di Pechino.
La bolla di sapone è scoppiata e il Movimento si è rivelato per quello che era: impotente, raccogliticcio, impreparato, populista e avido come tutti di potere. Mi ricorda l’euforia che accompagnò l’ascesa di Cola di Rienzo prima che l’ammazzassero i suoi stessi sostenitori.
Oggi, tra un Grillo che si travesta da profeta (un giullare profeta non s’era mai visto) e un Conte che si spaccia per uomo di Stato, sono in ballo non grandi questioni di principio ma terra terra, come i titoli di proprietà (di chi è il Movimento?) e un po’di quattrini.
Grillo, l’Elevato (ma da chi?), percepisce 600.000 euro annui dal Movimento per oscure ragioni di comunicazione (forse le battute che fa nei suoi show per divertire il pubblico che paga).
Conte non gliele vuole dare più, perché si è stufato degli interventi di Grillo che gli mette i bastoni fra le ruote ed è contrario alle trasformazioni del Movimento in partito, come vorrebbe Conte. Se la cosa finisce in Tribunale saremo davvero al fondo miserando della politica dell’improvvisazione. Che squallore!
D’altronde, sono tutti e due venuti dal nulla e nel nulla dovranno finire. Neanche in galera, come Salvini, perché non sono neppure aspiranti grandi uomini.
In politica Conte propende sempre di più per la Sinistra. Sa bene che a destra e al centro non lo vuole nessuno. Solo la Schlein, a caccia di voti, lo accetterebbe, ma malincuore. Quanti voti potrebbe portare Conte? Mica tanti. Anche la Raggi, riemersa dal solito nulla, si è dichiarata contro l’improvvisa affezione di Conte per la sinistra. Il campo largo non piace neppure a lei. Sarebbe il campo santo del Movimento nel soffocante abbraccio del PD.
Conte non lo capisce o non lo vuole capire, perché ciò che davvero gli interessa è sopravvivere. Sono lontani i tempi in cui dichiarava che, finita l’esperienza di Presidente del Consiglio, sarebbe tornato a fare l’avvocato.
La farsa 5Stelle è in declino. Diciamolo pure, è un peccato. L’idea di forze nuove, espressione di un Paese stanco dei soliti ghirigori politici, di governi che uno dopo l’altro, poco o nulla hanno fatto, tranne che beccarsi a vicenda, in un sostanziale immobilismo, era trainante e poteva esserlo se fosse stato diretto da una persona capace. Difficile trovarla e l’esperimento non è riuscito.
Non c’è una nuova classe dirigente potenziale del Paese. L’Italia invecchia con i suoi fantasmi del lontano passato ancora presenti. Non ha ancora fatto la pace con se stessa, purtroppo.
Un’ultima notazione critica: la nomina di Fitto a Vicepresidente dell’Unione europea.
Pare che sia un trionfo della Meloni. Ma poteva andare diversamente ed escludere l’Italia dall’esecutivo comunitario?
L’opposizione ricama sciocchezze: un Vice presidente non è un Commissario; abbiamo perso con l’uscita di Gentiloni, il Commissariato per l’Economia e così via. Ponzano se votare a favore o contro.
Rimettiamo le cose a posto: Gentiloni era il Commissario per l’economia ma a fianco, come sorvegliante, c’era Dombrowski. Un potere limitato, dunque, non lo dimentichiamo.
II Vice presidente coordina altri Commissari settoriali, e questa è una funzione importante che invece non si considera. Infine, Fitto sarà pure di origine italiana, ma va a fare il vice Presidente per l’Europa. Non potrà essere la mano lunga della Meloni.
Insistere sul suo essere italiano è solo controproducente. La Meloni deve farsi una ragione: ha perduto un Ministro e non avrà un servo sciocco a Bruxelles. Quindi, meno trionfalismi e più serietà.
Roma, 17/09/2024