Un tranquillo condominio di Casagiove era diventato il fulcro di un intenso traffico di stupefacenti. Decine di persone, soprattutto giovanissimi, entravano e uscivano dall’appartamento di una coppia di coniugi, insospettendo i residenti della zona.
Le segnalazioni da parte dei condomini, stanchi di quel continuo andirivieni a ogni ora del giorno e della notte, sono arrivate ai carabinieri che in pochi giorni si sì sono attivati avviando una serie di appostamenti e soprattutto monitorando i “clienti” della coppia. L’indagine ha preso una svolta quando, durante la perquisizione eseguita ieri mattina dai carabinieri, uno degli assuntori ha addirittura bussato alla porta della coppia per chiedere una dose, ignaro della presenza in casa delle forze dell’ordine. I carabinieri della locale Stazione, infatti, dopo giorni di segnalazioni e controlli, hanno deciso di intervenire una volta identificata anche la particolare clientela. Giunti sul posto, hanno bussato alla porta dell’appartamento segnalato, dove vivevano A.C., 38 anni con piccoli precedenti, e sua moglie V.G., 34 anni, incensurata. La coppia, vistosamente nervosa alla vista dei militari, ha tentato di evitare la perquisizione consegnando spontaneamente un bicchiere da caffè che conteneva tre involucri termosaldati di cocaina, riposti sul frigorifero.
Una mossa d’anticipo per evitare un controllo nell’abitazione che però non è andata a buon fine. Durante la perquisizione dell’appartamento, come detto, i carabinieri hanno anche notato che un assuntore ha bussato alla porta chiedendo una dose, ignaro di ciò che stava accadendo all’interno.
La perquisizione dell’abitazione ha però rivelato molto di più. All’interno del mobile della cucina, nascosto tra gli oggetti quotidiani vicino alla cappa, è stato trovato un altro bicchiere da caffè contenente ulteriori tre dosi di cocaina, oltre a un bilancino di precisione e un rotolo di nastro adesivo, strumenti essenziali per il confezionamento della droga. Ma non finisce qui: dietro la cornice della porta della camera da letto, i carabinieri hanno scoperto una busta per surgelati contenente un altro quantitativo di stupefacente.
Oltre alla droga, i militari hanno trovato in possesso dell’uomo 410 euro in contanti, suddivisi in banconote di vario taglio, ritenuti provento dell’attività illecita.
Tutto il materiale, dalle dosi di cocaina al bilancino, fino al denaro, è stato sequestrato. La coppia, subito arrestata, è stata condotta in caserma per le formalità di rito, per poi essere sottoposta agli arresti domiciliari. Dovranno rispondere dell’accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
I condomini dello stesso stabile, che per giorni hanno assistito a quel traffico incessante di persone, avevano immaginato che dietro quell’andirivieni ci fosse qualcosa di sospetto: circostanza peraltro notata anche da diversi residenti del vicinato che negli ultimi giorni si erano insospettiti. Da qui l’Sos e l’immediata indagine che ha consentito di far emergere l’illecito business degli stupefacenti messo in atto dai coniugi finiti ai domiciliari ***

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È durata 18 giorni la irreperibilità di Fabio Buffardo, 40 anni, di Aversa, tra i destinatari di una misura cautelare in carcere nell’ambito dell’inchiesta su pizzo e droga della Direzione distrettuale antimafia di Napoli battezzata “Fertilia” scattata lo scorso 3 settembre a carico di oltre 40 persone tra cui l’ex capo zona di Teverola, Aldo Picca, detenuto ad Agrigento. I carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta hanno individuato il quarantenne in Spagna arrestandolo allo scalo portuale di Civitavecchia (Roma) al ritorno della sua “vacanza” iberica. Secondo l’accusa, Buffardo risulta stabilmente inserito in un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti operante nell’Agro Aversano: lo scorso 3 settembre riuscì a sfuggire al blitz in quanto non presente al suo domicilio e presso i luoghi di solito frequentati.
Le meticolose indagini dell’Arma hanno successivamente consentito di individuare e rintracciare il ricercato all’estero e, in particolare, in Spagna quindi di bloccarlo, in collaborazione con le autorità di frontiera, presso lo scalo portuale di Civitavecchia, mentre stava rientrando in Italia e poi di trasferirlo nel carcere laziale. Il ruolo di Fabio Buffardo, citato circa 200 volte nell’ordinanza cautelare, emerge come cruciale nell’organizzazione di Luigi Abategiovanni, altro braccio operativo dell’organizzazione.
Buffardo sarebbe stato uno dei principali collaboratori di Abategiovanni, quando mise consapevolmente a disposizione la propria abitazione per le operazioni di taglio e confezionamento di stupefacenti. Il suo contributo si sarebbe esteso anche alle attività di spaccio, essendo stato “arruolato” come spacciatore principale per conto di Abategiovanni. In alcune intercettazioni ambientali, si evidenzia che Buffardo è coinvolto anche nelle attività di supporto logistico, come la ricerca di luoghi per nascondere la droga e l’accompagnamento di Abategiovanni nelle cessioni itineranti. Riceveva le chiamate “di servizio” durante le operazioni di spaccio, e veniva messo al corrente in tempo reale di tutte le operazioni dell’associazione.
La stretta collaborazione tra Buffardo e Abategiovanni è testimoniata dalla fiducia che quest’ultimo riponeva in lui, tanto che veniva informato immediatamente dell’arrivo di nuovi carichi di droga e delle operazioni di consegna.
Intanto, nei giorni scorsi si è costituito in carcere a Secondigliano un altro dei destinatari dell’ordinanza “Fertilia”, ovvero Omar Schiavone il quale è stato interrogato dal gip e trasferito ai domiciliari su decisione del tribunale della Libertà. Il collegio dei giudici partenopei ha annullato anche la misura carceraria per Bruno Frascarino disponendo l’immediata scarcerazione. Sia Frascarino che Omar Schiavone (fratello di Nicola Schiavone detto ‘o Russ) sono difesi dall’avvocato Mario Griffo. In particolare a Frascarino è contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti con l’aggravante della metodologia mafiosa. A Schiavone sono contestati diversi episodi di cessione di hashish e cocaina.
Sempre sul fronte delle indagini antidroga, il gip del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Emilio Minio, ha concesso gli arresti domiciliari ai fratelli Manuel e Antonio Merino, di Vitulazio, difesi dall’avvocato Gennaro Romano, arrestati giovedì scorso a Giano Vetusto con mezzo chilo di droga.
I due, con precedenti, avevano tentato di sfuggire alla cattura dei carabinieri (uno dei quali quasi investito da un’Audi guidata da Antonio, senza patente) poi rintracciati a bordo di una Fiat 500.

 

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CARINOLA
Ennesima aggressione ad un agente di polizia penitenziaria colpito a pugni e ferito a morsi da un detenuto nel carcere di Carinola. A denunciare l’episodio è Ettore Natale, segretario del Sindacato autonomo polizia penitenziaria.
Il detenuto, «già nei giorni scorsi aveva devastato parte dell’infermeria e attaccato gli agenti con due bastoni, prima di essere immobilizzato, fortunatamente senza causare feriti – spiega Natale – giovedì, portato in isolamento, ha approfittato dell’apertura della cella per cambiare un materasso, ha spinto un agente ed è fuggito nel corridoio. Un altro agente ha tentato di fermarlo, ma è stato colpito con pugni e morsi. Solo grazie all’intervento di altri poliziotti, che lo hanno bloccato e riportato in cella, si è evitato il peggio. L’agente ferito ha dovuto recarsi al pronto soccorso per ricevere cure mediche».
Tiziana Guacci, responsabile campana del Sappe, denuncia: «A Carinola regna il caos: ci sono oltre 510 detenuti, il numero più alto mai registrato, di cui almeno la metà per motivi legati all’ordine e alla sicurezza, e solo 140 agenti, di cui meno di 100 effettivi. È impossibile garantire l’ordine in queste condizioni. Per il Provveditore dobbiamo fare con il personale disponibile, ma per il Dap la mancanza di personale è solo una scusa: la verità è che non hanno soluzioni e i pochi agenti rimasti sono esausti».
Donato Capece, segretario generale del Sappe, esprime solidarietà ai colleghi e afferma che «l’episodio sottolinea ancora una volta la crisi del sistema penitenziario. La tensione nelle carceri è costante e grave è che siano gli agenti a subirne le conseguenze. È un affronto alla Nazione, un gesto vile compiuto in stato di detenzione, durante un percorso di risocializzazione. Un oltraggio senza precedenti. L’aggressione di ieri è solo l’ultimo di una serie di eventi che evidenziano l’urgenza di intervenire per migliorare la sicurezza nelle carceri».
Capece conclude lanciando un appello alle istituzioni: «Il Sappe chiede un intervento immediato del Dap e del Ministero della Giustizia. È necessario adottare misure più severe contro i detenuti violenti, applicando l’articolo 14 bis dell’Ordinamento penitenziario e fornendo agli agenti strumenti adeguati per difendersi».
Intanto, ha dichiarato di non volere pi tornare in servizio, l’infermiera che alcuni giorni fa è stata aggredita da alcuni detenuti all’interno della casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere. Lo ha reso noto il sindacato Fp Cgil, attraverso le parole del segretario provinciale con delega alla Sanità, Ciro Vettone. «Desideriamo esprimere vicinanza e solidarietà alla collega aggredita in un carcere, quello di Santa Maria Capua Vetere, dove, teniamo a precisare conclude – ci sono ben mille detenuti e mancano gli agenti di custodia».

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