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Ordine commercialisti. L’inchiesta ora punta al viceministro Sisto

Nei guai il direttore generale di via Arenula Mimmo – Il sottosegretario. Non è indagato, ma è il controllore dell’Ordine (che ha affidato consulenze a suo figlio). La Procura vaglia lo stralcio sulla presunta inerzia negli accertamenti

24 Settembre 2024
Un’inchiesta della Procura di Brescia travolge 18 tra i commercialisti più noti d’Italia e quattro funzionari arrivando fino a Roma, con un direttore generale del ministero di Giustizia indagato e uno stralcio dell’indagine che potrebbe chiamare in causa nientemeno che Francesco Paolo Sisto: il viceministro e sottosegretario alla Giustizia con delega alle professioni. Sisto non è indagato ma i pm di Brescia segnalano ai colleghi di Piazzale Clodio due elementi per le valutazioni di competenza. Il primo è “l’inerzia prolungata” del dicastero che vigila sull’Ordine dei commercialisti nei confronti delle irregolarità riscontrate in seno al Consiglio dell’Ordine e a quello di disciplina di Bergamo fino al suo commissariamento. Il secondo è relativo alle consulenze date dall’ente pubblico vigilato al figlio avvocato, una delle quali proprio per la difesa dell’organismo dopo una perquisizione ordinata da Brescia. Della proposta per deliberarla non c’è più traccia, resta solo un foglio bianco.DOPO UN ANNO di indagini i pm Antonio Bassolino e Donato Greco hanno chiuso il cerchio sulle presunte irregolarità negli organismi della categoria, da quello territoriale di Bergamo al nazionale di Roma. I reati ipotizzati sono l’interruzione di pubblico servizio e di turbativa, perché le loro condotte hanno avuto l’effetto di paralizzare i lavori del consiglio di disciplina di Brescia. In capo al Presidente del Consiglio Nazionale Elbano De Nuccio la rivelazione di segreto d’ufficio, per la divulgazione di notizie riservate su iscritti all’albo professionale segnale dal Presidente dell’Ordine di Brescia. Gli indagati sono professionisti con studi da Treviso a Bari e quasi l’intero Consiglio nazionale: il presidente, il direttore generale, tesoriere, segretario, le responsabili dell’ufficio legale e dell’ufficio relazioni istituzionali.

La valanga parte da un sassolino. “Sono finita lì per caso, tra tanti colleghi importanti” racconta al Fatto Maria Linda Sottocorna, membro della Disciplina di Bergamo con studio a Romano di Lombardia. “Potevo avere fascicoli delicatissimi sui colleghi, ma se chiedevo i verbali delle sedute cui partecipavo me li negavano. Mi dicevano “sta buona, sennò non lavori più”. Ma lei buona non sta.

Martella con esposti e denunce ministero, Consiglio Nazionale e organo di disciplina di Brescia. Scrive di “gravi illeciti” e omissioni e di “inspiegabili resistenze” da parte del presidente dell’Ordine di Bergamo Francesco Geneletti e dei consiglieri della disciplina orobica, non solo a rispettare le procedure per la sostituzione dei membri della disciplina, ma anche nella trasmissione dei verbali e nell’assegnazione dei fascicoli disciplinari, compresa l’omessa segnalazione degli iscritti che non dichiarano i carichi pendenti, col rischio di favoritismi.

Il 28 giugno 2024 interessa anche la Procura di Brescia cui denuncia “la costante inerzia degli organi di vigilanza del Ministero di Giustizia” pur con “la piena coscienza degli illeciti commessi”. Ancor prima di lei si era mosso il presidente del Consiglio di Disciplina di Brescia, Giuliano Baiguera, che ha la competenza su Bergamo. Il 27 settembre 2023 chiedeva alla Procura di fare gli approfondimenti del caso, parte l’inchiesta. Uno stralcio è già stato trasmesso a quella di Bergamo ma sul tavolo del procuratore capo Francesco Prete ce ne sono altri due, in fase di valutazione, che attendono di essere trasmessi a quelle di Roma e Latina. Il versante più delicato è quello capitolino.

Tra gli indagati figura infatti Giovanni Mimmo, magistrato fuori ruolo e direttore generale del Dipartimento Affari di Giustizia, ma l’indicazione ad approfondire porta dritto all’ufficio del viceministro Paolo Sisto. Il suo nome in questa storia entra sia per il ruolo genericamente “inerte” che avrebbe avuto il ministero su tutta la vicenda, ma anche per via di alcune consulenze ricevute dal figlio Roberto Eustachio Paolo, di professione avvocato, proprio dal Consiglio Nazionale e dalla sua Fondazione che fa studi e ricerca per il settore. Tre quelle note: nel 2023 Sisto jr. aveva avuto due contratti come ricercatore, uno dalla Fondazione da 25 mila euro e l’altro dal Consiglio per 8 mila, nel 2024 uno da 10 mila euro. Incarichi coordinati proprio da alcuni indagati e avvallati dal presidente De Nuccio che al tempo stesso presiede anche l’organo che vigila sulla Fondazione, col risultato che il sorvegliante sorveglia se stesso.

Roma è in fibrillazione da tempo. Il 19.11.2023 a Sisto e al dg Giovanni Mimmo perviene una lettera-appello che parla esplicitamente degli incarichi al figlio. E’ firmata solo “alcuni consiglieri nazionali” ma molto precisa. “La nostra Fondazione – si legge – è interamente controllata dal Consiglio Nazionale, sul quale deve vigilare il Ministero della Giustizia: il conflitto di interessi che si delinea è di manifesta gravità”. E ancora: “La scelta non ha ricevuto un riscontro favorevole nell’ambiente e tra i più stimati consiglieri, si comincia a parlare di una tangente “di fatto” diretta a procurare l’appoggio del Ministero in vista della riforma del dpr n. 139/2005 e nei confronti di quegli Ordini professionali che hanno promesso di dare il voto a De Nuccio alle prossime elezioni”.

Il rischio cortocircuito in quei giorni è totale. Il 26 ottobre la Procura di Brescia manda i carabinieri di Roma a perquisire gli uffici del Consiglio Nazionale e due settimane dopo, l’8 novembre, il Comitato Esecutivo proponeva al figlio di Sisto un incarico proprio per difendere l’operato dell’organismo “in merito all’indagine penale” avviata da Brescia. In sostanza, il figlio avrebbe dovuto difendere il Consiglio Nazionale dalle inerzie sue e del ministero dove al vertice è il padre, cui la legge attribuisce i doveri di vigilanza sul Consiglio. Della proposta di delibera non c’è più traccia, ai documenti trasmessi dalla segretaria del Comitato Esecutivo, indagata, viene allegato un foglio bianco.

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