*Legge sulla sicurezza: Allarme democratico?* di Vincenzo D’Anna*

Dovrebbero averlo imparato finanche i bambini che in Italia esiste la particolare categoria dei “sinceri democratici”. Un espressione idiomatica che la sinistra tricolore utilizza fin dai tempi di Palmiro Togliatti, segretario del partito comunista italiano nel dopoguerra. Costui incarnò la figura del combattente per la democrazia e la libertà dopo essere riparato in Unione Sovietica per sottrarsi alla polizia fascista. Durante il proprio espatrio “ Il Migliore”, come lo chiamavano i compagni, svolse il ruolo di segretario del Comintern, l’Internazionale comunista diretta dal sanguinario dittatore Giuseppe Stalin. Durante la sua permanenza in quel di Mosca, Togliatti divenne complice nonché fedele esecutore dei crimini politici perpetrati dal Cremlino anche nei confronti di quei comunisti europei ed italiani, ritenuti strumentalmente “revisionisti”, che avevano trovato rifugio nel paese dei Soviet. Non solo. Il buon Palmiro evitò accuratamente anche di battersi per difendere la vita dei prigionieri di guerra italiani, accettando che tanti, troppi suoi connazionali, soffrissero le pene dell’inferno o, peggio ancora, che fossero addirittura soppressi in quanto “fascisti”. Con questa aura, segreta ai più, Togliatti sbarcò a Salerno ove, camaleonticamente, cambiò atteggiamento, collaborando con le altre forze politiche anti-fasciste alla nascita del governo di unità nazionale presieduto dal democristiano Alcide De Gasperi, alla redazione della Carta Costituzionale in Assemblea Costituente, ed infine all’instaurarsi della Repubblica. Insomma: prendeva vita con lui il prototipo del politico dalla doppia morale: quella di facciata – buona ed aperta al dialogo – e quella occultata di marxista intransigente e senza scrupoli, al servizio della superiore, indiscutibile, causa ideologica comunista. Una causa che aveva fatto migliaia di proseliti, molti dei quali, in quel tempo, pronti a sovvertire con le armi l’ordine democratico del “regime capitalistico e borghese” instauratosi con la scelta degasperiana di collocare il Belpaese sul versante delle democrazie occidentali. La sconfitta, il 18 aprile del 1948, del fronte socialcomunista; l’amnistia, concessa dallo stesso Togliatti (come ministro di Giustizia) il 22 giugno del 1946 e fatta passare come un colpo di spugna sui crimini fascisti ma emanata per cancellare, in realtà, anche i tanti delitti commessi durante la guerra civile dai partigiani comunisti (per non dire delle loro vendette trasversali), infine il varo della Carta Costituzionale, furono tutte tappe che portarono il Pci italiano dentro le regole di un regime democratico e parlamentare, ancorché in aperta opposizione con le forze cattoliche e laiche che lo avrebbero governato in seguito. Restando alla “doppiezza morale”, al modo di agire nei confronti dell’avversario non marxista (quindi estraneo al progetto di dittatura del proletariato come fine ultimo dell’agire), fu proprio con Togliatti che nacque la cosiddetta “chiesa comunista”, col suo rigore di fede ideologica e di etica comportamentale. Quest’ultima si manifestò sempre in maniera settaria e supponente tanto da elargire, a seconda dei casi e delle circostanze, le patenti di ortodossia democratica ai vari interlocutori di turno. “Sinceri democratici” furono pertanto tutti coloro i quali venivano considerati utili, in una qualche misura, alla causa comunista, anche nella veste di forze collaterali allo stesso partito, come, ad esempio, i cattolici comunisti, gli indipendenti di sinistra e tutti gli autorevoli intellettuali, gli artisti ed i chierici che guardavano con simpatia al partito-chiesa di via delle Botteghe Oscure. Tutti gli altri erano certo democratici ma ritenuti una sorta di sub specie dei primi, ossia di soggetti dai quali bisognava comunque guardarsi e tastarne il polso. Ebbene oggi, in forza a tutto questo retaggio storico, a questo singolare portato culturale e politico, non sono pochi quelli che ancora ragionano ed operano così. Stiamo parlando di quei… “supereroi” che, nonostante le molte trasformazioni di simbolo e politica intervenute con la caduta dell’Urss, si collocano in quel solco di tradizione socialista e statalista, sorta sulle ceneri di Marx, assumendo tale sussiegoso atteggiamento, sentendosi depositari di una superiorità morale. Capita quindi che ad ogni piè sospinto questi personaggi, ancora in cerca di autore e di una certa e originale collocazione ideologica alla quale approdare (dopo la morte dei partiti di massa e delle ideologie), lancino accorati “allarmi democratici”. Costoro sfilano e protestano, bandiere rosse al vento, e difendono, petto in fuori, la democrazia messa in pericolo dai loro contendenti politici. Una pantomima che resuscita il pericolo del fascismo quando non c’è altro da poter utilizzare come argomentazione. Sanno bene che esiste ancora una fascia di nostalgici rossi, di partigiani per antonomasia, ai quali piace vedere garrire al vento la falce e il martello. In queste ore i nipotini di Togliatti rispolverano l’allarme sulla legge che il Parlamento si appresta a licenziare in materia di sicurezza: pene aumentate per le rivolte violente in carcere, per il blocco stradale e ferroviario di cortei non autorizzati, ma anche sulla corruzione, con aumenti di pena; la prescrizione dei reati, che si allunga ancora nel tempo (vecchio cavallo battaglia dei grillini) e la riabilitazione, più difficile, per il soggetto che ha scontato la pena. Insomma, in tempi come questi non sembrano bestemmie in chiesa né prodromi per conculcare le libertà. In sintesi: nulla che leda seriamente prerogative civiche e diritti liberali, ma solo l’amor proprio di Fratoianni e dei suoi compagni di strada. Eppure per i sinceri democratici è “allarme democratico” e quello che non hanno fatto in un decennio al governo lo pretendono dagli altri. Che bravi!! Meno male che continuano a lottare, impavidi, per noi!!

*già parlamentare