Missili in giardino
(di Stelio W. Venceslai)
Piovono missili su Israele. Stavolta non vengono né da Gaza né dal Libano né dallo Yemen. Vengono direttamente da Teheran, come l’altra volta. Finalmente, il Grande Prete si è mosso. Ha gridato allo scandalo, ha minacciato, ha giurato vendetta. Ecco fatto, e il mondo trema. Dove finiremo con questa nuova escalation?
Niente paura: i missili dell’Iran sono strani. Non fanno distruzioni e non fanno neppure stragi. Non sono come quelli israeliani. L’altra volta rimase ferita una ragazzina da una scheggia ed ora è fuori ospedale. Stavolta c’è stato solo un morto, vedi caso, ed era un palestinese. Sono missili fasulli. Oppure è eccellente la difesa anti missili israeliana, supportata da USA, Francia e Inghilterra, gli alleati della combine. Scegliete voi.
Però, i missili iraniani fanno rumore. Tanto.
I commentatori politici occidentali sono più meno tutti dello stesso parere, autorevoli, quasi convincenti: Netanyahu sta vincendo. La pace, forse, è vicina. Vediamo perché.
Hamas è senza capi e senza gerarchie intermedie. Sono braccati come cani selvaggi. Su 50.000 morti nella campagna di Gaza almeno la metà sono miliziani di Hamas e il loro Capo supremo, Hanyeh, è stato ucciso con il suo entourage proprio a Teheran. Un omicidio politico-militare e una beffa sanguinosa per i servizi di sicurezza iraniani.
Gli Hezbollah sono nei guai. Per un anno hanno punzecchiato il nord di Israele con i loro missili e Israele sta rendendo loro pan per focaccia. Con la storia dei cercapersone che esplodono in faccia ne sono morti parecchi, tra capi e capetti. Poi, il colpo grosso: il Capo di tutti i capi è morto nel bombardamento di Beirut. Gli Hezbollah sono sbandati, non riescono a comunicare, ad organizzarsi. Sono finiti anche loro, come Hamas. Non lo sanno, ma muoiono come le mosche in mezzo a tanti civili libanesi innocenti.
Gli Houthi danno ancora fastidio, ma sono solo mosche cocchiere. Finito Hamas, finiti gli Hezbollah, finiranno anche loro.
L’Iran, dunque, è alle corde. L’ondata di 181 missili su Israele è un atto disperato, tanto per far vedere che ci sono anche loro. Poi, c’è un forte dissenso nella popolazione civile, stremata dalle sanzioni e dalla miseria. Gli ayatollah non possono tirare troppo la corda a rischio di una rivolta.
Gli autorevoli commentatori di cui sopra aggiungono altre considerazioni. Gli altri Paesi arabi (segnatamente Egitto e Arabia Saudita) è come se non ci fossero. Non amano la lunga mano sciita nella regione. La Russia è impicciata parecchio in Ucraina. Non può permettersi d’intervenire in un’altra guerra quando non riesce a vincere la sua, neppure tramite la Siria.
La Cina, poi, non ha alcun interesse a farsi sentire. I Cinesi fanno gli affari, non le guerre. Quelle le lasciano all’Occidente. Più si svena meglio è. L’altro grande contendente occulto, ma non tanto, gli Stati Uniti, proteggono Israele, ma stanno sullo sfondo. Non amano Netanyahu ma sono costretti dalle circostanze a sopportarlo.
Insomma, sono ragionamenti che non fanno una piega.
Personalmente ritengo (ma il mio parere, intendiamoci, non ha alcuna importanza) che, invece, la spirale della guerra si stia sviluppando in modo pericoloso.
Vedo male gli Hezbollah che in Libano, dove sono detestati, non sono a casa loro ma un corpo estraneo. Questa per l’esercito libanese potrebbe essere la volta buona per liberarsene, ad onta della solidarietà araba. L’azione combinata di terra e di cielo israeliana potrebbe ripulire il terreno dove sono annidati ed hanno prosperato gli Hezbollah.
Per Hamas, invece, il discorso è diverso. Sono Palestinesi e vivono in Palestina. Li puoi anche ammazzare tutti, ma avranno sempre padri, fratelli e figli che si ricorderanno di loro e vorranno vendicarsi. La faida non è finita. Anzi, un oceano di odio cresce nei Territori occupati e a Gaza. Non c’è da farsi illusioni.
Poi c’è il caso Iran, in fondo il più importante. Una volta la guerra si faceva tra confinanti. Grazie a Dio oggi, lo spazio si è allargato e con i missili da Parigi puoi fare la guerra alla Corea. Un miglioramento netto, non c’è dubbio. Miracoli della tecnologia. Ma poi? Occorrono sempre, alla fine, le truppe di terra. Se il Paese non lo occupi, non ha senso. Magari occupi un mare di macerie, ma lo devi presidiare.
Sulla carta l’Iran è molto più grosso di Israele. Ma sulla tecnologia è indietro di almeno quindici anni. L’Iran non può correre rischi se non ha le lunghe braccia armate degli Hezbollah e di Hamas.
Recise le braccia, che fa? Gli sbarchi navali in Galilea?
Stessa cosa vale per Israele. Insulti, minacce, dichiarazioni di fuoco ma chi ci va in Iran? Nessuno. Puoi però lanciare missili e dissestare un sistema economico già squilibrato per conto suo. Questo lo può fare anche l’Iran con Israele, ma Israele ha uno scudo spaziale che manca all’Iran e alleati occidentali di peso. Tra il grande e grosso e il piccolo, vince il piccolo.
Contare sull’insofferenza del popolo iraniano, stanco di un governo di preti che li ha isolati dal mondo è una speranza. Il regime arresta e impicca. Tra polizia morale e pasdaran è sorretto da una forza militare che, sul piano interno, non è trascurabile. La gente non vuole farsi ammazzare. E, poi, c’è la propaganda.
Diceva Goering, che era uno che di propaganda se ne intendeva, al processo di Norimberga:” È ovvio che la gente non vuole la guerra. Perché mai un povero contadino dovrebbe voler rischiare la pelle in guerra, quando il vantaggio maggiore che può trarne è quello di tornare a casa tutto intero? Certo, la gente comune non vuole la guerra: né in Russia, né in Inghilterra e neanche in Germania. È scontato. Ma, dopo tutto, sono i capi che decidono la politica dei vari Stati e, sia che si tratti di democrazie, di dittature fasciste, di parlamenti o di dittature comuniste, è sempre facile trascinarsi dietro il popolo. Che abbia voce o no, il popolo può essere sempre assoggettato al volere dei potenti. È facile. Basta dirgli che sta per essere attaccato e accusare i pacifisti di essere privi di spirito patriottico e di voler esporre il proprio Paese al pericolo. Funziona sempre, in qualsiasi Paese”.
In conclusione, è troppo presto cantar vittoria. Ci sarà sempre il terrorismo a rallegrarci. Al momento regnano solo tracotanza e incertezza.
Roma, 03/10/2024