“La legge Zanettin, se approvata, complicherà le indagini sui reati che più impattano sulle persone comuni: maltrattamenti, usura, violenza sessuale, sequestri di persona. E sarà sempre più difficile individuare i responsabili”. Francesco Menditto è procuratore di Tivoli, popolosissimo distretto in provincia di Roma dove è molto alta la percentuale di reati legati alla criminalità comune. Mercoledì in Senato inizia la discussione sul ddl proposto dal senatore Pierantonio Zanettin di Forza Italia che vuole limitare a 45 giorni – prorogabili solo di fronte a “elementi specifici e concreti” – le intercettazioni per tutti i reati che non sono legati alla criminalità organizzata. Una gigantesca tagliola al lavoro delle procure.
Procuratore Menditto, quali sono le indagini che questa legge andrà a colpire?
Penso ai reati di violenza sessuale e ai maltrattamenti, dove in questi anni si sono fatti molti passi avanti dal punto di vista normativo ma che le limitazioni alle intercettazioni rischiano in parte di vanificare. E poi casi che vediamo tutti i giorni, come il sequestro di persona, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, anche per ingenti quantità. C’è l’usura, reato gravissimo del quale sono vittime tantissime persone in difficoltà economica. E poi ancora le bancarotte, gravi reati finanziari e tributari per cui sarà più difficile sequestrare e confiscare i profitti illeciti, e l’estorsione collegata alle truffe agli anziani, che è una piaga. Vorrei citare le indagini per omicidio, fattispecie che non vedo esclusa dal disegno di legge. Insomma, diventa sempre più complesso tutelare le persone offese e la collettività.
Di solito, nella vostra procura, quanto tempo devono durare le intercettazioni affinché si possa costruire un quadro probatorio completo?
Solitamente per questo tipo di reati servono almeno tre mesi. Ma questa non è una media, è un termine minimo. Ci sono poi reati più complessi, come i reati economici per i quali spesso servono anche otto o nove mesi. È molto tempo, è vero, ma posso assicurare che noi magistrati abbiamo tutto l’interesse a chiudere le intercettazioni il prima possibile, anche perché poi possiamo sbloccare risorse e personale su altre indagini. Non bisogna dimenticare che le plurime riforme introdotte hanno reso molto più complesse le intercettazioni.
I relatori potranno opporre l’argomentazione che, di fronte a elementi sostanziali o particolari esigenze, sono previste proroghe.
Certo, ma si continua a introdurre “complessità” nel processo penale. Mi spiego. Ogni motivazione del giudice sulla necessità di superare i 45 giorni, richiesta con estrema specificazione, può essere “contestata” nel corso del processo, fino alla sentenza di secondo grado, così aprendo varchi a dichiarazioni di inutilizzabilità delle intercettazioni oggi non previste. Insomma ostacoli su ostacoli.
Secondo lei c’era la necessità di intervenire sulla disciplina delle intercettazioni telefoniche?
Le riforme da questo punto di vista vanno avanti dal 2017 e sono stati introdotti numerosi limiti e modifiche creando incertezze applicative e rischi di declaratorie di inutilizzabilità. Intervenire diventa sempre più complesso.