Ohibò

ohi-bò

Significato Espressione di sdegno, sprezzo, disapprovazione, con una connotazione di sorpresa

Etimologia voce onomatopeica composta da ohi e bo.

  • «Ohibò, non ci avevo pensato!»

Per mostrare disapprovazione e stupore insieme, ci piace usare parole crude. ! Con varianti senza copertura di  che non stiamo a riportare. Ed è chiaro perché: lo sdegno a sorpresa è una reazione dura. Il  — che ama il , e quindi lo star seduto — qui viene colpito senz’avviso, sobbalza, ed è doppiamente contrariato. Ma proprio perché è una reazione dura, la lingua, nella sua saggezza estrema, oltre agli eufemismi (dal caspita stesso al cavolo, dal perdinci all’accipicchia) ci apparecchia delle esclamazioni innocue e gonfie, dalla pregiatissima carica ironica.

È la terra meravigliosa dei , dei perbacco, dei , e appunto degli ohibò, o oibò, come andava di più un tempo.
L’ohibò ha una  formidabile, perché è in effetti un’ composta da due elementi fonosimbolici: il dispetto contrariato dell’ohi (che ha patenti di nobiltà da fare invidia, lo troviamo anche in greco) e l’incertezza stupita del bo. Così traghetta la sua stupita disapprovazione su lidi più o meno seri — con grande successo fin dalla sua invenzione nel Cinquecento.

Tocca a me portar fuori la spazzatura? Ohibò, non ci penso nemmeno! Spero possa pagare tu perché ho lasciato il portafogli a casa, ohibò. Hai già avuto modo di  che cosa c’è a mensa oggi? Ohibò, le zucchine.
E se, quando annunciamo chi si aggiunge all’ultimo alla cena, l’amica proferisce un  «ohibò», sappiamo che ci sono dei retroscena da scoprire.

Certo l’ohibò ha un sapore , rétro, ma questo è parte del gioco — la simpatia di questo genere di termini è composta anche dal loro essere insoliti, e dall’avere un odore un po’ . È una caratteristica che ci aiuta a tirare fuori dalla realtà quella reazione scontenta e , a renderla più astratta, e quindi meno preoccupante.
Quando sbottiamo  con parole dure nel flusso di uno sprezzo sorpreso, allora ci siamo dentro con le scarpe, anche perché rappresentiamo il nostro sentimento in un modo che gli dà forza ulteriore; mentre l’ohibò ha il pregio di distanziare emotivamente l’espressione della reazione.

Così una scelta lessicale che sembra tutta guidata da  di gusto topolinesco (o meglio, di squisito gusto topolinesco), può avere anche uno speciale  d’, che scherzando sulla , sul  e sul rincrescimento riesce nel compito erculeo di non prendersi troppo sul serio.