Taccagno

tac-cà-gno

Significato Restio a spendere, a dare

Etimologia etimo incerto.

  • «Non ti aspettare grandi regali, è notoriamente un taccagno.»

È una specifica qualità, o meglio, un particolare  umano con una quantità di nomi . Ci interessa enormemente nominarlo, denunciarlo — evidentemente perché lo consideriamo un disvalore come pochi altri. È il vizio di chi dà poco, che nel taccagno ha una  centrale, espressiva e  insieme, buona per tante occasioni.

Peraltro è uno dei casi in cui, nel fare un carotaggio dei sinonimi (senz’altro divertente) non sempre si arriva a  sostanziali: qui sono importanti anche solo le discriminazioni di registro e forma, spesso sottili.
La scelta fra spilorcio, tirchio e taccagno, ad esempio, ha più che altro a che fare con come ce la sentiamo in bocca: cerchiamo un effetto più , e quindi ci viene buono lo ? O cerchiamo un effetto più ringhiato, che il tirchio rappresenta felicemente? Oppure qualcosa di più largo e battente, come il taccagno?
Certo abbiamo sinonimi che si distinguono meglio: ad esempio il gretto e il  vantano un respiro più ampio, hanno una dimensione morale che travalica il dar poco. L’ d’altro canto si è guadagnato un posto più , distante, diciamo pure (senti qua) paradigmatico, gemello diverso dell’avido — mentre il tirato è asciutto, sobrio, essenziale. Ma possiamo aggiungerci il pidocchio, il pitocco, la , il tignoso, il , il parsimonioso, lo … Il panorama lessicale, insomma, è .

Diversi di questi termini sono trasparenti, altri hanno origini poco , e fra queste il taccagno. Ci sono almeno un paio di ricostruzioni etimologiche da menzionare, col  del dubbio.

Secondo quella che forse è più riportata, saremmo davanti a un derivato dello spagnolo tacaño col significato di ‘imbroglione, ’. Però se guardiamo in dizionario di spagnolo, il primo significato è ‘taccagno’, e si dice che tacaño viene da ‘taccagno’. Non uno , ma un rimbalzo, anzi quello che si dice un cavallo di ritorno — ma fatto resta che questo tacaño non si sa bene da dove derivi in prima istanza, con i suoi significati imperniati su gente dappoco e non dabbene (è di origine germanica? è di ascendenza ebraica? ne sono state dette molte).
Forse un’ipotesi plausibile si può trovare in parallelo nell’altra ipotesi: che ‘taccagno’ derivi da ‘tacco’ o ‘taccone’, di origine germanica, col primo significato di ‘zeppa, pezzo di legno’. L’idea procederebbe da un materiale grezzo che di fa persona , e quindi avara. Con qualche differenza, potrebbe essere accaduto qualcosa di analogo con lo spagnolo taco, ma siamo in un campo più che incerto.
Quello che ne traiamo, in ogni caso, è che la scaturigine ha un profilo di scarso valore. E questo, per quanto , è molto .

 

Infatti è curioso come la disposizione al dare e allo spendere sia così tremendamente polarizzante.
Da un lato abbiamo gli splendori della generosità — alla lettera l’appartenenza a un genere, a una gente, a una stirpe di valore — che si accompagnano alla , alla , alla larghezza, alla magnificenza stessa: tutte parole non solo sfolgoranti, ma anche di origine chiarissima, con un  etimologico .
Dall’altro un groppo di miserabile,  meschinità, in cui la  più vile si condisce di , in una sfilza schifosa di sinonimi variamente grugniti e sputacchiati, che si sono deformati di bocca in bocca fra innumerevoli tartagliamenti disgustati, tanto che ricostruirne l’origine è una fatica. Anche se, in fondo al vaso di Pandora, la parsimonia qualche ragione la offrirebbe.

In questo  pieno di sfumature e incertezze, forse s’intende meglio la magia del taccagno, parola di un genere potente e  — onestamente incisiva, moderatamente smiagolata, di un registro non aulico ma versatile, che esercitiamo con soddisfazione per inchiodare il vizio che forse la lingua ha più in odio.