àt-ti-mo
Significato Brevissima frazione di tempo
Etimologia dal latino atomus ‘indivisibile’, prestito dal greco átomos ‘indivisibile’, ‘atomo’.
È un bel problema. Noi, con le nostre tradizioni millenarie possiamo darci arie di grandi altezze intellettuali, ma come diceva Bernardo di Chartres siamo nani sulle spalle di giganti — nella fattispecie, di giganti che in antico si sono arrovellati su come si fa a dire un pezzo di tempo piccolo.
Quelli lunghi sono più facili, abbiamo una miriade di riferimenti materiali a cui appigliarci per misura e analogia — dal giorno alla stagione alla vita. Quelli piccoli piccoli sono importanti da individuare ma rappresentano un problema più stringente: le ruote del tempo non fanno un tic tac udibile.
C’è la trovata ingegnosa del momento , che è ‘movimento’: la piccola porzione di tempo è rappresentata dall’impulso dinamico… dalla foto mossa. C’è l’istante, che sta sopra e quindi preme qui , e ha una dimensione d’imminenza — trovata molto raffinata. E poi si presta un fenomeno fisico — forse l’unico abbastanza comune e abbastanza straordinario da farsi conoscere e notare universalmente: il lampo. Ma abbiamo anche l’attimo.
È una parola che conosciamo bene e che è semplicemente l’esito popolare di quello che conosciamo come nobilissimo termine di scienza, l’atomo — átomos in greco.
Questa parola è famosamente un derivato di tómos ‘taglio’, con un prefisso a- privativo, e quindi l’átomos , come aggettivo, è il non tagliato o non tagliabile, indivisibile. La fisica antica, da Democrito in poi, usa la átomos (in greco femminile) per parlare delle particelle fondamentali che costituiscono il mondo, e che appunto essendo ideate come fondamentali non erano pensate per essere ulteriormente divisibili. Che pensata raffinatissima dare il nome antico di quella particella filosofica all’atomo scoperto dalla scienza dei nostri tempi! E che smacco scoprire che in effetti era ulteriormente divisibile.
Ad ogni modo, già il greco aveva sviluppato l’associazione fra atomo e piccolo lasso di tempo: ad esempio l’espressione en atómo si traduce simpaticamente ‘in un attimo’, ma stiamo parlando in effetti di un atomo di tempo, di un momento che non è ritagliabile, che non si può suddividere ulteriormente.
Il termine greco passa al latino atomus , e questo prosegue meravigliosamente nel parlato, scordando di sé tutte le antiche finezze scientifiche, conservando solo il senso dell’attimo — che emerge nello scritto italiano all’inizio del Trecento.
Così, quando risponderemo «Un attimo!» a chi ci chiama dall’altra stanza, quando racconteremo che abbiamo messo un piede in fallo ed è stato un attimo, la pirofila con la torta è stata proiettata nella tromba delle scale , quando proferiremo che abbiamo capito in un attimo di voler stare con una persona, ecco, da adesso sapremo che stiamo portando in bocca il seguito del seguito del concetto greco di uno stretto così stretto che non c’è punta di coltello in grado di dividerlo. Meraviglioso.
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La comunicazione può essere studiata come:
1. sintassi – la branca della linguistica che studia le regole che stabiliscono il posto che le parole occupano all’interno di una frase;
2. semantica – quella parte della linguistica che studia il significato delle parole, degli insiemi delle parole, delle frasi e dei testi;
3. pragmatica – si occupa dell’uso della lingua come azione. Non si occupa della lingua intesa come sistema di segni, ma osserva come e per quali scopi la lingua viene utilizzata. La pragmatica si occupa di come il contesto influisca sull’interpretazione dei significati.
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Cosa si intende per pragmatica della comunicazione?
Chi ce lo dice? Watzlawick, Beavin e Jackson, 1967
La pragmatica si occupa dell’uso della lingua come azione.
Non si occupa della lingua intesa come sistema di segni, ma osserva come e per quali scopi la lingua viene utilizzata.
La pragmatica si occupa di come il contesto influisca sull’interpretazione dei significati.
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Gli ASSIOMI della Comunicazione
1. Non è possibile non comunicare: qualsiasi interazione umana è una forma di comunicazione. Qualunque atteggiamento assunto da un individuo, diventa immediatamente portatore di significato per gli altri.
2. Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e uno di relazione: secondo gli studiosi di Palo Alto il contenuto classifica la relazione. Ogni comunicazione comporta un aspetto di meta-comunicazione che determina la relazione tra i comunicanti. Ad esempio, la mamma che ordina al bambino di andare a fare il bagno esprime, oltre al contenuto (la volontà che il bambino si lavi), anche la relazione che intercorre tra chi comunica e chi è oggetto della comunicazione, nel caso particolare quella di superiore/subordinato.
3. E’ la punteggiatura a determinare la sequenza di eventi. Ad esempio, se una scimmietta potesse stabilire la punteggiatura delle comunicazioni, potrebbe affermare di avere ben addestrato il proprio padrone, in quanto ogni volta che si mette a ballare questi è subito pronto a suonare il proprio organetto.
4. Gli esseri umani comunicano sia in modo analogico che digitale. Esempi di mezzi di comunicazione analogici sono: il termometro a mercurio, l’orologio a lancette. Quando si comunica usando le parole, la comunicazione segue il modulo digitale. Questo perché le parole sono segni arbitrari che permettono una manipolazione secondo le regole della sintassi logica che li organizza. La comunicazione digitale si basa sull’uso di segnali discreti per rappresentare in forma numerica i fenomeni e gli oggetti che intende designare. Esempi di mezzi di comunicazione digitali sono: il fax, il compact disc, l’orologio a cristalli liquidi (in cui l’indicazione dell’ora e delle sue frazioni è visualizzata con scatti di cifre).
5. Infine, per il quinto assioma, la comunicazione può essere simmetrica o complementare: tutti gli scambi comunicativi si fondano o sull’uguaglianza o sulla differenza. Si dicono complementari gli scambi comunicativi in cui i comunicanti non sono sullo stesso piano (mamma/bambino, dipendente/datore di lavoro). Sono simmetrici gli scambi in cui gli interlocutori si considerano sullo stesso piano: è questo il caso di comunicazioni tra pari grado (marito/moglie, compagni di classe, fratelli, amici).
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Vediamo di comprendere meglio ciascun assioma.
1. Primo assioma: l’impossibilità di non comunicare. Il comportamento non ha un suo opposto: non possiamo non comportarci; in qualsiasi situazione ci troviamo, avremo sempre un qualche comportamento (se continuiamo imperterriti a scrivere al pc mentre un nostro collega/collaboratore ci parla, che cosa gli stiamo comunicando pur tacendo?). Se concordiamo, con questa intuizione, nel riconoscere come comunicativo l’intero comportamento umano, allora ne consegue che è impossibile non comunicare. Non possiamo sottrarci alla comunicazione. In altri termini: se ogni comportamento è comunicazione e se è impossibile non comportarsi, sarà impossibile non comunicare. Una unità di comunicazione (comportamento compreso) è chiamata messaggio, una serie di messaggi scambiati fra persone è una interazione. Il centro dell’interesse del nostro approccio è quello di analizzare le conseguenze pratiche delle interazioni comunicative
2. Secondo assioma: Il livello di contenuto e di relazione. Paul Watzlawick e colleghi hanno introdotto una differenza di fondamentale importanza nello studio della comunicazione umana: ogni comunicazione tra esseri umani possiede due dimensioni distinte: da un lato il contenuto, ciò che le parole dicono (il loro significato oggettivo), dall’altro la relazione, ovvero quello che i parlanti lasciano intendere, a livello verbale e più spesso non verbale, sulla qualità della relazione che intercorre tra loro. Una comunicazione non soltanto trasmette informazione, ma al tempo stesso trasmette il livello di qualità della relazione. L’aspetto di notizia di un messaggio trasmette informazione ed è quindi sinonimo del contenuto del messaggio. L’aspetto di relazione si riferisce invece alla relazione tra i comunicanti e non viene quasi mai discusso apertamente. Watzlawick, per spiegare questo difficile, ma importante assioma, utilizza l’analogia del calcolatore: per operare, la macchina ha bisogno non solo di dati (informazione che immettiamo), ma anche di dati sui dati, ovvero un comando che dica alla macchina cosa fare con quei dati (meta comunicazione). Portando l’analogia nel mondo della comunicazione umana, possiamo identificare l’aspetto di notizia del messaggio come comunicazione e l’aspetto di relazione come “meta comunicazione” ovvero la capacità di parlare di cosa sta accadendo tra due persone.. Ogni comunicazione ha quindi un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione, di modo che il secondo classifica il primo. Cosa vuol dire questo praticamente?Alle volte non ci spieghiamo perché, pur sostenendo contenuti condivisibili e ragionevoli, gli altri ci osteggino. Se lo chiedono tutte le madri, quando i loro figli rifiutano di adottare un comportamento oggettivamente salubre per loro (ex. “copriti”, “mangia”, “vai a dormire, sei stanco”)… il punto è che con la ribellione non si contesta l’appropriatezza del contenuto, ma si rifiuta il livello di relazione, cioè il modo in cui si crede di essere percepiti dall’altro (nell’esempio del figlio, uno che ha bisogno di comandi genitoriali per determinarsi e quindi non emancipato). Le implicazioni di questo assioma sono molto forti. Ad esempio, durante un conflitto, non è affatto utile puntualizzare, sottolineare, analizzare il contenuto con l’obiettivo che un chiarimento della sostanza modifichi il livello di polemica. Se lo scontro comunicativo deriva dal livello di relazione, un’insistenza sul contenuto non potrà che innalzare il livello di conflitto e di potenziale incomprensione. Serve meta- comunicare ovvero parlare della relazione (nell’esempio di madre e figlio una possibile meta-comunicazione potrebbe essere quella del ragazzo che, capendo cosa gli da fastidio dice alla madre “sono abbastanza grande da scegliere per il mio bene, non è che tu dica sciocchezze, ma vorrei la smettessi di dare per scontato che io sia un bambino dipendente”).
3. Terzo assioma: la punteggiatura della sequenza di eventi A:“Reagisco male perché tu mi tratti male”… B: “Non ti tratto male, sei tu l’ipersensibile” A: “Non sarei così sensibile se non mi trattassi male continuamente!” … e così via all’infinito e oltre … L’osservatore esterno considera una serie di comunicazioni come una sequenza ininterrotta di scambi; tuttavia chi partecipa all’interazione ed è quindi calato nella comunicazione, legge lo scambio e reagisce ad esso secondo la punteggiatura della sequenza di eventi. Noi non discuteremo se la punteggiatura della sequenza di comunicazione sia buona o cattiva (è evidente che essa organizza gli eventi comportamentali ed è quindi essenziale per l’interazione); quello che a noi interessa è rilevare come spesso i conflitti relazionali siano semplicemente basati su una diversa interpretazione della sequenza di eventi: ogni parlante interpreta lo scambio in modo tale da vedere il proprio comportamento come causato dal comportamento dell’altro e mai come causa della reazione dell’altro e viceversa. In breve: ogni parlante accusa l’altro di essere la causa del proprio comportamento; è evidente che il problema della punteggiatura è risolvibile solo a livello di “meta comunicazione”, cioè ad un livello in cui si parla della relazione e non dei contenuti degli scambi comunicativi. La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra i comunicanti.
4. Quarto assioma: comunicazione numerica ed analogica. Nella comunicazione umana si hanno due possibilità di far riferimento agli oggetti: in modo analogico, attraverso una rappresentazione (ex. un disegno); in modo digitale, attraverso un’assegnazione simbolica (ex. attraverso le parole). Come hanno osservato Bateson e Jackson, non c’è nulla di specificamente simile ad un tavolo nella parola “tavolo”. Nella comunicazione analogica invece c’è qualcosa di specificamente “simile alla cosa” rappresentata. Come possiamo facilmente riscontrare nell’esperienza, capire una lingua straniera ascoltandola alla radio risulta molto più difficile del capirla osservando un parlante: in quest’ultimo caso, possiamo inferire il significato delle parole attraverso l’uso sia del linguaggio dei segni che dei movimenti di intenzione che il parlante usa. Cos’è allora la comunicazione analogica? Praticamente è ogni comunicazione non verbale ( posizioni del corpo, gesti, espressioni del viso, inflessioni della voce, sequenza e ritmo delle parole, il contesto in cui avviene la comunicazione). L’uomo è l’unico essere vivente ad usare sia il modulo analogico che quello numerico per comunicare con i suoi simili. Il linguaggio digitale (le parole con il loro significato) serve a scambiare informazione sugli oggetti e a trasmettere la conoscenza nel tempo, ma ogni volta che la relazione è il problema dei comunicanti, il modulo digitale è privo di forza.
5. Quinto assioma: interazione simmetrica e complementare. Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza dei comunicanti. Nel primo caso, un parlante tende a rispecchiare il comportamento dell’altro, creando un’interazione simmetrica; nel secondo caso, il comportamento di un parlante completa quello dell’altro, creando un’interazione complementare. In quest’ultimo caso, per esempio, un partner assume una posizione primaria, detta superiore; mentre l’altro partner completa per così dire la configurazione assumendo una posizione ovvero inferiore. Non dobbiamo tuttavia attribuire giudizi di valore come “buono” e “cattivo” o “forte” e “debole” alla precedente distinzione: l’assunzione di una posizione o l’altra potrebbe essere determinata semplicemente da contesti culturali o sociali (es. madre/figlio, medico/paziente, insegnante/allievo).