Significato Ciò che può indurre un processo fermentativo, come lieviti e batteri; inquietudine, subbuglio; avvisaglia; elemento che innesca un mutamento in una condizione o in un ordine
Etimologiavoce dotta recuperata dal latino fermentum, dalla stessa radice di fervère ‘bollire’.
«Ancora nessuno ha fatto dichiarazioni, ma c’è grande fermento.»
Ci accorgiamo che una parola è antica perché dentro ci si respira l’aria di quelle case abitate da tempo immemorabile, in cui non c’è angolo che non sia utile e profondamente vissuto. ‘Fermento’ è una parola con questo carattere.
Anche se spesso insiste in ambiti che afferiscono alle scienze, non ha un respiro troppo scientifico: è una parola che nasce da un’esperienza atavica, e quelli che chiamiamo fermenti sono più precisamente ora enzimi, ora batteri, ora lieviti. Ma è un modo di chiamarli che coglie un aspetto importante e semplice.
Il fermentum latino è parente stretto del verbo fervère, quello da cui il fervido, il fervore e l’effervescente — ed è pianamente un ‘bollire’. In effetti lo è anche nel senso del nostro bollire, cioè dell’essere molto caldo, ma il fermentum ne raccoglie in particolare il particolare modo di essere in moto.
Da tempi ancestrali notiamo che certi cibi, se lasciati in certe condizioni, si muovono, in senso lato, senza andare a male. Il pane lievita, gonfiando e riempiendosi di alveoli; il mosto schiuma e si fa vino; il cavolo salato fa le bolle e diventa piacevolmente acido. Sono casi in cui c’è fermento. Naturalmente nella cognizione antica non c’è l’ombra di organismi microscopici, c’è solo il rilievo del bollire. Così avviene una trasformazione positiva, che rende digeribile, che sviluppa nutrienti, che preserva. Questa realtà oggi ci è più distante, meno domestica, relegata in un ambito più strettamente industriale, da quando abbiamo deciso che la gestione del cibo doveva essere principalmente sterile, e non trafficare con micro organismi minacciosi — quindi anche l’amico che fa il pane in casa o che fa la giardiniera in barattolo prende il profilo di un cuoco stregone del Neolitico.
Ma è molto comune sentir parlare dei fermenti lattici contenuti nello yogurt, che sono batteri e hanno un rilievo commerciale per il loro impatto positivo sulla nostra salute; e sono fermenti, ma propriamente lieviti, quelli che trasformano il vino, e che fanno parte della magia dell’enologia. Una scelta fra lieviti indigeni, di quelli che si trovano già sugli acini, e lieviti selezionati ad hoc, porta il medesimo mosto a sviluppare aromi diversi. Senza contare che negli spumanti metodo classico, dopo la prima fermentazione che ha vinificato il mosto, ne serve un’altra per far prendere la spuma.
Però dicevamo che questa è una parola molto vissuta, e lo notiamo nelle estensioni figurate. È agitazione, e può esserci fermento nella popolazione per la notizia o per l’evento imminente quando desta subbuglio (si torna ancora al bollire); il fermento è un’avvisaglia di una trasformazione, e quindi cominciano i primi fermenti di malcontento; ed è anche l’agente che innesca uno sviluppo, così possiamo parlare di esperienze che sono fermenti di pensiero indipendente, di idee che sono fermenti di paradigmi tutti nuovi. Lo vediamo anche nel regno della metafora, passo passo: il fermento muove, il fermento prende, comincia una trasformazione di un ordine o di una condizione, il fermento determina un cambiamento.
Dalla folla ai crauti, dalle idee al vino, nella sua millenaria semplicità ha proprio l’aria di un riferimento per ogni occasione.
Ci accorgiamo che una parola è antica perché dentro ci si respira l’aria di quelle case abitate da tempo immemorabile, in cui non c’è angolo che non sia utile e profondamente vissuto. ‘Fermento’ è una parola con questo carattere.
Anche se spesso insiste in ambiti che afferiscono alle scienze, non ha un respiro troppo scientifico: è una parola che nasce da un’esperienza atavica, e quelli che chiamiamo fermenti sono più precisamente ora enzimi, ora batteri, ora lieviti. Ma è un modo di chiamarli che coglie un aspetto importante e semplice.
Il fermentum latino è parente stretto del verbo fervère, quello da cui il fervido, il fervore e l’effervescente — ed è pianamente un ‘bollire’. In effetti lo è anche nel senso del nostro bollire, cioè dell’essere molto caldo, ma il fermentum ne raccoglie in particolare il particolare modo di essere in moto.
Da tempi ancestrali notiamo che certi cibi, se lasciati in certe condizioni, si muovono, in senso lato, senza andare a male. Il pane lievita, gonfiando e riempiendosi di alveoli; il mosto schiuma e si fa vino; il cavolo salato fa le bolle e diventa piacevolmente acido. Sono casi in cui c’è fermento. Naturalmente nella cognizione antica non c’è l’ombra di organismi microscopici, c’è solo il rilievo del bollire. Così avviene una trasformazione positiva, che rende digeribile, che sviluppa nutrienti, che preserva. Questa realtà oggi ci è più distante, meno domestica, relegata in un ambito più strettamente industriale, da quando abbiamo deciso che la gestione del cibo doveva essere principalmente sterile, e non trafficare con micro organismi minacciosi — quindi anche l’amico che fa il pane in casa o che fa la giardiniera in barattolo prende il profilo di un cuoco stregone del Neolitico.
Ma è molto comune sentir parlare dei fermenti lattici contenuti nello yogurt, che sono batteri e hanno un rilievo commerciale per il loro impatto positivo sulla nostra salute; e sono fermenti, ma propriamente lieviti, quelli che trasformano il vino, e che fanno parte della magia dell’enologia. Una scelta fra lieviti indigeni, di quelli che si trovano già sugli acini, e lieviti selezionati ad hoc, porta il medesimo mosto a sviluppare aromi diversi. Senza contare che negli spumanti metodo classico, dopo la prima fermentazione che ha vinificato il mosto, ne serve un’altra per far prendere la spuma.
Però dicevamo che questa è una parola molto vissuta, e lo notiamo nelle estensioni figurate. È agitazione, e può esserci fermento nella popolazione per la notizia o per l’evento imminente quando desta subbuglio (si torna ancora al bollire); il fermento è un’avvisaglia di una trasformazione, e quindi cominciano i primi fermenti di malcontento; ed è anche l’agente che innesca uno sviluppo, così possiamo parlare di esperienze che sono fermenti di pensiero indipendente, di idee che sono fermenti di paradigmi tutti nuovi. Lo vediamo anche nel regno della metafora, passo passo: il fermento muove, il fermento prende, comincia una trasformazione di un ordine o di una condizione, il fermento determina un cambiamento.
Dalla folla ai crauti, dalle idee al vino, nella sua millenaria semplicità ha proprio l’aria di un riferimento per ogni occasione.